Andrea Scanzi, il Fatto Quotidiano 30/01/2013, 30 gennaio 2013
BALOTELLI, LA CAFONATA ELETTORALE DI BERLUSCONI
[Al Milan quello che tre settimane fa era una “mela marcia” una variante del “meno tasse per tutti”: per sognare il 20%] –
Con uno sprezzo smisurato - dunque autentico e certo non inedito – per la coerenza, Silvio Berlusconi ha avallato un acquisto più volte osteggiato. Dopo due stagioni e mezzo al Manchester City, Mario Balotelli torna in Italia. Ancora Milano, stavolta in rossonero, come sperava di fare sin da quando giocava – spesso in via meramente teorica – all’Inter. E magari sorrideva ai tapiri di Striscia la notizia. Gli osservatori plaudono la strategia di Adriano Galliani, che dopo aver garantito pure lui tre giorni fa il contrario (“Balotelli non arriva al 99,5% periodico"), ne ha ottenuto l’acquisto a prezzi quasi vantaggiosi. Gli sceicchi erano partiti chiedendo 37 milioni di euro, il Milan lo ha avuto per 22. Sei subito, gli altri 16 in 4 rate da 4 milioni l’una ogni anno. L’attaccante si è ridotto l’ingaggio, da 6 milioni di euro a stagione a 3.5 milioni più bonus . Scadenza: 30 giugno 2017. Disquisire del Balotelli calciatore è operazione capziosa. Tutto è già noto. Prototipo 2.0 dell’icona genio e sregolatezza. Un rapporto direttamente proporzionale tra talento e tamarraggine. Incostante come neanche George Best. Spesso più ricordabile per le acconciature alla Enzo Salvi pseudo-punk che per i dribbling. Se Mario Brega poteva essere ferro e piuma, SuperMario - soprannome così banale da non somigliargli, o forse sì - è piuttosto un’orchestra barocca di scintillii abbaglianti e fragorose rovine. Un giorno simula Hulk dopo avere sconfitto la Germania quasi da solo, quello dopo fa ridere il mondo per aver dato fuoco a casa sua bombardandola - chissà come, chissà perché - con i petardi in bagno.
Figurine, figuracce e sceicchi di Manchester
In lui la sciocchezza suole assumere i connotati della cazzata smargiassa: greve, truzza. Se Gigi Meroni o Ezio Vendrame sapevano elevare – in campo e fuori – la stravaganza a forma romanzabile di follia, Balotelli pare un discolo istintivo con troppi soldi da spendere. È la sua apparenza: la superficie di donnaiolo che colleziona figurine e figuracce (e una figlia, Pia, da Raffaella Fico). Dentro, a voler scavare, una corazza non comune. Un passato di dolore e indigenza. Interviste arroganti ma non stupide, che ne fotografano la fattura umana. La nascita a Palermo nel ’90, i genitori immigrati ghanesi, l’affido familiare (quando si era già trasferito a Bagnolo Mella, nel bresciano). La convinzione di essere stato abbandonato dai genitori reali. I fratelli acquisiti a fargli da procuratori. Le stimmate del fenomeno, già a 18 anni. Il carattere da Gascoigne più incazzoso che spensierato. San Bartolomeo, Lumezzane, Inter. La conquista del triplete, però da “traditore”, mai perdonato dai tifosi – e da Mourinho – per aver gettato la maglia a terra dopo Inter-Barcellona 3-1. L’approdo in Inghilterra, gli scazzi con Mancini (che lo volle in prima squadra all’Inter). Le gemme, le espulsioni. La vittoria in Premier League. L’Europeo da protagonista. E la saturazione di un rapporto mai decollato appieno. Dal 9 dicembre a oggi ha giocato neanche un’ora, il resto sono crisi di nervi e desiderio di fuga. Il Milan non aveva bisogno di lui, o quantomeno il problema della squadra di Allegri – che lo definisce “patrimonio