VARIE 30/1/2013, 30 gennaio 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - SAIPEM E MPS MANDANO LA BORSA A PICCO
MILANO - Nonostante Wall Street ai massimi dal 2007, l’attesa per una nuova manovra di espansione monetaria della Banca centrale giapponese che porta i listini nipponici ai livelli dell’aprile 2010 e il ritorno degli investitori nei Piigs, le Borse del Vecchio continente chiudono una seduta in rosso. Pesa soprattutto la contrazione del Pil americano nel quarto trimestre.
Piazza Affari crolla del 3,3% condizionata dalle vendite su Eni dopo il profit warning di Saipem che sprofonda fino a perdere il 38% (il titolo). Osservata speciale è stato ancora una volta il Monte dei Paschi di Siena (il titolo), che nonostante le rassicurazioni del ministro del Tesoro Vittorio Grilli, ha avuto un calo di nove punti percentuali con scambi elevati. Chiusura pesante anche per Fiat, dopo la pubblicazione dei conti: la società non distribuirà dividendi. Sugli scudi, invece, Luxotica che si porta ai massimi storici (il titolo) dopo i ricavi record annunciati ieri. Nel resto del Vecchio continente Londra ha ceduto lo 0,25%, Francoforte lo 0,47% e Parigi lo 0,54%.
L’euro è sui massimi da 14 mesi a quota 1,355 dollari. Lo spread si alza nel finale: il differenziale di rendimento tra Btp e Bund si attesta a quota 260 punti con i titoli italiani che trattano al 4,2% sul mercato secondario. Nell’asta Btp, il Tesoro ha venduto tutti i 6,5 miliardi di euro di titoli di Stato a 5 e 10 anni, con tassi in discesa ai minimi dal 2010. Sul decennale, il rendimento si è allineato a quello sul secondario scendendo al 4,17% dal 4,48% dell’asta di dicembre, il livello più basso da ottobre 2010 e sul quinquennale, sceso al 2,94% dal 3,26% precedente, anche in questo caso ai minimi dal 2010.
Sul fronte macroeconomico, il Pil della Spagna ha segnato nel quarto trimestre 2012 una contrazione dello 0,7% dopo il -0,3% del terzo trimestre. E’ la stima preliminare dell’Istituto Nazionale di Statistica (Ine). Gli economisti avevano preventivato un -0,6%. Su base annua il Pil ha registrato un -1,8%. Negli Stati Uniti, invece, l’economia si è contratta nel quarto trimestre, con il Pil in calo dello 0,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: è la prima flessione dal secondo trimestre del 2009, fa seguito ai forti tagli alle spese della difesa, scese ai minimi dal 1972. Il settore privato, intanto, ha creato in gennaio 192.000 posti di lavoro.
In mattinata, chiusura in netto rialzo per la Borsa di Tokyo, sostenuta in particolare dall’andamento dei titoli delle società esportatrici: grazie alla debolezza dello yen, ha guadagnato il 2,28% arrivando ai massimi degli ultimi 33 mesi (aprile 2010). Gli investitori aspettano adesso le nuove misure di allentamento da parte della Bank of Japan che potrebbero favorire, in particolare, i titoli immobiliari, più direttamente legati ai tassi di interesse.
Sul fronte delle materie prime il petrolio è in leggero rialzo a New York, dove le quotazioni salgono dello 0,14% a 97,71 dollari al barile. Oro stabile sui mercati asiatici dove il lingotto con consegna immediata viene scambiato a 1.664,11
dollari l’oncia.
CRONOLOGIA DEI RAPPORTI MPS-BANKITALIA
ROMA - Se c’era qualche dubbio sulla sintonia e la voglia di collaborare del ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, e del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, è stato definitivamente fugato. Il ministro è stato molto attento al contributo offerto dal governatore, tanto da allegare al suo intervento in Parlamento la ricostruzione fatta dalla Vigilanza sulla crisi del Monte dei Paschi di Siena. Si tratta di 7 pagine suddivise in 38 punti, ognuno dei quali rappresenta un passo fatto dalla Banca d’Italia, guidata dal 16 gennaio 2006 al 1° novembre 2011 da Mario Draghi. La lunga storia di Rocca Salimbeni in 38 mosse e 22 date.
