Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 30 Mercoledì calendario

“ORA I TRIBUNALI MI RESTITUISCANO L’AMORE PERDUTO DI MIA FIGLIA”

[L’uomo che ha promosso il ricorso: i miei diritti negati dal 2003] –
Sergio Lombardo, classe 1939, è il padre di Turchina, la chiameremo così (e il suo nome vero non è meno bizzarro). La loro storia, tristemente uguale a tante, ha provocato la sentenza dei giudici della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che rimprovera severamente l’Italia, incapace di assicurare il diritto dei padri. Sergio è un uomo estroso, un artista, dedicato alla «psicologia sperimentale dell’estetica». La copertina della rivista che pubblica sul suo sito web ha una fotografia di Dustin Hoffman in Kramer contro Kramer, il film simbolo delle guerre tra genitori sulla pelle dei figli.

Lombardo ha 74 anni, ma non sono un problema: da quando si è lasciato con la sua compagna, Paola, marcia ogni settimana per trecento chilometri pur di andare a vedere la sua bambina. Spesso viaggi a vuoto. Racconta di quando ha conosciuto la madre di sua figlia, Paola, classe 1980, sua studentessa all’Accademia di Belle Arti a Roma. Quarantun anni di differenza per lui non erano un problema. «E nemmeno per lei», assicura. «Mi scriveva lettere d’amore bellissime», ricorda. Ma erano sicuramente un problema per la famiglia di Paola. La nascita di Turchina nel 2001 non ha migliorato i rapporti. Anzi. «Hanno fatto di tutto per farci lasciare». E nel 2003, quando Turchina ha solo due anni, la mamma la porta a Termoli, dove vivono la madre e il fratello. «Con un trucco hanno portato via Turchina da Roma e da me», dice Sergio. «E da allora è stato un incubo. Io non avevo nessuna obiezione a che vivesse con sua madre, era giusto, ma volevo vederla. E quando il giudice ha riconosciuto questo mio diritto credevo che non ci sarebbero stati problemi. Invece io andavo a Termoli e non rispondevano nemmeno al telefono».

Un giorno Sergio perde la pazienza e va dai carabinieri. Riesce a farsi portare la bambina in albergo. «Quando mi ha visto era felicissima, ma quando l’ho presa per darle un regalo, sono stato aggredito dal fratello di Paola. L’ho denunciato. E mi hanno denunciato anche loro per violenza privata, dopo dieci anni sono stato assolto». Inizia così una guerra giudiziaria senza esclusione di colpi. La madre vuole la decadenza della patria potestà in capo all’ex compagno. Lui chiede l’affidamento esclusivo. Le carte bollate diventano una montagna, con una bambina che fa da pungy-ball. «Per fortuna lei è una bambina molto intelligente che ha capito subito cosa stava accadendo. Abbiamo nonostante tutto un rapporto bellissimo. Quando riuscivo a parlarle al telefono i primi anni, la sentivo che diceva “papà non è brutto, papà è bello”. Evidentemente erano le cose che sentiva a casa».

Anche i servizi sociali entrano in questa storia e tentano una mediazione, poi si fanno carico della bambina. E si arriva nel 2007 alla decisione del Tribunale di concedere ai genitori l’affido condiviso. «Ma le cose non cambiano», ricorda con tristezza Lombardo. Entra in scena l’avvocato Giorgio Vaccaro, esperto in mediazione familiare, che vista l’impossibilità di vedere eseguite le tante sentenze che sancivano le modalità di frequentazione, decide di tentare la strada europea, con un ricorso alla Corte dei diritti umani. «Ci vogliono delle sanzioni per il genitore inadempiente», dice Vaccaro. «I tempi dei tribunali sono lunghi mentre i rapporti affettivi hanno bisogno di celerità. E ci vuole qualcuno che faccia rispettare le sentenze. Se l’ex coniuge nega di far vedere il bambino l’altro genitore può fare poco. Oppure fare una denuncia con i tempi che sappiamo».

Oggi Lombardo ha affittato una casa a Termoli in modo da poter passare delle giornate con la figlia. «Ma la madre non vuole che venga con me a Roma, che dorma con me. Si inventa che la bambina soffrirebbe per il distacco materno». E adesso dopo la sentenza di Strasburgo? «Faremo ricorso, ancora una volta, al Tribunale italiano per vedere rispettati i miei diritti di padre. E quelli di Turchina».