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 2013  gennaio 30 Mercoledì calendario

BIRRA, TULIPANI E IRREDENTISMO ORANGE, UNA DINASTIA «CONTRO» —

L’uomo che sarà re, per tanti è ancora «Prins Pils», «Principe Birretta», per via di certe bevute goliardiche fatte in gioventù. Ma se l’86% della popolazione olandese — dato di ieri — approva l’abdicazione della regina Beatrice e la salita al trono di questo stesso «Prins Pils», cioè del suo primogenito Guglielmo Alessandro, le goliardate c’entrano e contano poco. C’entra ben più il peso della storia, che l’erede si porta dentro come sua madre: sono degli Orange, loro, sono i discendenti di quelli — uomini e donne — che in armi strapparono l’indipendenza d’Olanda protestante alla Spagna cattolica; e sfidarono papi, videro i propri correligionari massacrati in settemila fra i tulipani di Haarlem, accumularono immense ricchezze e diedero alle fiamme tesori incalcolabili. Visionari, più che condottieri, drappeggiati d’orgoglio, crociati del libero capitale. L’Europa di oggi, spaccata fra Nord e Sud, fra il rigorismo protestante alla Merkel e la socialdemocrazia alla Hollande, discende anche da quella tempesta. Come pure Guglielmo Alessandro: e poiché il suo popolo riconosce il principe come tale, la successione è pacifica, anche a prescindere dalle colpe o dai meriti del singolo. «Prins Pils», chiunque egli sia, si è legittimato secoli fa, attraverso i suoi avi. Fra i quali siedono figure presto dimenticate come Guglielmo II detto «il re Gorilla» per via delle movenze goffe, ma anche figure carismatiche come Guglielmina, la regina che dall’esilio a Londra ispirò la resistenza olandese al nazismo, anche attraverso parole d’ordine legate proprio al suo nome. Come l’acronimo «Wozo», che significava «Guglielmina il colore degli Orange vincerà».
Loro, gli Orange, «sono» l’Olanda innanzitutto perché hanno guidato per 80 anni dal 1568 al 1648 la guerra di indipendenza da Madrid. Ma fu ben più di una guerra, quella: fu uno scontro di cultura, di arte, di scienza. E di geni diplomatici: Guglielmo I d’Orange, «il Taciturno», cresciuto da luterano accetta la conversione cattolica impostagli dagli spagnoli, ma solo per tattica. Lo dicono santo, ma è anche una volpe, un animale da preda. Guerrigliero nato, raccoglie manipoli di signorotti che gli spagnoli bollano come «gueux», pezzenti, li porta ad assaltare porti e navi. Ma sa anche negoziare, con tutti. Con gli ugonotti in fuga dalla Francia, i calvinisti, i mennoniti, gli iconoclasti che distruggono chiese e affreschi. Guglielmo li osserva, ma non si lascia coinvolgere dalla loro ira. Vuole condurre un popolo, non una torma. Solo un sicario cattolico (25 mila corone il suo prezzo, morirà poi scuoiato vivo) riuscirà a fermarlo. E sarà proprio «il Taciturno», il primo leader storico ucciso da un colpo di pistola: «Mio Dio, abbiate pietà della mia anima, abbiate pietà di questo povero popolo».
Ma intanto, quel «povero popolo» era nato, e con una sua coscienza nazionale. Forgiata nella tolleranza, dopo secoli di furore. Molto più in là, sarà quella stessa coscienza rafforzata da Giuliana «la Liberale» che — nei giorni del ’68 — studiava Sartre cuocendosi da sola i broccoletti nella cucina reale, attenta a non scomunicar mai nessuno: c’era una ricetta per ogni Orange, forse, e anche così si governava.
Ci sarà una ricetta anche per lui, l’uomo che presto sarà re, specialista in storia e in gestione delle risorse acquatiche, padre di 3 figli insieme con la bellissima moglie argentina Maxima. Ma prima di prendere la corona, deve cancellare qualche gaffe. Per esempio, un anno fa, quella vittoria nella gara del «lancio del water», rito assai popolare nel suo Paese: il principe lancia un water dipinto d’arancione come i suoi capelli, e come il colore della sua casata, Orange appunto. Poi si scusa, pentito: «Qui da noi si fanno certe gare per un sorriso, e anch’io ho partecipato con un sorriso, ma non senza vergognarmi al pensare che 2,6 miliardi di persone nel mondo non hanno queste stesse strutture per espletare con dignità un loro bisogno quotidiano».
«Altroché se sua Altezza ha vinto — lo pizzica un giornale — gli abbiamo anche regalato una piccola tazza-water con una cinghietta in cima per chiuderla…». L’avo Guglielmo «il Taciturno» non ci sarebbe forse cascato: ma solo perché ai suoi tempi i water non esistevano.
Luigi Offeddu