Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 27 Domenica calendario

LORENZETTO INTERVISTA GIULIANO MAFFEI

(presidente fondazione Stela Maris)

Il Giornale, domenica 27 gennaio 2013

Bisogna fermarsi cinque metri prima. Se oltrepassi la linea gialla, niente è più sicuro: gli orologi si arrestano, i telefoni cellulari smettono di funzionare, le carte di credito si smagnetizzano, le macchine fotografiche e le telecamere digitali si spengono per sempre. A un metro e mezzo di distanza, devi solo sperare che il cinturino d’acciaio del Rolex dimenticato al polso si spezzi, altrimenti la forza d’attrazione risucchierebbe il cronografo col braccio annesso, e per conseguenza il resto del corpo, spiaccicandoti dentro il tubo luminoso. E non basterebbe la forza di tre persone per staccarti da quell’abbraccio mortale.
Cronaca di un viaggio simulato verso il centro della Terra, spostatosi da qualche settimana a Calambrone, in provincia di Pisa, ma a 9 chilometri da Livorno. Qui, nella Fondazione Stella Maris, è in funzione - in perpetuo, anche se all’apparenza sembra spenta - Imago 7, l’unica risonanza magnetica a 7 Tesla esistente in Italia (in tutto il mondo se ne contano 38, di cui 21 in Europa). Il cuore del nostro pianeta, si sa, è costituito da una gigantesca palla di ferro che, per effetto della rotazione, genera un campo magnetico, la cui intensità sulla superficie terrestre varia da poco più di 0,00002 Tesla all’equatore a 0,00007 Tesla nelle zone polari. A Milano è di circa 0,000047 Tesla. Questo significa che il campo ultra alto generato dal magnete di Calambrone è 150.000 volte più potente. Ciò permette di vedere i recessi del corpo umano, a cominciare dal cervello, con un livello di risoluzione senza precedenti. E di analizzarne alcuni che finora potevano essere esplorati soltanto dopo la morte, nelle autopsie. È come se una città venisse scrutata, anziché dall’alto, dal di dentro: quindi non solo quartieri, strade, edifici, stanze, mobili, oggetti, ma anche attività, movimenti e orari di ogni singolo abitante. Il che significa comprendere cause e nessi degli eventi. Tradotto in termini medici: scorgere i sintomi della demenza con anni d’anticipo, scoprire un tumore prim’ancora che si sviluppi, individuare microlesioni e infarti, studiare gli effetti dei medicinali.
A farmi da Virgilio in questo viaggio è un avvocato civilista del foro di Pisa, Giuliano Maffei, 54 anni, sposato e padre di due figli, chiamato dal vescovo di San Miniato, o forse da qualcuno che sta più in alto, a presiedere la Fondazione Stella Maris. «Non ha visto la scritta “Tu, vieni e seguimi” all’ingresso? Tutti siamo qui per una chiamata», mi dice. A cominciare dai 22 medici, neuropsichiatri, neurologi, pediatri e fisiatri, che, con l’ausilio di altri 280 dipendenti, fanno di questo Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) - dove hanno sede cinque fra corsi di laurea e scuole di specializzazione dell’Università di Pisa - l’unico ospedale di eccellenza italiano nel quale si curano soltanto malati da 0 a 18 anni affetti da psicosi, schizofrenia, autismo, epilessia, paralisi cerebrale infantile, ritardo mentale, ictus del neonato, anoressia, disturbi della condotta, deficit neuromotori. I 58 posti letto accolgono 2.500 pazienti l’anno. Altri 20.000 vengono seguiti negli ambulatori.
Calambrone è una lunga striscia di sabbia e pinete bagnata dal Tirreno, sulla quale si affacciano decine di colonie marine, a cominciare da quella oggi in disarmo che durante il fascismo fu intitolata a Rosa Maltoni, madre di Benito Mussolini. Alla Stella Maris, che pochi mesi fa ha radunato per un congresso mondiale i 700 massimi esperti della paralisi cerebrale, venivano accolti d’estate i figli disabili dei dipendenti della Fiat e anche quelli delle famiglie povere. Fu don Aladino Cheti, il primo chiamato, a capire che il dolore di tanti bambini e dei loro genitori non poteva restare senza risposta nei rimanenti mesi dell’anno. «Era il 1958. Allora la neuropsichiatria infantile non si sapeva manco che cosa fosse», rievoca Maffei. «In Italia gli unici a occuparsene erano Giovanni Bollea e Pietro Pfanner». Quest’ultimo, professore ordinario all’Università di Pisa, fu il secondo chiamato, per mezzo secolo direttore scientifico della Fondazione Stella Maris. Da allora è stata tutta una chiamata, fino all’attuale direttore generale, lo psicoanalista Roberto Cutajar, «fra noi s’è fatto un patto di sangue», sorride Maffei, «come gli apostoli, che andavano a due a due».
