Varie, 30 gennaio 2013
Riccardo Chiurco, 72 anni. Originario di San Demetrio Corone ma residente a Trebisacce (Cosenza), insegnante di lettere in pensione, vedovo da qualche anno di Filomena Mastrota, «riservato», «metodico», ogni giorno dopo aver comprato il giornale passeggiava sul lungomare
Riccardo Chiurco, 72 anni. Originario di San Demetrio Corone ma residente a Trebisacce (Cosenza), insegnante di lettere in pensione, vedovo da qualche anno di Filomena Mastrota, «riservato», «metodico», ogni giorno dopo aver comprato il giornale passeggiava sul lungomare. Da qualche mese con lui, nella palazzina di famiglia, era tornata a vivere la figlia Stefania, 38 anni, «donnone di stazza notevole», nubile, un po’ strana di testa, con cui litigava di continuo per questioni di soldi ma anche perché lei, iscritta da una vita a Medicina all’Università di Perugia, non si decideva a prendeva la laurea. Giorni fa, durante l’ennesima discussione, la donna in qualche modo lo ammazzò e poi lo squartò, asportò gli organi interni e li buttò nella spazzatura. Quindi con precisione chirurgica sezionò il resto del corpo, ogni tocco lo avvolse nel cellophane, lo sigillò col nastro adesivo, distribuì i pezzi in otto scatoloni da imballaggio, per evitare che la puzza della carne in putrefazione insospettisse i vicini impastò il tutto con borotalco e calce viva e infine chiuse gli scatoloni e li appoggiò al muro, in perfetto ordine, vicino alla porta d’ingresso, in attesa del momento giusto per portarli via. Dopo qualche giorno un fratello del Chiurco che vive in un altro paese, non riuscendo a parlarci perché la figlia si inventava sempre qualche scusa per non passarglielo al telefono, si decise a mandarle in casa i carabinieri che sentendo un odore nauseabondo subito le chiesero cosa ci fosse negli scatoloni. Lei fredda e lucida rispose «roba di casa» ma loro li aprirono e per prima cosa videro la testa (i capelli impastati di polvere di calce, le palpebre semiaperte, la pelle del viso coperta da uno strato leggero di borotalco, pareva il cranio di un manichino), quindi il busto (indosso una maglietta e la cintura dei pantaloni). A metà gennaio in una palazzina borghese di quattro piani al 36 di Via Gabriele D’Annunzio a Trebisacce (Cosenza).