Sergio Rizzo, Corriee della Sera 31/1/2013, 31 gennaio 2013
ROMA —
Mai e poi mai si potrà rimproverare a Giuseppe Mussari di non essere stato generoso con il suo partito. In dieci anni ha versato nelle casse del Pd di Siena e della locale federazione Ds la bellezza di 683.500 euro. L’ultimo assegno da 99 mila euro quando era già presidente dell’Abi.
Lui solo conosce il reale significato di quei legittimi finanziamenti. Noi sappiamo solo che nessun altro banchiere, in Italia, è stato tanto pubblicamente prodigo verso un partito quanto lui. E quanto altri amministratori della banca e della fondazione senesi. Sono almeno una ventina i dirigenti e i manager del Monte che per anni, regolarmente, hanno finanziato la politica. Soprattutto il Pd e i Ds di Siena, che hanno incassato in una decina d’anni un milione e mezzo di euro grazie ai contributi liberali di costoro. Nell’elenco c’è anche, con 125 mila euro versati fra il 2010 e il 2011, il presidente della Banca Antonveneta Ernesto Rabizzi. Insieme al presidente della Sansedoni, l’immobiliare della Fondazione, Luca Bonechi, al consigliere della stessa Fondazione Paolo Fabbrini, agli ex consiglieri della Banca Toscana Moreno Periccioli e Alessandro Piazzi, ai revisori Giovacchino Rossi e Marcello Venturini, ai consiglieri Fabio Borghi e Saverio Carpinelli, all’ex vicepresidente della Banca Toscana Aldighiero Fini... Senza contare i tanti ex politici cui la banca ha offerto una comoda ricollocazione. Con loro, stima Libero, si arriva a un paio di milioni.
Sbaglierebbe, tuttavia, chi pensasse che i soldi degli amministratori del Monte abbiano preso una sola direzione. Come si capisce dai 10 mila euro offerti nel 2004 dal presidente della fondazione Gabriello Mancini alla Margherita. Partito finanziato (6.750 euro) pure dal suo referente, il presidente del consiglio regionale toscano Alberto Monaci, il quale aveva già dato 14 milioni di lire nel 2000 al Partito popolare. Ma gli eredi senesi della Dc, allora, potevano contare anche su contributi per 60 milioni da parte di Giuseppe Catturi, consigliere di molte società del gruppo come la Banca 121 che il Monte aveva acquistato a caro prezzo dalle famiglie salentine Gorgoni e Semeraro. E proprio Lorenzo Gorgoni, al quale venne riservato un posto nel consiglio del Monte, finanziò nel 2005, con 25 mila euro più altrettanti di sua sorella Antonia, la campagna elettorale del forzista Raffaele Fitto in Puglia.
Del resto, l’aveva soccorso già nel 1999, prima ancora di vendere ai toscani la propria banca, con una ventina di milioni. Perché se il Monte è certo un caso limite, la commistione fra banchieri e politica non è fatto raro né recente. Basta dire che per anni il coordinatore del Pdl Denis Verdini è stato contemporaneamente deputato e presidente del Credito cooperativo fiorentino, nonostante il divieto sancito da una legge del 1953. E questo in virtù della deroga, comprensibile per l’epoca ma assurda oggi, che quella legge concedeva agli incarichi nelle coop. Deputato e banchiere, finanziava pure il suo partito. In due anni, 74 mila euro. Ma non è forse un banchiere anche Silvio Berlusconi, azionista di Mediolanum, nonché principale finanziatore di Forza Italia e del Pdl? Una briciolina ce l’ha messa nel 2005 anche il suo socio di banca, Ennio Doris. Diecimila euro.
La banca, altri, se la sono invece fatta addirittura mentre erano in Parlamento. Ricordate la leghista Credieuronord, finita in un crac imbarazzante? Era amministrata da un consiglio in cui figuravano non pochi onorevoli: da Stefano Stefani al presidente della commissione Bilancio Giancarlo Giorgetti, al sottosegretario all’Interno (!) Maurizio Balocchi.
Impossibile poi, per la serie dei banchieri-politici in carica, non ricordare Fabrizio Palenzona, al tempo stesso presidente della Provincia di Alessandria e consigliere di Mediobanca grazie alla vicepresidenza di Unicredit ottenuta per conto della Fondazione CrT: dove si era praticamente autonominato come rappresentante della sua Provincia. Fra il 2004 e il 2005 Palenzona ha dato alla Margherita 34 mila euro.
Poco più di 18 mila ne ha invece versati a quel partito il vicepresidente della Fondazione CrT, Agostino Gatti. Il presidente della Fondazione Cassa di Bologna, Filippo Sassoli de’ Bianchi, aveva invece preferito nel 2001 dare 25 milioni di lire a Berlusconi. Mentre il presidente della Bnl Luigi Abete, ritenuto vicino prima al Ppi e quindi alla Margherita, nel 1999 figurò fra i finanziatori dell’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. Con 49 milioni di vecchie lire.
Sergio Rizzo