del calcio” con entusiasmo scarsamente contagioso – non è l’attacco. Casomai una difesa che mette malinconia (ai tifosi; agli avversari, no). Un trio Montolivo-El Shaarawy-Balotelli è in via teorica strepitoso, anche in chiave azzurra, ma a Milanello ci sono già Niang, Pazzini e (purtroppo per il Milan) Robinho. Balotelli è la ciliegina su una torta mai nata. Più ancora: un’allegra cafonata elettorale. L’ennesima. Berlusconi propina la ricetta da decenni. Prima garantì ai tifosi della Lazio che non gli avrebbe mai scippato Nesta, aggiungendo - per spruzzarsi di austerity - che non era il caso di sperperare denaro. Poi, va da sé, lo comprò. Giurò che Kakà mai se ne sarebbe andato. Quindi a bocce (elettorali) ferme, lo lasciò andare. Anche Pato era incedibile, salvo poi essere (s)venduto. Balotelli era addirittura la mela marcia. Il 7 gennaio, ad Antenna Tre, Berlusconi disse: “Mi spiace doverlo dire, ma nel Milan è molto importante l’aspetto umano. Se metti una mela marcia nello spogliatoio può infettare tutti gli altri. Io ho avuto modo di dare un giudizio sulla persona Balotelli, non accetterai mai che facesse parte dello spogliatoio del Milan”.
Il Caimano ballerino “qui lo dico e qui lo nego”
Su Youtube la registrazione c’è. Una settimana dopo, informato di quanto Mario non avesse gradito, si esibì a Sky in un mirabile mirror climbing: "Non mi riferivo a Balotelli, era un discorso sulla necessità che nello spogliatoio ci fossero delle presenze positive. Mi scuso per la mia incompletezza nei suoi confronti. Non ho mai sentito di un’apertura ad una trattativa per Balotelli da parte di nessuno della mia società. Né Allegri o Galliani me ne hanno parlato come un nostro obiettivo". Il 24 gennaio, ovvero sei giorni fa, altro cambio di scenario: “Balotelli o Kakà? Nessuno dei due. Non è possibile in tempi come questi. Galliani spera sempre, ma poi il linguaggio duro e inevitabile dei conti lo trattiene dall’operare". Ieri la conclusione, oltremodo prevedibile. Più che un nuovo acquisto, Balotelli è al momento la variante atletica del “Meno tasse per tutti”. Un nuovo miracolino italiano. Il fuoco d’artificio - forse fatuo - di una Repubblica di Salò-Milanello che spara le ultime cartucce. La preghierina in gennaio agli elettori. Se Balotelli dribblerà gli avversari come il Caimano la sua coerenza, vincerà il Pallone d’Oro. Se si darà invece – e nuovamente - in pasto al gossip senza aspettare il 24 febbraio, assurgerà a Mussari del centrodestra. Comunque vada, per ora sembran più voti che gol.
DA RONALDINHO A KAKÀ: TUTTI GLI ACQUISTI PER LE URNE –
La prassi ormai è consolidata: quando si presentano le elezioni il Berlusconi rossonero compra. Sarà anche per questo che il Milan è “il club più titolato almondo”. Ieri è stato il turno dell’ex attaccante dell’Inter, Mario Balotelli, ma la lista è lunga. Nel ’94, poco dopo essere diventato premier, arrivarono coppa campioni e scudetto, e una pioggia di miliardi investiti in una sfilza di campioni. Sempre al momento opportuno, e poi ceduti una volta passato all’opposizione. Nel 2001 le elezioni sono vinte (anche)grazie ai nomi ricorrenti di Rui Costa, e Inzaghi(rispettivamente per 80 e 75 miliardi di lire). Nel 2006, è il turno di Kakà in funzione anti Prodi. Nel 2008, la vittoria viene festeggiata con l’acquisto di Ronaldinho (25 milioni di euro). Due anni dopo infine,la rottura con Fini e l’arrivo di Ibrahimovic.