Gennaio 2008 - Mps presenta in via Nazionale l’istanza per comprare l’Antonveneta da Abn Amro, nell’ambito di un accordo quadro con la spagnola Santander: costo circa 9 miliardi. È previsto un aumento di capitale per 6 miliardi di cui 5 riservato agli azionisti e 1 a JP Morgan a servizio dell’emissione di titoli convertibili in azioni del Monte (Fresh).
Marzo 2008 - Bankitalia comunica a Mps che per perfezionare l’acquisto deve prima realizzare l’aumento di capitale e pone paletti all’emissione dei Fresh.
Maggio 2008 - Rocca Salimbeni comunica alla vigilanza di aver completato la patrimonializzazione ma Bankitalia vuole capirci di più sui Fresh.
Settembre 2008 - Bankitalia pone una serie di paletti ai Fresh, per poterli computare nel capitale.
Ottobre 2008 - Mps risponde di aver rispettato le indicazioni date.
Giugno 2009 - Bankitalia «intensifica il vaglio delle condizioni di liquidità» di Mps.
Marzo 2010 - I responsabili della banca vengono convocati per due volte in via Nazionale e una terza in aprile.
Maggio 2010 - Gli ispettori di Bankitalia vanno a Siena per una prima verifica: emerge una forte incidenza di derivati su Btp ( repo strutturati) a lungo termine che determinano tensioni sulla liquidità. La situazione viene giudicata «potenzialmente critica», l’attività sui titoli di Stato viene messa sotto stretta osservazione e viene fatta partire un’ispezione vera e propria.
Agosto 2010 - L’ispezione termina con la conferma dei problemi di liquidità che risentono soprattutto di due operazioni di repo strutturati su titoli di Stato effettuate rispettivamente con Deutsche Bank e Nomura per un valore nominale complessivo di 5 miliardi «con profili di rischio non adeguatamente controllati e valutati». «Non emergono elementi probanti per avviare sanzioni o segnalazioni alla magistratura». L’operazione, molto complessa, sarà poi sottoposta ad approfondimenti contabili. L’ispezione mette in luce l’esigenza di un rafforzamento patrimoniale.
Ottobre 2010 - Il rapporto ispettivo viene consegnato al collegio sindacale della banca e in quella sede la Vigilanza dice che l’aumento di capitale non è differibile e chiede a Mps di rispondere ai rilievi. Si scopre che il direttore generale e il comitato finanza della banca non avevano sottoposto i contratti sui derivati all’attenzione del Cda. Bankitalia rafforza i controlli su Mps.
Aprile 2011 - Parte l’aumento di capitale che si concluderà in luglio.
Luglio 2011 - Le condizioni di mercato peggiorano, la crisi del debito sovrano si estende all’Italia e le condizioni di liquidità della banca, anche a causa dei margini da corrispondere a garanzia delle due operazioni strutturate, peggiora.
Settembre 2011 - Parte una seconda ispezione che conferma la carenza organizzativa e l’inadeguatezza del management.
Novembre 2011 - Il Direttorio convoca a Roma i massimi responsabili di Mps e della Fondazione e chiede loro di farsi da parte. Lascia il direttore generale Antonio Vigni al quale viene riconosciuto un bonus di 4 milioni di euro che Bankitalia considera ingiustificato tanto da avviare una procedura sanzionatoria contro chi lo ha deciso.
Gennaio 2012 - A Rocca Salimbeni arriva un nuovo direttore generale, Fabrizio Viola, che in seguito assume la carica di amministratore delegato. Il Governatore chiede un «piano straordinario di interventi».
Marzo 2012 - Si chiude l’ispezione dopo la normalizzazione della posizione di liquidità del gruppo anche grazie ai prestiti della Bce. Il rapporto ispettivo solleva pesanti rilievi e avvia le procedure sanzionatorie. Irregolarità vengono segnalate alla Consob che, approfondendo le transazioni con Nomura, mette in luce l’operazione di ristrutturazione della già nota «Alexandria». Il rapporto ispettivo viene trasmesso alla magistratura.
