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 2013  gennaio 30 Mercoledì calendario

GRILLO, LA CLASSE OPERAIA IN PARADISO CON LE PARTITE IVA

[Un libro edito dal Mulino indaga nella base elettorale, tra autonomi, disoccupati, studenti] –
C’ è un elemento che di solito sfugge, nel vasto blaterare a proposito del Movimento di Beppe Grillo; è quello che riguarda la sua composizione sociale e il suo carattere post-ideologico. È vero, il «partito di Grillo» è un movimento trasversale, ma se ascoltiamo i suoi simpatizzanti, se ci parliamo, non possiamo non sapere che hanno molto spesso una chiarissima provenienza politica, almeno in partenza. E poi, è il secondo punto, questo elettorato vede crescere costantemente alcune categorie dimenticate che potremmo definire - usando un copyright sfortunato di D’Alema - «una costola della sinistra». Abbiamo davanti un voto (anche) molto operaio, che attrae tanto gli studenti universitari, che pesca molto tra i disoccupati. Se non è sinistra questa, almeno geneticamente... Non è per caso che Grillo provò a iscriversi alle primarie del Pd (cosa che gli fu negata, contribuendo però ad alimentarne la crescita).

Si tratta di due caposaldi che segneranno un punto fermo nelle infinite disquisizioni sui militanti cinque stelle, sul loro supposto qualunquismo e sull’estraneità a un orizzonte politico vero e proprio. Un’inchiesta miliare del Mulino che ha potuto studiare in anteprima, curata da Elisabetta Gualmini e Piergiorgio Corbetta ( Il partito di Grillo ), lo dimostra oltre ogni ragionevole dubbio. Solo in epoca recentissima Grillo va a pescare anche a destra, ma dalle elezioni amministrative del 2012 in poi il voto per il comico-politico è fatto da operai (la percentuale più alta, il 29,5), poi da dipendenti privati (28,5), lavoratori autonomi e partite Iva (27,4), studenti (25,3). È da sempre relativamente meno attraente, invece, per chi lavora nel settore pubblico, e per pensionati e casalinghe. È fatto sì di tanti giovani, ma il suo cuore è tra i 35 e i 44 anni, non tra gli universitari. Il livello di istruzione è medio, o medio alto, i diplomati e i laureati sono rispettivamente il 27,3 e il 23,7, percentuali notevoli, se consideriamo i tassi di analfabetismo di ritorno ancora agghiaccianti tra i votanti degli altri partiti.

Ecco perché, se Grillo presenta le candidature, insiste che «è pieno di operai e lavoratori», e va - unico - nei distretti tipo l’Ilva, a Taranto. Ecco la ragione per cui da anni ripete attacchi al sindacato e grandi lusinghe ai lavoratori: «C’era una volta la gloriosa Triplice. Il sindacato di lotta e di governo. E’ rimasto il governo senza il sindacato. I precari non hanno la tessera, ma sono figli di un sindacato compiacente, del furto del tfr e della mancanza di sicurezza sul lavoro. Possono solo arrampicarsi sui tetti o salire sulle gru. Sempre più in alto...». Ecco perché spara frasi come «eliminare i sindacati», ma poi si preoccupa di assicurare che «con Landini abbiamo condiviso molte battaglie»: gli interessano - e tanto - i lavoratori, che ritiene non più rappresentati a sinistra. E naturalmente gli interessa tutto quello che si muove al di fuori del settore pubblico, e che anzi, vede nel pubblico una casta: quindi le partite Iva (considerate però alla stregua dei new poor di Cameron), ma anche i giovani professionisti o, tout court , i disoccupati. Come osservava Salvo Mandarà, che sta filmando su UStream tutto lo Tsunami Tour, «è pieno di persone che ci avvicinano lamentando di non riuscire a trovare un lavoro». Questa è una chiave de-ci-si-va.

Mettete dunque tra parentesi le storie sul Grillo fascista e Casa Pound. Il tratto accertato della sua base è semmai una lenta, costante erosione che parte da lontano, ai danni della sinistra. «Su cento elettori intenzionati a votare il M5s, il 46 proviene dall’area del centro-sinistra, il 40 dal centrodestra», si legge nella ricerca del Mulino. «Il Pd ha probabilmente pagato in termini di consenso il suo appoggio al governo Monti». Ma la cosa ancora più interessante è che la base dei cinque stelle «affonda le proprie origini nell’humus dei movimenti e dei partiti della sinistra libertaria e radicale, da cui sono nati a esempio i verdi in Germania e in altri paesi». O, si potrebbe aggiungere, il mondo che in America era dei Ralph Nader, dei Chomsky, di certo ambientalismo e di riviste alla The Nation .

Il punto cruciale è che il movimento ha ora davanti la sfida di diventare «il partito»: passare dalla dimensione locale a quella nazionale, e dalla dimensione di movimento a quella istituzionale. «Ci faranno sempre più le pulci, ci staranno addosso, per questo in parlamento dobbiamo avere profili poco attaccabili», ritiene Grillo. Vincerà la pulsione populista - che iscrive i 5 stelle in una costellazione a lungo studiata da Taguieff - o la tendenza a fare Rete, a costruire una sorta di «democrazia deliberativa», che usa strumenti come i referendum per far evolvere la «democrazia rappresentativa» classica? È domanda cruciale, oggi non può che restare aperta.