Gianluca Roselli, Libero 29/01/2013, 29 gennaio 2013
TORNA FORZA PASSERA: GUFA TUTTI E GUARDA A DESTRA
[Il ministro al «Wsj»: Bersani e Monti dureranno poco. Voci su un partito per unire i moderati dopo il Cav] –
Corrado Passera non si dà per vinto. Il ministro dello Sviluppo economico ha scelto di non candidarsi in queste elezioni, ma pensa sempre alla politica. Aspetta. Vuole vedere come finirà la competizione elettorale. Poi è pronto a tornare in campo. Con una sua forza politica. Per raccogliere le macerie di quello che resterà del centro montiano e del Pdl berlusconiano. Questo lo scenario disegnato dall’ex manager in un’intervista al Wall Street Journal. Perché, spiega Passera, «nell’area che va dalla destra al centro c’è ancora uno spazio politico che non è stato riempito».
Secondo il ministro la prossima sarà una legislatura di breve durata, perché l’alleanza di governo tra un Pd senza maggioranza in Senato e un Monti sotto schiaffo di Fini e Casini non potrà resistere a lungo. «Aspettiamo la fine di queste elezioni e vediamo, ma io penso che ci sia il bisogno di uno spazio politico europeista, orientato verso le riforme», dice Passera. Che ieri ha smentito di voler fondare un partito («non ho detto questo»), ma la sostanza del suo discorso resta. Raccogliere quello che rimarrà del centro montiano e del Pdl post berlusconiano per dare vita a una nuova forza di centrodestra.
Passera sembra convinto che il risultato elettorale segnerà la fine del partito berlusconiano. E che Monti non sfonderà. A quel punto non rimane che rimettere insieme i cocci e inventarsi qualcosa di nuovo. Con i montiani orfani di Monti, una bella fetta di Italia Futura delusa dalla mancata discesa in campo di Luca di Montezemolo. E ai pidiellini senza Berlusconi. Ma al suo movimento potrebbero guardare anche altri soggetti. Il leghista Fabio Tosi, per esempio, non ha mai nascosto la simpatia per l’ex amministratore delegato di Banca Intesa. Così un partito di Passera troverebbe un valido alleato in una Lega guidata da Tosi, candidato naturale alla segreteria del Carroccio nel caso in cui Maroni divenga governatore della Lombardia. Ma al ministro dello Sviluppo guarda con interesse anche Matteo Renzi. Il cui vestito da democratico perfetto cucitogli addosso da Bersani in futuro potrebbe andare stretto. Specie se il sindaco non riuscisse ad avere un ruolo di primo piano nel partito.
Il piano di Passera, però, non è affatto semplice, perché passa per la fine politica di due personaggi duri a morire: Silvio Berlusconi e Mario Monti. Un buon risultato elettorale del Pdl, per esempio, confermerebbe ancora per un po’ la leadership del Cavaliere e del suo diritto a scegliere il successore. Che difficilmente sarà Passera. Monti, dal canto suo, ha nel mirino il ritorno a Palazzo Chigi. E, visti i numeri risicati che si prospettano per Bersani a Palazzo Madama, è un obbiettivo alla sua portata. Se il Prof dovesse tornare al governo, le ambizioni del ministro verrebbero inesorabilmente ridimensionate. «Passera ha perso il suo treno. E’stato il peggior ministro dello Sviluppo degli ultimi vent’anni. Come può pretendere di prendere in mano le redini del centrodestra? Nessuno di noi lo seguirà», osserva il deputato del Pdl Sergio Pizzolante. «Su una cosa Passera ha ragione: lo spazio politico per un nuovo movimento c’è. Ma non sarà lui a guidarlo. Se voleva giocare le sue carte, doveva candidarsi ora. Non lo ha fatto quanto ha capito di non poter avere un ruolo di primo piano», sostiene Giuliano Cazzola, candidato di Scelta civica al Senato. Secondo i boatos, infatti, il ministro pensava di poter dettare legge sulle liste, di svolgere il ruolo di braccio armato di Monti con gli altri alleati. Così, quando Fini e Casini lo hanno stoppato a brutto muso e Monti non gli ha dato copertura politica, ha preferito rinunciare e defilarsi. Ma il ministro non ha perso la speranza. E chi lo conosce negli ultimi tempi racconta di un intensificarsi di telefonate con Gianni Letta e alcuni alti prelati della Santa Sede. Segno che l’ex manager si sta preparando per tornare in campo. Subito dopo il voto. Quando lo scenario sarà più chiaro e, soprattutto, meno affollato. Con che risultati, però, ora è difficile dirlo.