Aprile 2012 - All’assemblea di bilancio la massima parte dei componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacali vengono sostituiti ed il presidente Giuseppe Mussari non ripresenta la candidatura. Viene nominato Alessandro Profumo.
Giugno 2012 - Mps approva il business plan con le iniziative straordinarie chieste da Bankitalia. Inizia la sostituzione dei dirigenti di alto livello con ruoli chiave.
Luglio 2012 - Mps cerca di rinegoziare le operazioni con Deutsche Bank e con Nomura.
Ottobre 2012 - Mps comunica alla vigilanza di aver rinvenuto un contratto con data 31 luglio 2009 tra la banca e Nomura per la ristrutturazione del titolo Alexandria, che ne comprova il collegamento con gli altri derivati e «fornisce elementi circa le reali finalità delle operazioni. Da via Nazionale parte la segnalazione alla Procura sull’occultamento.
Dicembre 2012 - Mps trasmette alla Vigilanza una bozza di informativa al Cda sulle operazioni Nomura/Alexandria e Deutsche /Santorini e la trascrizione della conference call di luglio 2009 tra esponenti Mps e Nomura sull’accordo quadro relativo all’operazione Alexandria.
Stefania Tamburello
MILENA GABANELLI SULLA CONSOB
La trasparenza che non piace alla Consob
Tra i controllori del «gran premio delle banche», che non si sono preoccupati di verificare la loro capacità di controllare i rischi, non c’è solo la Banca d’Italia, ma anche la Consob - Milena Gabanelli
Ci sono diverse cose che abbiamo imparato dall’improvvisa ribalta del caso Mps, che così nuovo ed inatteso non è.
La prima è che nel frenetico mondo della finanza globalizzata, i derivati sono il motore “turbo” che serve a far correre tutta l’attività delle banche più velocemente, ma se non lo sai governare vai a sbattere. Mps ha usato l’auto truccata su dissestate strade di montagna, assumendosi grandi rischi senza strumenti efficaci di controllo.
La seconda è che i controllori del “gran premio delle banche” non si sono preoccupati di verificare la capacità degli istituti finanziari di saper controllare effettivamente i rischi; questi rischi sono dappertutto nell’attività ordinaria di una banca, i derivati consentono di assumerne di più per poter vincere il gran premio.
E non c’è solo Banca d’Italia (che dovrà dimostrare a cosa hanno portato le sue ispezioni e quali provvedimenti ha adottato), ma anche la Consob, che ha poteri simili a quelli dell’autorità giudiziaria e dovrebbe imporre che questi rischi vengano monitorati, controllati e resi noti a tutto il mercato.
Non a caso alcune violazioni che stanno emergendo dal caso Mps sono la “turbativa dei mercati” ed il “falso in bilancio”, entrambe territorio d’azione della Consob.
Ma questa Consob governata rigidamente dall’ex Vice Ministro dell’Economia e dal capo del legislativo di Tremonti dell’ex-governo Berlusconi (Vegas e Caputi) non sembra interessata a far sì che le informazioni sugli intermediari finanziari, quelle importanti, circolino realmente.
C’è un solo modo per conoscere con precisione e rendere trasparenti le esposizioni ai rischi delle banche e finanziarie quotate, ed è attraverso i calcoli degli scenari di probabilità.
Tali scenari consentono di sapere quanto e con che probabilità un investimento in derivati fa guadagnare o perdere la banca, per poter così dare un prezzo a questi prodotti, visto che i prezzi si fanno con le probabilità.
E cosa ha fatto la Consob negli ultimi due anni?
Ha riorganizzato tre volte i propri uffici e marginalizzato in un ruolo secondario e subordinato proprio quell’Ufficio che potrebbe controllare l’esposizione ai rischi di banche, holding e società quotate.
