Andrea Malaguti, La Stampa 30/01/2013, 30 gennaio 2013
BALOTELLI, DA “MELA MARCIA” A COLPO ELETTORALE
Sabato sera, piuttosto tardi, Sky Uno manda in onda un servizio su Fabrizio Corona che racconta col solito impeccabile stile la sua vita da fronte del porto. Molte immagini sono d’archivio. Tribunali, donne, smargiassate. La sua storia, insomma. A un certo punto il cellulare dell’ex fidanzato di Belen suona e lui, Corona, lo guarda inarcando un sopracciglio. Poi, con un sorriso vuoto e accattivante, dice: «Questo è Balotelli, mi telefona cinquanta volte al giorno. E’ convinto di essere la mia reincarnazione. Un pazzo». Non lo può sapere, ma quella frase, oggi, sembra un passaggio di testimone. Uno sparisce dalla scena e quell’altro ci arriva trionfalmente. Venti milioni al Manchester City e sul suo conto corrente quattro milioni netti all’anno fino al 2017. Le notti di Milano sono salve. Il lavoro dei paparazzi anche.
Il Bad Boy di Palermo, «Why always me?», Perché sempre io?, a ventidue anni torna a casa, portandosi sulle spalle la fama del fenomeno potenziale e due stagioni di fallimenti inglesi. L’ultima fotografia che resta incollata nel suo diario britannico è quella di un tifoso-animale (probabilmente dello United) che si slaccia i pantaloni e fa la pipì sulla sua prestigiosa Bentley. Miseria e grandezza, volgarità e ricchezza. In quello scatto c’è tutto, perché SuperMario è uno che spacca le folle. Lo odi o lo tolleri sperando che ti spalanchi le porte del Paradiso. Difficilmente lo ami. E del resto lui se ne frega di farsi amare, con una sola vera eccezione, Silvia, la sua mamma adottiva.
E’ tornato a casa il figliol prodigo o una «mela marcia»? Il copyright è di Silvio Berlusconi, che dopo avere preso le distanze da Balotelli ha deciso di trasformarlo nel nuovo predellino della sua complicata campagna elettorale. Lo scultoreo centravanti nero di origini ghanesi schierato al centro dell’attacco assieme al meraviglioso bimbo buono di origini egiziane, Stephan El Shaarawy. Uno con l’aria un po’ svaccata di chi passa le notti trascinandosi da un locale all’altro senza decidersi di andare a dormire, l’altro col viso dolce dell’atleta modello abituato a mangiare petti di pollo e insalata. I figli migliori del nostro Paese, il rossonero che si fa azzurro esaltando una fusione di origini e di destini programmata per fare esplodere il talento.
Un esperimento estremo, l’ennesimo, che sul campo può garantire il successo a Massimiliano Allegri e nelle cabine elettorali - secondo i primi sbrigativi e piuttosto fragili sondaggi - ottantamila voti al Pdl in Lombardia, quattrocentomila in totale. Più o meno di quelli persi con l’addio a Cosentino? Speculazioni inevitabili, mentre Bad Balo pianta l’ultima pugnalata nella schiena del suo passato. Dall’Inter al Milan, da una chiesa all’altra, avendo bene impressa nella mente una frase che Vincenzo Esposito, ex tecnico delle giovanili nerazzurre, pronunciò con disprezzo: «Mario è un provocatore. Il problema è che non sa calcolare le conseguenze dei suoi gesti». Lui come Corona, che a Sky raccontava, «non ho mai creduto di fare niente di illegale e ho sempre pensato: perché tutto questo?». Why always me? Ma se il Re ribelle della Movida ha trascinato la sua parabola fino al carcere di Busto Arsizio, Mario Barwuah Balotelli, Cassano rovesciato capace di fare innamorare i giornalisti del Time, ha piantato la bandiera della sua ambizione sulla montagna che sogna da sempre, quella rossonera del Milan. Se sbaglia qui è finito? Forse. Finito ma ricco. Quando lo presentarono a Manchester Noel Gallagher, stella degli Oasis, gridò invaso da un fiotto di compiaciuta euforia: «Dimenticatemi gente, la nuova rock star qui è Balotelli». Ma lui, SuperMario sembrava già stanco, il collo rigido, gli occhi imbambolati e stanchi e una saudade precoce da italiano vero. Pensava a Milano, voleva la mamma, certo da sempre che in fondo sia lei e solo lei - l’adorabile Silvia del bacio tedesco - l’unico angelo di cui ha sempre avuto davvero bisogno.