Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 26 Sabato calendario

MPS: VA ESTROMESSA LA FONDAZIONE

[Lamberto Dini]

«Lo Stato estrometta dal potere di comando coloro che hanno reso necessario il suo intervento», Lamberto Dini nel luglio dell’anno scorso aveva le idee chiare, chiarissime sul Monte dei Paschi. In un intervento su ItaliaOggi (foto accanto) aveva efficacemente e con lucida premonizione, recitato lo scomodo ruolo di Cassandra. Classe 1931, fiorentino del quartiere di S.Jacopino, Dini è stato banchiere per conto degli Stati e dello Stato: al Fondo monetario internazionale prima, in Bankitalia come direttore generale, poi. Ha navigato a lungo le acque della politica, da ministro, da premier, poi di nuovo da ministro: ha fatto e disfatto partiti. Farlo parlare dell’affaire Monte dei Paschi significa interpellare il grande tecnico ma inevitabilmente anche il politico. Ma di politica politicata non parla affatto.
Domanda. Presidente, intervento purtroppo profetico il suo. In quell’articolo su Italia Oggi lei rivendicava una primogenitura: l’aver chiesto che le Fondazioni bancarie rinunciassero al controllo delle banche. Questa sua richiesta risale addirittura al 1995.
Risposta. Era stata già una mia direttiva da ministro del Tesoro, nel novembre 1994. Richiedeva alle Fondazioni di diversificare il loro investimento, in modo di aver flusso di reddito più sicuro, al fine di poter meglio tutelare anche le erogazioni attività sociali cui gli enti sono tenuti per statuto. Era importante che esse non esercitassero un controllo sulle banche.
D. Cosa che alle Fondazioni non è mai piaciuta...
R. Certo, le Fondazioni non l’hanno mai fatto, prendendo l’atteggiamento di dire che garantivano lo stabilità, sì dell’azionariato ma non della banca.
D. Ricordo le prese di posizione puntute dell’avvocato Dino De Poli, o del presidente di Fondazione Cariplo e dell’Acri, Giuseppe Guzzetti: gelosi delle loro partecipazioni in Unicredit e in Intesa.
R. Guzzetti è tutt’ora presidente dell’Associazione ma io vorrei parlare di soluzioni più che di persone.
D. Ci mancherebbe. Quale può essere la soluzione oggi?
R. L’obiettivo dettato dal Tesoro è ancora valido: le Fondazioni diversifichino e lascino perdere il controllo delle banche. La vicenda del Monte dimostra che per volere mantenere il controllo della banca ha portato a gravi conseguenze.
D. Quali, presidente?
R. Per mantenere il controllo della Fondazione sulla banca, che fino a poco tempo fa ha avuto il 51% dell’Mps, si è impedito che la banca andasse sul mercato per realizzare quell’aumento di capitale necessario per il suo rafforzamento e la sua espansione. La Fondazione non aveva soldi per sostenere questo inevitabile processo ma non voleva neppure diminuire la sua quota azionaria. In questo modo, la Fondazione ha finito per rendere hanno la banca più debole. L’European Banking Authority-Eba l’aveva detto chiaro e tondo: Monte dei Paschi era sottocapitalizzata.
D. E poi che cosa è successo?
R. Si è pensato di ovviare intervenendo coi Tremonti Bonds, e ora coi Monti Bonds, perché così si devono chiamare, e siamo arrivati a un indebitamento con lo Stato di 3,9 miliardi, che è superiore alla capitalizzazione di borsa di tutta la banca.
D. Lo Stato sarebbe padrone. E infatti lei, a luglio, chiedeva di farla da padrone e di estromettere la Fondazione. Ma allora si deve nazionalizzare?
R. Non è necessario. Basta prendere un controllo come è accaduto negli Stati Uniti con la crisi dei subprime. Quella ricetta è ancora valida. Soluzione chiara: estromettere la Fondazione dal controllo della banca e assumerne la responsabilità della gestione, ristrutturare e ricollocare sul mercato la proprietà.
D. Ricetta dura per i senesi...
R. Inevitabile, credo. Mps perde nei primi 10 mesi di quest’anno 1,7 miliardi. Guardi che tecnicamente è fallita, non ha mercato: il titolo è sceso a 0,25 centesimi per azione. Banca d’Italia e Tesoro hanno cercato di evitarlo ma ora i bonds sono quasi quattro volte più del capitale detenuto dalla Fondazione che è di un miliardo. Se poi si prendessero in considerazione anche le garanzie che lo Stato ha dovuto prestare in Europa, la cifra lieviterebbe di ulteriori 10 miliardi. È un fallimento tecnico. Le dico di più_
D. Prego...
R. Mps non sarà mai in grado di ripagare quel debito che ha un tasso crescente dell’8,5% al primo anno, e cresce fino a un massimo 15%. La banca non sarà mai in condizioni di farlo. Lo stesso Alessandro Profumo dice che fino al 2015 la banca rimarrà in perdita.
D. E poi adesso c’è la tegola dei derivati fuori bilancio_
R. Certo, una perdita ulteriore che potrebbe oscillare fra i 200 e i 700 milioni.
D. Altri soldi da chiedere_
R. Inevitabilmente. Bankitalia già aveva segnalato nel 2012 alcune debolezze strutturali e la poca chiarezza anche nella valutazione del rischio dei derivati già in corpo.
D. E prima ancora c’è stato l’acquisizione di Antoveneta, molto discussa.
R. Fu pagata 20 volte earnings (guadagni) mentre di solito una banca, internazionalmente, la si paga circa 10 volte tanto.
D. Lei nel suo intervento disse anche che autorizzare la Fondazione a indebitarsi per mantener il controllo era stato un errore.
R. Gravissimo. Diciamo che fu tollerato.
D. Di chi fu la colpa della Bankitalia di Mario Draghi o del Tesoro di Giulio Tremonti?
R. I nomi non contano. È stato il Tesoro che ha cercato di coprire le debolezze della banca.
D. Ma non è che si è voluto coprire le debolezze della banca anche per la particolarità della sua governance? Gli enti locali e quindi la politica sceglievano i membri della Deputazione prima e della Fondazione poi. Pier Luigi Bersani segretario del partito che (come Pci-Pds-Ds) ha governato Siena e la sua provincia, ha negato subito ogni responsabilità. Stamane (ieri per chi legge, ndr) il suo compagno di partito, il governatore toscano Enrico Rossi, respingendo le strumentalizzazioni elettorali, ha detto che la sinistra non può chiamarsi fuori.
R. Mettiamola così: il Tesoro ha voluto operare con estrema prudenza, trattandosi della terza più importante banca d’Italia, radicata nel territorio, ricca di storia, la «senesità» e tutte le altre cose che sappiamo. Lasci stare se era in mano alla amministrazione locale o no. È stato un errore cui bisogna rimediare rapidamente.
D. Un promemoria per il prossimo governo?
R. Ma lo faccia quello in carica per l’ordinaria amministrazione! Estrometta la fondazione dal controllo della banca e il Tesoro assuma la responsabilità della gestione. Si può fare benissimo.