Nel caso di Unipol, l’Ufficio Analisi Quantitativa è stato incaricato di verificare quanto valgono i 6 miliardi di strutturati che ha in pancia con 6 mesi di ritardo, quando ormai l’operazione di fusione con Fonsai è partita, e solo dopo che la stampa ha sollevato il problema.
Questo fatto indica che non c’è indipendenza, né autonomia di azione; basta leggere l’organigramma dell’Ufficio sul sito della Consob per capire che l’Ufficio in questione non vigila come gli altri, ma sembra costretto a lavorare all’interno di procedure burocratiche che sembrano essere messe apposta per impedirgli di fare il proprio lavoro, cioè evitare che le banche possano assumersi rischi incontrollati senza dirlo al mercato e operare vendendo ai risparmiatori prodotti tossici.
Forse il peccato originale di questo Ufficio è l’aver chiesto regolamenti che rendevano automatica la pubblicazione e la divulgazione dei rischi degli investimenti finanziari proprio attraverso le probabilità, in maniera tale che tutti sul mercato potessero sapere chi rischiava e quanto rischiava. Ma questa trasparenza riduce i margini di azione di chi magari preferisce gestire i controlli in maniera più personale.
I sindacati e le associazioni dei consumatori sono in allarme: una Consob che ingabbia sé stessa per impedirsi di fare il proprio mestiere non sta lavorando al servizio del Paese. È un motivo sufficiente per ricorrere al Tar? Loro pensano di sì, noi anche.
Se poi si considera che i principali responsabili dei guai Mps sono stati promossi invece di essere rimossi, e il fatto che il conto salato per il salvataggio del Monte lo andremo a pagare noi contribuenti, ci si aspetta che il prossimo governo intervenga con adeguate riforme.
È noto che la trasparenza dei rischi previene comportamenti scorretti e promuove la fiducia nel sistema finanziario, circostanza che reimmetterebbe virtuosamente nel circuito il risparmio (la cui quota investita in attività finanziaria è di oltre 4 volte il Pil), stimolando le banche a fare il loro mestiere, cioè riattivare le erogazioni di prestiti verso il sistema produttivo e le famiglie, con benefici su produzione ed occupazione.
Milena Gabanelli
PEZZO DEL 28/1 DI GIUDITTA MARVELLI
Trend Le opinioni di 42 operatori nazionali e internazionali sui prossimi 12 mesi
Possiamo fidarci della Borsa? Consigli
per guadagnare (con pochi rischi)
Le azioni sono l’asset del 2013, poi corporate bond e titoli di Stato. Spazi di guadagno su Btp. I rischi: una nuova euro-crisi
Le azioni saranno l’asset del 2013. E nessuno riesce a vedere Piazza Affari in discesa: per i più ottimisti salirà nei prossimi 12 mesi di oltre il 10%. Per i più prudenti il rialzo sarà meno sfavillante, compreso tra il 5 e il 10%. I settori preferiti sono banche e polizze mentre i titoli che raccolgono maggiore interesse sono Eni e Generali.
Il peggior rischio all’orizzonte? Una nuova crisi dell’euro, quasi a pari merito con un mancato accordo sul taglio della spesa pubblica Usa. Eppure la fiducia in un ulteriore calo dello spread (la distanza di rendimento tra noi e la Germania) intorno ai 150-200 punti accomuna il 90% dei pareri.
Numeri
Ecco, in estrema sintesi, i risultati del grande sondaggio che ha coinvolto 42 operatori italiani e internazionali attivi sul nostro mercato che hanno risposto a cinque domande sulle Borse e sulle obbligazioni (vedi altri articoli).
Ma vediamo più nel dettaglio i risultati. Dopo un anno di performance decisamente buone per tutte le classi d’investimento, l’attenzione di tutti si focalizza sulle azioni. I bond, veri protagonisti della crisi, secondo le previsioni degli operatori dovrebbero lasciare il posto a un maggior interesse per le Borse, alimentato dal ritorno della propensione al rischio. «In un contesto caratterizzato da una certa ripresa dell’economia globale sono da privilegiare gli asset rischiosi come le azioni e le obbligazioni societarie - spiega Giordano Lombardo, presidente di Pioneer investment sgr -. Con un maggior peso sulle Borse che, in questo momento, offrono valutazioni interessanti soprattutto in Europa». Ben 38 dei 42 partecipanti ha assegnato alle azioni il primo posto in un’ipotetica classifica di interesse e gli altri quattro hanno messo le Borse al secondo posto.
