Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 26 Sabato calendario

IL VERO BIG BANG È STATO CREATO DA LINCOLN E DA DARWIN


All’origine della modernità (quando le dimensioni del tempo s’allargano fino a comprendere d’un tratto le ere senza nome in cui il caso ha lentamente modellato l’evoluzione della vita sul nostro pianeta e quando l’illuminismo e la filosofia dell’eguaglianza spazzano via dal mondo la piaga dello schiavitù dichiarando la prima delle grandi guerre ideologiche ) ci sono i loro nomi: Charles Darwin e Abraham Lincoln. Un attimo prima, salvo rare eccezioni, tutti pensavano che il mondo fosse stato creato qualche millennio prima dal nulla, così come a tutti sembrava perfettamente normale e naturale che il nero vestito di stracci raccogliesse cotone cantando spiritual, mentre il bianco masticava tabacco maneggiando la frusta. Un attimo dopo le certezze bibliche erano svanite come fantasie del dormiveglia e la fine, oppure la conservazione, dello schiavismo era diventata la bandiera di due fazioni civili, ciascuna fanaticamente devota alla propria causa: la causa, cioè, del bene e del male, il trailer delle guerre politiche globali che avrebbero squassato il XX secolo.
Adam Gopnik, nel suo magistrale Il sogno di una vita. Lincoln e Darwin, Guanda 2013, pp. 265, 17,00 euro, spiega, non tanto che cosa avvenne di preciso e nemmeno come esattamente capitò, ma quali furono le parole chiare e forti con le quali si espresse questo improvviso e decisivo cambio di paradigma culturale. Darwin e Lincoln furono entrambi grandi scrittori (oltre che grande scienziato il primo e grande politico il secondo): la lingua in cui raccontarono l’uno le origini della specie e l’altro l’indissolubile unità della specie (e dell’Unione) furono così convincenti da sbaragliare semplicemente ogni opposizione.
Mentre Lincoln, che in nome dell’eguaglianza mandò a morire centinaia di migliaia di uomini (per lo più ragazzi, e anche bambini) conservò tutta la sua popolarità, almeno a nord di Dixie, Darwin convinse l’intera sua epoca a rinunciare, dalla sera al mattino, alle consolazioni della religione ingenua (il cosiddetto «creazionismo», che contesta il darwinismo alla radice e trasforma l’universo, con la sua inconcepibile antichità, con i suoi buchi neri e i suoi innumerevoli ammassi di galassie, in una specie di messinscena cosmica, è un’aberrazione moderna, come la passione insensata per gli Ufo e il radicalismo chic, stregato dagli Ufo dell’utopia).
Essi fondarono le loro rivoluzioni scientifiche e politiche sull’incontestabilità pura e semplice degli argomenti con i quali esposero le loro idee. Darwin, scrive Gopnik, «imparò a essere disarmante nel modo più letterale; come Chaplin alle prese con un bullo, anche Darwin toglie la mazza dalle mani del suo avversario, se la dà in testa da solo, barcolla un po’, dimostra di poter resistere all’assalto, e poi getta la mazza fuori campo con un calcio obliquo, lasciando l’avversario senz’altra possibilità che soffocare silenziosamente la sua rabbia, proprio come un mascalzone da film muto». Certamente «il caso ebbe il suo peso, la fortuna aiutò, lo Zeitgeist era pronto per esser colto. Darwin scrisse per un pubblico che, sotto molti aspetti, si stava già staccando dalla religione».
Lincoln fu assistito a sua volta dallo spirito del tempo, e anche se in seguito gli furono rimproverate alcuni incidenti di tipo razzista, per esempio la dichiarazione che se avesse potuto salvare l’Unione conservando la schiavitù non avrebbe avuto esitazioni, queste non furono, dopo tutto, che le dichiarazioni d’un politico, poiché Lincoln certo non tentennò quando si trattò d’imporre al sSd la lettera, umanista e illuminista, della Dichiarazione d’indipendenza, dove si proclama l’evidente verità «che tutti gli uomini», bianchi e neri, «sono creati eguali, che essi sono stati dotati di alcuni diritti inalienabili dal loro Creatore e che tra questi diritti ci sono la vita, la libertà e il perseguimento della felicità».
«Nella nostra epoca», scrive ancora Gopnik, «il problema è il razzismo, e la schiavitù un vecchio incubo da non richiamare mai più in vita. All’epoca di Lincoln, la schiavitù era qualcosa di ben peggiore d’un problema morale; era una catastrofe morale, e il razzismo non era che la sua ombra». Darwin lo sapeva così bene da spingere sull’acceleratore dell’eguaglianza, fino a comprendervi l’intera storia del pianeta e delle specie: «Darwin rincorre strani pensieri: e se gli animali meritassero un trattamento umano, proprio come gli schiavi? In fondo, tutti gli esseri viventi «probabilmente condividono un comune antenato; potremmo esser tutti legati in un’unica rete». Tutti in un’unica rete – non in un’ordinata quanto gerarchica catena dell’essere, ma intrappolati in un’unica rete comune. Nel giro di una frase, la scala della vita è rimpiazzata da un cespuglio rigoglioso di organismi. «Platone [_] dice nel Fedone che le nostre ’idee necessarie’ derivano dalla preesistenza dell’anima, e non sono originate dalla esperienza, leggi scimmie al posto di preesistenza». Leggi scimmie al posto di preesistenza. La metafisica viene fatta istantaneamente collassare nella biologia».