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 2013  gennaio 30 Mercoledì calendario

DISASTRO SEAT: DIMEZZATA IN BORSA

[La società annuncia che non pagherà la cedola da 42 milioni sulle obbligazioni in scadenza domani. Pioggia di vendite in Piazza Affari: il titolo, più volte sospeso al ribasso, chiude a -42%] –
La crisi della pubblicità ha fatto la sua prima vittima eccellente. La stella di Seat Pagine Gialle sembra veramente sul punto di spegnersi per sempre. Il titolo ha perso il 41,5%. A far precipitare le quotazioni l’annuncio che l’azienda non pagherà la rata di 42 milioni sulle obbligazioni «senior secured» in scadenza domani. Ha tempo fino al 6 febbraio per rimediare ed entro quella data il consiglio d’amministrazione si riunirà nuovamente. Difficile, però, che torni indietro vista la difficile «sostenibilità a medio termine dell’indebitamento» e le negative prospettive «congiunturali anche per il 2013». Un epitaffio.
È vero che la società ha abituato il mercato a miracolose resurrezioni, ma stavolta non ci crede più nessuno. Era uscita dal coma nel novembre 2011 dopo due settimane in camera di rianimazione. Alla fine, però, la soluzione era stata trovata. A favorire il recupero il fatto che ad alzare le mani era stata una controllata. Ma ora è diverso. Ora è proprio la capogruppo ad avere problemi. Il gigantesco debito di tre miliardi la sta uccidendo. Lo stesso consiglio d’amministrazione, sembra poco convinto di farcela. Presumibilmente preferirà utilizzare la cassa rimasta e le altre attività per gestire l’eventuale concordato. Tanto più che gli organi sociali sono stati rinnovati a ottobre con la nomina alla presidenza di Guido de Vivo. Facile immaginare che i nuovi amministratori vogliano tenersi lontani da eventuali problemi provocati dalle precedenti gestioni.Meglio arrivare alla rottura rapida.
Il mercato, ovviamente, appare perplesso. «La comunicazione presenta il rischio di una ristrutturazione del debito anticipata, mentre sembrava possibile che le risorse fossero sufficienti fino al 2016», hanno commentato gli analisti di Equita. Secondo il broker «nell’ipotesi di un margine decisamente sotto i 300 milioni (erano 370 nel 2011) produrremmo una valutazione inferiore agli attuali 85 milioni di euro espressi dal mercato». L’ipotesi più gettonata resta il default. Un epilogo amaro sotto ogni profilo.
Nel 2000, in piena bolla della new economy, il titolo Seat Pagine Gialle valeva 7 euro. Era la regina di Internet. La sua fusione con Tin.it (il portale di Telecom) e poi con Tmc, ossia Telemontecarlo (oggi La7), venne addirittura paragonata a quella Time Warner che dopo la fusione con America Online si preparava alla conquista del web. Poi le azioni si sono sgonfiate insieme allo sboom della new economy. Oggi le pagine si sono ingiallite.
La prospettiva del fallimento è tutt’altro che teorica perché l’azienda, costretta ad indebitarsi per distribuire il dividendo straordinario nel 2006 (3,6 miliardi) non è oggi in grado di sostenere gli oneri finanziari assieme agli investimenti.
Ma come si è arrivati a questo punto? La storia parte da lontano. Dalle privatizzazioni sbagliate degli anni ’90, con l’entrata e poi l’uscita di Telecom Italia, fino all’irruzione sulla scena dei fondi che nel 2003 investirono 3 miliardi dopo aver già beneficiato della privatizzazione a prezzi di grande convenienza. Al ritorno estrassero valore per 4,4 miliardi grazie a una maxicedola. Sulla transizione industriale dagli annunci su carta all’on line hanno pesato anche i gravi errori di valutazione strategica commessi ai tempi della gestione di Luca Majocchi, che ha guidato il gruppo dall’estate 2003 fino al febbraio 2009. L’avevano chiamato i fondi che avevano rilevato il controllo delle Pagine Gialle dalla Telecom Italia come il profeta della nuova era. Era cresciuto alla scuola di Alessandro Profumo e sembrava il grado di coniugare finanza e web.
La migrazione al mondo digitale è dunque proceduta a ritmi insufficienti a contrastare l’effetto zavorra dei debiti. Metà dei margini se n’è andata in interessi passivi, mentre per rifinanziarsi la società ha dovuto pagare tassi a due cifre. Sul web occorre investire. Invece Seat è stata spolpata dalle incursioni degli investitori finanziari, in primis private equity, alla ricerca di “creazione di valore” attraverso un uso spregiudicato della leva finanziaria.
Il crollo della pubblicità ha fatto il resto. La società, infatti, è rimasta ancorata alle Pagine Gialle come fonte principale degli introiti.
Già tre anni fa un report di Kepler aveva lanciato l’allarme: secondo gli analisti il titolo valeva zero. Ci siamo quasi.