Gli addetti ai lavori sembrano poi convinti - con un consensus davvero granitico e quasi preoccupante - che la Borsa italiana possa vivere un anno più che discreto o addirittura eccezionale, con un rialzo ben oltre le due cifre. Una convinzione supportata dalla estrema sottovalutazione del mercato, che accomuna appunto molti listini europei, ma anche dall’idea che le cose possano effettivamente andare meglio per l’economia: lo sconto di per sé non è infatti un sufficiente motivo per acquistare un mercato.
Idee
Non a caso l’ottimismo sulla Borsa va di pari passo con la speranza (altrettanto maggioritaria) che anche lo spread possa scendere ulteriormente. In questo caso un 5% di salutare dissenso («salirà») non è però mancato. In ogni caso il 95% è convinto che calerà, con un 5% di iper ottimisti che lo vede addirittura sotto i 150 punti (oggi quello tra decennali viaggia a 260).
Ma l’idea che emerge in alcuni commenti è che il rendimento del mercato azionario italiano potrà raggiungere a due cifre - e che lo spread potrà scendere - solo se dovesse confermarsi la stabilizzazione degli indicatori economici e non ci fossero troppe sorprese negative sul fronte politico. Il consenso granitico si scioglie quindi un po’ nelle spiegazioni, dove c’è la consapevolezza che le incertezze non sono finiti. Per lo spread, infine , alcuni fan del livello più basso (150-200 punti) spiegano che il risultato potrebbe arrivare per una combinazione di fattori. «Un’ulteriore discesa del tasso decennale italiano verso il minimo del 2010 pari a 3,75% - dice Chiara Bellon, responsabile di gestione dei portafogli di Vontobel Europe Milan branch -. Ma anche un rialzo del tasso decennale tedesco verso il 2%, nel caso vi fosse un ulteriore miglioramento del quadro politico economico della Ue e dell’Italia».
Quali sono i principali rischi che potrebbero distruggere l’ottimismo? Il più votato con 17 preferenze è stato una nuova crisi dell’euro. I 42 intervistati, ancorché sotto insegne americane o britanniche, sono comunque europei. Ma il mancato accordo sulle vicende fiscali americane ha preso 16 voti. Come dire: nessuno può cavarsela se l’America finisse in recessione da tasse e tagli non previsti. Solo una terza posizione per le elezioni politiche italiane (13 voti), mentre più di uno esprime la convinzione che qualunque risultato delle urne non potrà fermare il più grande processo di politica europea cruciale per il futuro dell’economia.
(ha collaborato Adriano Barrì)
Giuditta Marvelli
LIVINI STAMANE SU REPUBBLICA
MILANO
— Due ispezioni approfondite per passare ai raggi X conti e derivati del Monte dei Paschi di Siena. Più una pioggia di «lettere d’intervento» e di «procedure sanzionatorie» culminate nel drammatico vertice del 15 novembre 2011, quando Banca d’Italia — constatate «le carenze organizzative e l’assetto manageriale inadeguato » — ha chiesto a cda e Fondazione «una rapida e netta discontinuità aziendale». Via Nazionale non ci sta. E affida a sette paginette di puntigliosa ricostruzione dei fatti la sua verità nel giallo Mps. Pochi controlli? Tutt’altro. L’Authority assicura di aver sottoposto Mps «a un’intensa attività di vigilanza che ha consentito di individuare e interrompere comportamenti anomali ad alta rischiosità». La prova? La cronaca minuto per minuto dei cinque anni da brividi che hanno portato la banca senese sull’orlo del crac, riscritta dagli uomini di Ignazio Visco e affidata ieri al ministro dell’economia Vittorio Grilli in
vista dell’audizione parlamentare.
