Aldo Barlanti, IlSole24Ore 29/01/2013, 29 gennaio 2013
ITALIANI INCAPACI DI CRESCERE: SI SENTONO «SPOSSATI» DALLE TASSE
Facendo opportuni calcoli è emerso che in 30 anni lo Stato ruba ai legittimi proprietari denaro sotto forma di tassazione sugli immobili per l’equivalente del 50% della casa. Alla faccia della Costituzione che garantisce la proprietà privata, favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione. La situazione potrebbe essere ben peggiore. Se nei 30 anni il proprietario passa a miglior vita, si aggiungono anche le imposte di successione. Altra mazzata. Ma se su quella abitazione nel corso dei 30 anni si paga il mutuo, essa è di fatto di proprietà della banca. Dovrebbe essere la banca quindi a dover farsi carico di tutte quelle imposte fino a quando la proprietà non diventa completamente di chi paga il mutuo. La giungla delle imposte italiane è piena di incongruenze.
Aldo Barlanti
Gentile Barlanti, è vero che le imposte sono spesso una giungla, ma non esageriamo. Senza entrare nel merito dei suoi calcoli sulla tassazione sulla casa, su cui peraltro è difficile generalizzare, non bisogna dimenticare, al di là delle polemiche, che chi possiede solo la prima casa ha anche agevolazioni sia al momento dell’acquisto, sia negli adempimenti successivi. E per la precisione le imposte di successione hanno una franchigia di un milione di euro per i coniugi e i parenti in linea retta, franchigia che copre ampiamente il valore di una normale abitazione.
Poi l’ipoteca che una banca iscrive su di un immobile per concedere il mutuo costituisce solo una garanzia sul debito e non è certo un diritto né di proprietà, né di godimento del bene stesso. Detto questo resta comunque il fatto che il livello della tassazione resta molto alto e la percezione comune è quella di un sistema fiscale non solo pesante, ma anche complesso negli adempimenti richiesti ai cittadini. E che peraltro sembra andare nella direzione opposta rispetto a quanto richiederebbe la necessità di rilanciare l’economia.
Uno strumento come il redditometro, con i timori di sempre antipatiche verifiche fiscali, non sembra l’ideale per rilanciare i consumi.
Così come le ipotesi di imposta patrimoniale non appaiono le più indicate per sostenere gli investimenti. Come scrive Alberto Mingardi in un libro (L’intelligenza del denaro, Ed. Marsilio, 334 pagine, 21 euro) che racconta le tante distorsioni dei rapporti tra Stato e mercato: «Un’economia non trova in sé le risorse per crescere se i suoi protagonisti si sentono ingiustamente spossessati di quote eccessive del proprio reddito».