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 2012  novembre 05 Lunedì calendario

Anno IX – Quattrocentoquarantanovesima settimana Dal al 29 ottobre al 5 novembre 2012Scriviamo a un giorno di distanza dalle elezioni americane per la Casa Bianca (martedì 6 novembre) e a tre giorni di distanza dal 18° congresso del Partito comunista cinese (giovedì 8 novembre) nel corso del quale verranno cambiati i vertici di quel paese

Anno IX – Quattrocentoquarantanovesima settimana Dal al 29 ottobre al 5 novembre 2012

Scriviamo a un giorno di distanza dalle elezioni americane per la Casa Bianca (martedì 6 novembre) e a tre giorni di distanza dal 18° congresso del Partito comunista cinese (giovedì 8 novembre) nel corso del quale verranno cambiati i vertici di quel paese. Due fatti enormi su cui al momento non possiamo dir nulla. Limitiamoci, questa settimana, ad esaminare il significato del voto per le elezioni regionali in Sicilia di domenica 28 ottobre.

Crocetta In Sicilia la coalizione di centro-sinistra (Pd-Udc-Movimento politico) ha vinto col 30,40 per cento dei voti. Segue una delle due coalizioni di centro-destra, quella guidata da Nello Musumeci, col 24,70% (Pdl e liste locali), quindi il Movimento 5 stelle col 14,90 e la seconda lista di centro-destra, formata da berlusconiani dissidenti e guidata da Miccichè-Lombardo che ha preso il 6%. Fuori Sel, Fli e Idv (ma Di Pietro s’è detto soddisfatto del voto, che ha raddoppiato i suoi consensi rispetto alla volta scorsa). Governatore è a questo punto il candidato del centro-sinistra Rosario Crocetta, quasi 63 anni, già sindaco di Gela, omosessuale dichiarato, cattolico militante, nemico della mafia ed europarlamentare del Pd. Crocetta ha 39 seggi e per fare maggioranza ce ne vorrebbero 46 (l’Assemblea siciliana ha 90 membri). Dice che farà leggi tanto buone e oneste che tutti lo sosterranno. Non vuole fare asse con Miccichè e i grillini non sono disponibili a nessuna alleanza preventiva: possono, nel caso, solo votare provvedimenti che li convincano. La Sicilia ha sei miliardi di debito. C’è una certa probabilità che, passato qualche mese, si debba tornare alle urne.

Sicilia Disaggregando le coalizioni, il partito più votato in Sicilia risulta il Movimento 5 Stelle, cioè Grillo, col 14,90% dei consensi. Proiettato a livello nazionale questo dato vale, secondo alcuni esperti, un 21-22% o forse, secondo altri esperti, addirittura un 30%, percentuale che collocherebbe il M5S al primo posto: se si andasse a votare con un proporzionale, il primo a ricevere l’incarico per la formazione di un nuovo governo sarebbe il comico – o ex comico – genovese. Altre evidenze siciliane: non c’è mai stata in passato un’elezione regionale con un numero di partecipanti tanto basso (il 47,4%); in nessuna elezione italiana del dopoguerra è mai capitato che il partito più votato restasse sotto il 15%. Alle politiche mancano cinque mesi e il tempo sembra lavorare a favore del Movimento 5 Stelle, dato che ogni scandalo lo rafforza ed è certo che la sequenza degli scandali non è destinata a fermarsi (l’ultimo malaffare riguarda certi appalti del ministero degli Interni, denunciati da un corvo e forse inizio di una faida che potrebbe portare alla sostituzione del capo della polizia, Antonio Manganelli). I partiti sembrano inconsapevoli di quello che sta succedendo nella pancia degli elettori: Casini crede che un asse Udc-Pd fermerà l’antipolitica, i berlusconiani sostengono che il voto siciliano è il risultato della rabbia contro Monti, Bersani grida al trionfo avendo un consenso in Sicilia pari al 6% dell’elettorato. I politici non capiscono che, per liberarsi di loro, troppi italiani sono disposti praticamente a tutto, anche a votare per qualcuno che magari non credono capace di governare ma che comunque gli toglierà di mezzo gli attuali occupanti del Palazzo.