I PRIMI DUBBI
Il sipario del racconto di Banca d’Italia si alza a marzo 2008. Mps chiede l’ok per l’acquisizione Antonveneta. E Draghi condiziona il sì al rafforzamento patrimoniale della banca accendendo un faro sul “Fresh” con Jp Morgan ed evidenziando «elementi ostativi» al via libera
al prestito nella sua forma iniziale. Siena — dopo sei mesi di trattative sull’emissione — presenta una nuova struttura e via Nazionale «prende atto». Qualcosa però non funziona. L’Authority nell’autunno 2009 «intensifica il vaglio della liquidità». I conti, evidentemente, non tornano. Tra il 5 marzo e il 21 aprile 2010 la banca viene convocata tre volte presso la vigilanza. Che dal 3 al 7 maggio “trasloca” a Siena per una serie di incontri da cui emerge la «forte incidenza» di derivati sui Btp». Gli ispettori giudicano la situazione «di scarsa chiarezza e potenzialmente critica ».
SPUNTANO ALEXANDRIA E SANTORINI
A maggio 2010, visti i primi rapporti, Draghi avvia una verifica
ispettiva mirata «alla gestione di liquidità e rischi finanziari». Spuntano subito Alexandria e Santorini, i derivati con Nomura e Deutsche Bank «con profili di rischi non adeguatamente controllati né compiutamente riferiti al cda». Banca d’Italia ammette di non aver trovato elementi probanti per avviare sanzioni o segnalazioni all’autorità giudiziaria. Ma esprime «riserve» sulla loro contabilizzazione a bilancio. La situazione generale è però preoccupante. Gli ispettori segnalano «tensioni nella liquidità e rischi di tasso non misurati». E a fine agosto via Nazionale chiede a Mps l’aumento di capitale. Il rapporto finale della verifica è una Caporetto per i controlli interno. Via Nazionale convoca cda e sindaci il 29 ottobre 2010 e davanti a proposte di intervento ritenute troppo blande inizia il “commissariamento dolce” dell’istituto.
VIGNI E L’OBBLIGO DI FIRMA
Siamo nell’autunno 2010. La bomba Mps non è ancora scoppiata ma Banca d’Italia mette rigidi paletti a Mussari & C. La banca è obbligata a inviare ogni giorno a via Nazionale un rapporto sulla liquidità. E davanti alle «carenze che inficiano l’attendibilità dei dati» obbliga il dg Antonio Vigni a firmare di suo pugno i rapporti. Anche il rischio tassi e quello sovrano sono sottoposti a monitoraggi periodici da cui spuntano buchi «organizzativi e procedurali». Un colabrodo. La situazione precipita nell’estate 2011. I mercati vanno in tilt, lo spread alle stelle allarga le perdite su Alexandria e Santorini. In via Nazionale è allarme rosso. A settembre parte una seconda ispezione da cui emerge che «le problematiche non sono state risolte» e che Mps ha «carenze organizzative significative e un assetto manageriale inadeguato ». La posizione di liquidità «si fa più fragile»: nell’autunno 2011 Banca d’Italia interviene con operazioni
di prestito titoli per non far scivolare Mps in una drammatica
crisi di liquidità.
IL BENSERVITO AI VERTICI
Il giorno più lungo è il 15 novembre 2011. La banca centrale convoca cda e Fondazione «per metterli davanti alle loro responsabilità e
chiedere una rapida discontinuità ». Vigni molla il 12 gennaio con 4 milioni di buonuscita. Una cifra «non giustificata» per Banca d’Italia che ha avviato una procedura sanzionatoria. Il 19 gennaio 2012 alla luce delle «tensioni rilevate» parte un’altra lettera per Siena in cui Visco chiede «un piano straordinario di interventi». Il 9 marzo si chiude l’ispezione-bis con «pesanti rilievi» che fanno scattare un’altra indagine contro cda e sindaci «per carenze nei controlli sui rischi finanziari». Via Nazionale segnala a Consob e Procura Alexandria e Santorini per «irregolarità sfociate in una sottostima dei rischi ». Per fortuna i mille miliardi garantiti dalla Bce di Mario Draghi alle banche europee hanno riportato sotto controllo la liquidità.
