Martino Cervo, Libero 30/01/2013, 30 gennaio 2013
COSÌ IL COLLE DEI PASCHI CAMBIA LA CORSA AL QUIRINALE
[Lo scandalo dell’istituto toscano riapre faide mai sopite a sinistra A finire vittime del fuoco amico potrebbero essere Prodi e Amato] –
C’è tutta una letteratura complottista che sostiene che il vero motivo della caduta del governo di Romano Prodi nel 2008 sia stato il calendario. La legislatura iniziata dopo la seconda sfiducia al Professore, infatti, avrebbe così avuto una durata «naturale» fino al 2013, cioè la scadenza del settennato di Napolitano. In coincidenza con la battaglia che molti giudicano l’unica degna di essere combattuta: quella per il Colle. E con un Parlamento nuovo.
Le cose non sono andate in maniera lineare: il governo Berlusconi IV si è sfaldato per le fiamme dello spread e per la sua inconsistenza politica, Napolitano ha portato Monti a palazzo Chigi, e sarà ancora lui a incaricare il prossimo premier. Ma, comunque, ci siamo. Gli eserciti per piazzare il successore del «migliorista» stanno iniziando a disporsi sul campo, con la cautela di una battaglia in cui spesso, all’ultimo, la spuntano le seconde file. Sono settimane in cui anche la percezione delle notizie può avere un impatto nel «bruciare » candidati. Da un paio di giorni le indagini relative a Mps, col relativo «salvataggio» a cura del Tesoro coi Monti-bond, si sono affacciate sui più importanti quotidiani di informazione economica e finanziaria. Sul Financial Times un secco resoconto dei fatti appariva sotto un titolo che lasciava poco spazio alla cronaca: «A scandal in Siena. Monte dei Paschi shows Italian banks need to reform»: scandalo a Siena. Il Monte dei Paschi mostra l’esigenza di riforme del sistema bancario italiano. Tra le righe una critica radicale al «Byzantine arrangement», il sistema bizantino del rapporto tra fondazioni e banche, che non investe solo l’istituto bancario senese. Ecco, se è lo stesso «sistema» a essere posto in discussione, è difficile non considerare più esposte le figure che hanno contribuito a plasmarlo. Due di queste, Giuliano Amato e Romano Prodi, sono senza grossi misteri tra i più autorevoli nomi in corsa per il Quirinale.
Ovviamente nessuno dei due è neppure lontanamente chiamato in causa nel merito della intricata vicenda del Monte, che spetta anche alla procura chiarire. Dal punto di vista puramente politico, soprattutto Amato ha avuto un ruolo di primo piano nel creare la cornice giuridica che ha permesso la diffusione e lo sviluppo delle fondazioni bancarie in Italia. Fondazioni che restano un pilastro dell’economia italiana (quasi 90 enti che gestiscono almeno 50 miliardi di euro), proprio per la loro vocazione al rapporto col territorio. Assieme a Carlo Azeglio Ciampi (allora governatore), è proprio Amato, nel 1990, a spendersi per una riforma che di fatto introduce le fondazioni (l’altro nome impossibile da non citare è quello di Pinza). Otto anni dopo (in mezzo c’è anche un intervento di Lamberto Dini), gli stessi protagonisti normano la disciplina degli ambiti di attività delle fondazioni, destinandole in sostanza al non profit. Anche con il successivo intervento di Giulio Tremonti, a restare scoperto è sempre il nervo dei rapporti con la politica. Come illustra il caso Mps, molto spesso i cda delle Fondazioni sono espressione della politica, con tutto ciò che ne consegue.
Lo sa bene lo stesso Amato, che da ministro del Tesoro del governo D’Alema è stato stuzzicato da un’interrogazione parlamentare nel febbraio 2000 proprio a proposito dello Statuto della fondazione Mps: «In base alla separazione tra politica e amministrazione, decisa in questi anni, personalmente, in qualità di ministro », disse Amato rispondendo a Marco Taradash, «non ho alcuna competenza in ordine all’approvazione dei singoli statuti che competono alla direzione generale per il Tesoro [...]. Per quanto riguarda lo statuto della fondazione del Monte dei Paschi, devo dire che ancora non è stato esaminato dagli uffici. [...] Nessuno tra gli statuti sin qui esaminati ha ritenuto di esaurire le rappresentanze presenti nella fondazione nei soli nominati dagli enti locali: questo è un caso davvero singolare. [...] La domanda che sostanzialmente pone l’onorevole Taradash è la seguente: può il nominante nominare se stesso e, in un secondo tempo, dimettersi dall’incarico che gli ha consentito di nominarsi e, a quel punto, risultare compatibile? Si tratta di una domanda che rivolgerò ai miei uffici e attenderò con gusto la risposta».
Se l’obiettivo era fugare i sospetti che la politica potesse essere troppo contigua al mondo delle fondazioni, si sono viste risposte più efficaci. In realtà poi la norma sugli statuti è stata rivista. Resta il fatto che proprio Amato, come ha mostrato una dettagliata ricostruzione di Marco Alfieri per Linkiesta. it, non è figura estranea al sistema di potere senese, tanto da aver appoggiato l’ascesa di Mussari assieme a Franco Bassanini.
Anche qui, ovviamente, nulla di male. Tornando alla corsa per il Colle, una padronanza intima del sistema italiano e dei suoi gangli economici è un vantaggio competitivo. Se tuttavia proprio quei gangli sono «sotto osservazione», il discorso può cambiare. E anche il ruolo di advisor di Deutsche Bank (istituto che avrebbe un ruolo nell’accordo sui derivati che hanno fatto detonare i problemi di Mps) rischia di non essere più il migliore dei biglietti da visita. Secondo alcuni, lo stesso Amato avrebbe avuto proprio nei contrasti devastanti (e tutti interni alla sinistra) sulle scalate 2005 uno stop decisivo per la corsa al Colle. Non è escluso che vecchi rancori tornino a esplodere. E Prodi? Il Professore era a palazzo Chigi al tempo dell’operazione Antonveneta. A Bologna, è - come normale - vicino alla fondazione cittadina. La suscettibilità con cui ha reagito minacciando querele per un ironico articolo del vicedirettore di Libero Franco Bechis sui legami tra l’ex premier e i cinesi la dice lunga sulla delicatezza del pedigree da esibire in certe fasi. E fa pensare che gli effetti più grossi di Mps potrebbero vedersi dopo il 24 e 25 febbraio.