Di Pietro Messo in mezzo dai cronisti della Gabanelli, Di Pietro ha fatto una magra figura nella trasmissione televisiva Report: incerto, arrogante, pochissimo convincente nel rispondere alle contestazioni. Come mai i soldi del rimborso elettorale non vanno direttamente all’Idv ma a una società nella quale ci sono lui e la sua compagna? Come si spiega la cinquantina di immobili di sua proprietà, acquistati – parrebbe – dopo l’ingresso in politica? Perché un’eredità da quasi un miliardo di lire venne adoperata non per rafforzare il partito, ma per l’acquisto di un appartamento? Di Pietro ha poi spiegato sul suo blog che, carte alla mano, gli immobili in questione sono scale, cantine e altre pertinenze. Che neanche un euro del rimborso elettorale è mai passato per le sue tasche, come provano varie inchieste della magistratura. E che il miliardo ereditato era stato lasciato a lui personalmente e non all’Idv. L’effetto di Report è stato tuttavia devastante: l’ex pm ha dovuto affrontare una rivolta dei suoi, il capogruppo alla Camera, Massimo Donadi, ha dichiarato defunto il partito, Luigi De Magistris, sindaco di Napoli, e Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, vogliono fondare nuovi movimenti, Pancho Pardi sollecita un ricambio al vertice. Di Pietro, però, ha sorprendentemente ricevuto un appoggio proprio da Grillo, che in uno dei suoi editoriali del blog beppegrillo.it, lo ha candidato alla presidenza della Repubblica: «Ha fatto sbagli, ma è un uomo onesto, l’unico che abbia davvero fatta la guerra a Berlusconi». Su questa uscita, fortemente contestata in rete dagli stessi grillini, si intrecciano le interpretazioni più varie: Grillo si vuole pappare quel 6-8 per cento di voti dipietristi, Grillo, accingendosi a riempire il Parlamento di gente che non ha la minima idea sul funzionamento delle istituzioni, vuole affidare la sua ciurma di incompetenti all’esperto Di Pietro, si sta preparando un asse Grillo-Di Pietro-Ingroia-Fiom che porterà il magistrato Antonino Ingroia, teorico della trattativa stato-mafia e intanto partito per il Guatemala, alla presidenza del consiglio, con trionfo finale del partito giustizialista, Berlusconi e i berlusconiani in rotta, Monti mandato a casa, ecc.

Marchionne Il tribunale ha intimato alla Fiat di riassumere a Pomigliano 145 operai con la tessera della Fiom-Cgil, cominciando da un primo nucleo di 19 lavoratori da sistemare immediatamente. La Fiat ha risposto annunciando che sarà costretta, per questo, a licenziare 19 lavoratori attualmente in organico perché le condizioni di mercato non permettono di aumentare il costo del lavoro. A questo punto polemiche al calor bianco, con interventi critici nei confronti del Lingotto di Corrado Passera e appelli alla riconciliazione della Fornero. Il lettore ricorderà che, su ricorso della Fiom, un professore di statistica aveva studiato gli organici di Pomigliano e stabilito che l’assenza di iscritti alla Fiom non poteva essere casuale: l’azienda li aveva discriminati. Il tribunale impose quindi di reimmettere in organico una percentuale di aderenti alla Cgil pari a quella che c’era prima (il 9%, su un organico di 1800 lavoratori). Il caso ha fatto passare in secondo piano l’intervista di Marchionne al Corriere della Sera in cui si ribadisce la volontà di non rottamare le fabbriche in Italia.

Casta Il Parlamento ha approvato in via definitva la legge contro la corruzione (c’è voluto un voto di fiducia) e il consiglio dei ministri ha quasi nello stesso momento decretato che nelle regioni a statuto ordinario le province siano ridotte da 86 a 51. Due provvedimenti che sono stati giudicati anche una conseguenza del voto anti-casta siciliano. Il taglio delle province – contro cui stanno presentando ricorso tutti – ha prodotto alcune situazioni curiose: livornesi e pisani accasati sotto lo stesso tetto, in Molise, Umbria e Basilicata il territorio provinciale coincide a questo punto con quello regionale, sono già in corso lotte su quale città debba essere considerata capoluogo quando due o più ex province siano state accorpate, ecc.