LA PULIZIA NEI CONTI
Ad aprile 2012 anche Mussari lascia. Alessandro Profumo e Fabrizio Viola stendono il piano industriale con la richiesta di aiuti. Il 15 ottobre 2012 Mps comunica a via Nazionale di aver trovato un contratto del luglio 2009 tra Mps e Nomura che «comprova il collegamento tra la ristrutturazione di Alexandria e i derivati della banca nipponica». Il contratto «non era stato esibito» a Banca d’Italia che a questo punto chiede subito a Siena di rivalutare i rischi. I primi risultati sul buco reale arrivano il 28 dicembre 2012 assieme alla trascrizione di una conference call del 2009 tra i vertici Mps e Nomura. Torna nel mirino «per ulteriori analisi» anche il Fresh. Il Monte Paschi è in sicurezza, «la situazione di liquidità è migliorata », conclude l’autodifesa di Via Nazionale. Ma il suo lavoro e quello della Procura sono solo all’inizio.
ANDREA GRECO STAMANI SU REPUBBLICA
DAL NOSTRO INVIATO
SIENA
— «La materia è talmente esplosiva e incandescente che non posso rilasciare dichiarazioni ». Così Tito Salerno, procuratore della Repubblica di Siena ha risposto ai giornalisti che chiedevano informazioni sull’inchiesta su banca Mps. «Non posso parlare. Si tratta di un’indagine complessa, incandescente e ancora lunga che riguarda una società quotata». Dichiarazioni che corredano la riunione con i tre pm senesi, e l’interrogatorio di sei ore a Valentino Fanti, ex segretario di Giuseppe Mussari (e ora del cda del Monte). Fanti è stato sentito come persona informata dei fatti, mentre Mussari e una manciata di ex manager Mps sono indagati per truffa ai danni degli azionisti. Tra questi Gianluca Baldassarri, fino a inizio 2011 capo dell’area finanza di Mps, che ha preso rischi enormi e ha riempito la banca, contro le prassi e procedure, di titoli tossici. Anche le carte trasmesse dai pm milanesi a Siena, depositate nell’inchiesta sulla finanziaria svizzera Lutifin, contengono materiale piuttosto caldo. Tra l’altro, l’interrogatorio del funzionario di Dresdner Bank, Antonio Rizzo, che nell’ottobre
2008 dice: «Baldassarri e Matteo Pontone (capo della filiale di Mps a Londra) erano conosciuti come la banda del 5 per cento, perchè su ogni operazione prendevano tale percentuale». Secondo Rizzo, che lo aveva saputo da Michele Cortese – venditore di Dresdner a Londra – «a suo avviso, ma il fatto sembrava notorio, Pontone e Baldassarre avevano percepito un’indebita commissione per il tramite di Lutifin». E in un’informativa della
Gdf «è stato accertato che la Lutifin era stata utilizzata quale veicolo per effettuare pagamenti riservati nei confronti di alti dirigenti Mps in cambio dell’acquisto da parte dell’istituto da cui dipendevano di un pacchetto di titoli tra cui alcuni derivati che presentavano forti perdite per Dresdner Bank». Il riferimento dei militari va a un’operazione condotta tra Mps e Dresner, con l’inutile – ma imposta con pressioni – intermediazione
di Lutifin «contro ogni logica commerciale», e che fruttò alla finanziaria una commissione (fatturata) da 600 mila euro, su un derivato da 120 milioni. «Scopo dell’operazione - continua la Gdf - era far ristrutturare il pacchetto a Mps e consentire a Dresdner di neutralizzare le perdite scaricandole su Mps». Sembra il canovaccio, a parti invertite, di Alexandria, lo strutturato tra i senesi e Nomura. Gli investigatori hanno anche scoperto che Baldassarri negli ultimi anni avrebbe riportato in Italia 20 milioni di euro grazie allo scudo fiscale. Una somma non compatibile con la sua retribuzione. E lo stesso vale per altri ex manager di Mps. Secondo ricostruzioni attendibili, proprio la City sarebbe un epicentro dei mali passati della banca. Nel 2006–2007 la controllata londinese di Mps si occupava molto di trading con un libro titoli ampio, stimato in 6 miliardi di bond strutturati, molti collateralizzati a mutui casa. Questa filiale (con una decina di operatori) fu chiusa e “annegata” nei conti verso fine 2008, quando era esplosa la crisi dei subprime. Antonveneta non era ancora stata comprata, ma la fama dell’area finanza Mps era
giá alta.
VIVIANO STAMANE SU REPUBBLICA
SIENA
— Era l’ombra dell’allora presidente del Monte dei Paschi di Siena, Giuseppe Mussari. Partecipava ai consigli di amministrazione della banca e ad altri incontri “riservati”, conosceva tutti i “segreti” dell’istituto senese. Per questa ragione ieri Valentino Fanti, segretario del cda del Monte e capo dell’area segreteria generale della Banca, è stato sentito dai pubblici ministeri, Antonio Nastasi, Giuseppe Grosso e Aldo Natalini. Un interrogatoriofiume che è andato avanti per oltre cinque ore, facendo presagire svolte clamorose: invece, alle diciannove Valentino Fanti è uscito dalla stanza dei pubblici ministeri non da indagato ma solo come
persona informata dei fatti. Cosa ha detto nel corso dell’interrogatorio fiume è top secret. Che sia stato un interrogatorio di una certa rilevanza lo testimonia anche la presenza dei vertici del Nucleo della Valutaria della Guardia di Finanza di Roma che lavorano al cuore dell’inchiesta sull’ acquisto da parte di Mps dell Antonveneta e sui derivati “tossici”. «Fanti ha risposto alle domande », fanno trapelare gli inquirenti lasciando intendere che il segretario del consiglio di amministrazione
in qualche maniera “collabora”. Al centro del lungo colloquio le domande relative ai documenti segreti che furono “nascosti” per oltre tre anni nella cassaforte del consiglio di amministrazione e ritrovati dal nuovo management di Montepaschi. A Valentino Fanti è stato chiesto dei contatti “riservati” di Mussari con personaggi eccellenti della finanza e se era a conoscenza della corrispondenza di Mussari poi cancellata dal suo computer personale. Insomma l’attività dei
pm senesi prosegue celermente e nei prossimi giorni sarà ascoltato, sempre come persona informata dei fatti, Norberto Sestigiani, ex funzionario e azionista del Monte dei Paschi, le cui denunce inviate alla Consob ed alla Banca d’Italia rappresentarono il primo campanello d’allarme sulla gestione dell’acquisizione di Antonveneta da parte dell’ istituto senese. Sestegiani conferma quanto aveva denunciato nel 2008 e nel 2011, parlando di minacce non troppo velate
ricevute proprio in seguito alle sue segnalazioni: «Quando ho denunciato le anomalie sull’acquisto dell’Antonventa, il presidente Mussari rispondeva ma non dava spiegazioni. E durante l’assemblea disse che tra i partecipanti c’erano dei “corvi”, cioè io e pochi altri che chiedevano parole chiare sull’acquisizione di Antonveneta». Sestegiani ha avuto anche una corrispondenza epistolare con Mussari: «Le sue risposte in assemblea non furono chiare, mentiva su come era stata aquistata Antonveneta ed io gli scrissi una lettera sollecitandolo a dire la verità. Mi rispose scrivendo “Sestigiani, stia tranquillo, è tutto a posto”».
Sestegiani ribadisce di aver ricevuto anche «minacce» e «consigli
»: «Mi dicevano di lasciar perdere ed una volta il presidente del collegio sindacale Di Tanno (anche lui indagato, ndr) mi scrisse una lettera dicendomi: “stia attento a quello che dice, lei si assume le responsabilità di quello che dice». Insomma, secondo Sestigiani Mussari e Di Tanno «mentirono all’assemblea ed anche alla Consob e alla Banca d’Italia compiendo secondo me vari reati , compreso
quello di falso in prospetto».