Gli ultimi chiamati sono gli ingegneri Mauro Costagli e Gianluigi Tiberi. Il primo, con un dottorato in neuroscienze, ha passato sette anni in Giappone, al Riken brain science institute, presso il laboratorio di mappatura cognitiva del cervello, ed è tornato in Italia 11 giorni prima della catastrofe di Fukushima; talmente coraggioso da convincere la moglie a usare come cavia il loro primogenito Tommaso, nato il 25 ottobre, sottoponendolo a una risonanza a 1,5 Tesla nell’ambito di un progetto sul campo visivo dei bimbi. Il secondo, con un passato di ricercatore all’Università di Oxford, è specializzato in elettromagnetismo. Insieme hanno messo a punto il software che governa Imago 7, un mostro del peso di 33.000 chili, costato 7 milioni di euro, blindato dentro un bunker che ha richiesto 470 tonnellate di ferro per il contenimento del campo magnetico. «Un famoso politico, quando ha saputo che volevamo dotarci di questo macchinario, mi ha chiesto: “Ma a che serve?”», racconta Maffei. «In effetti in Italia non esiste una norma di legge per installare un mastodonte di questa potenza e nemmeno la statunitense General Electric, che l’ha costruito a Milwaukee, è in grado di spiegartelo fino in fondo, le istruzioni di funzionamento che ci ha fornito sono quelle per una risonanza a 3 Tesla. Ho risposto con le parole che avrebbe usato Dante: “Fatti non foste a viver come bruti...”».
E il politico?
«Ha completato la terzina: “Ma per seguir virtute e canoscenza”. Aveva capito. Come don Luigi Verzé, che un giorno volle incontrarmi e mi disse: “O lei ha copiato me o io ho copiato lei”».
Sì, ma resta inevasa la domanda: a che serve Imago 7?
«A mostrare come reagisce il cervello agli stimoli e a studiare le architetture funzionali inferiori al millimetro cubo. Ci sono forme di epilessia, displasie corticali, tumori profondi che si possono operare solo dando al chirurgo le coordinate esatte. Uno scarto infinitesimale nell’area che presiede al linguaggio può togliere per sempre la parola al paziente. Fino a oggi si andava di 3 millimetri in 3 millimetri. Ora di mezzo millimetro in mezzo millimetro. Res cogitans e res extensa, la realtà psichica e la realtà fisica di cui parlava Cartesio, non sono più separate, ma osservate nel loro intreccio. Pensi al più potente dei telescopi puntato dentro la scatola cranica, e non solo. Fa vedere cose mai viste prima».
Per esempio?
«I nigrosomi all’interno della substantia nigra nel tronco encefalico. Nel caso di una loro anomalia, la persona rallenta i movimenti, comincia a tremare. Se li studi con la risoluzione spaziale offerta da Imago 7, puoi combattere meglio il morbo di Parkinson, fino ad anticiparne l’insorgenza. Le altre tecniche di imaging non sono predittive al riguardo. Questa sì».
Se mi avvicino troppo al «mostro», che può succedermi?
«Avverte tre effetti. Primo: una perdita di stabilità, questo perché il magnete attira a sé gli otoliti presenti nell’apparato vestibolare dell’orecchio che presiede all’equilibrio. Secondo: un sapore metallico in bocca, dovuto al fatto che nell’acqua che beviamo sono depositati ioni di litio sensibili al campo magnetico. Terzo: la comparsa di fosfeni, cioè la percezione di luci, provocate dalle molecole cariche elettricamente che si trovano nell’occhio. Ma sono effetti transitori».
Da quando è in funzione Imago 7?
«Gli esperimenti su fantocci sono cominciati un anno fa. Lo scorso 6 dicembre abbiamo trovato un volontario per la prima prova: padre Gabriele, al secolo Gino Bezzi, diventato frate francescano dopo essere stato operaio in fabbrica. Ora siamo già a 3-4 risonanze a settimana. Si sta avverando l’esortazione iscritta sul tempio dell’Oracolo di Delfi: “Conosci te stesso”».
In che senso?
«Alla Stella Maris questo principio trova l’applicazione più concreta: i nostri scienziati, col loro cervello, studiano il cervello. Un impegno monotematico. Il cervello che studia se stesso, l’uomo che incontra l’uomo. Se c’è una lezione che abbiamo imparato dal professor Pfanner, è che il bambino si trova in una relazione d’amore e d’aiuto con gli altri. Quando s’inceppa questa relazione, diventa autistico. Oggi viviamo tempi di autismo corporale ma anche spirituale. La società è sottosopra. Perciò abbiamo lanciato un progetto culturale che sta richiamando qui filosofi, artisti, poeti. E i primi risultati si cominciano a vedere».
Me ne descriva uno.
«Ci arrivano solo i casi più gravi di anoressia. Talvolta bambine di 10 anni, con le analisi scompensate e il sondino nasogastrico, che potremmo perdere da un momento all’altro. Una quindicenne ha detto a Paolo Vallesi, in visita a Stella Maris: “Io voglio morire”. Allora il cantautore s’è messo a suonare con la chitarra La forza della vita e lei ha cominciato a ballare. Siamo fatti anche di spirito, sono gli neuropsichiatri a confermarmelo. La risposta alle domande ultime della vita può venire solo da lì. Che cosa c’è nella parte spirituale dell’uomo? Dio? O che altro? E come si apre quella porta? La tecnologia e la scienza da sole, senza l’amore, non riempiranno mai di contenuto la parola speranza. E senza speranza non possiamo vivere, il filosofo Remo Bodei è venuto a Calambrone per dircelo».
Sta andando ben oltre Imago 7.
«Io sono curioso del non credente, voglio sapere che cosa cerca. Beppe Dati, il paroliere che ha scritto La forza della vita, ma anche il nostro inno e Gli uomini non cambiano per Mia Martini, era presente all’incontro di Vallesi con le ricoverate anoressiche. Ecco, lui si definisce non credente. Però sta scrivendo la vita di Gesù in canzoni. L’ho scoperto per caso il giorno in cui mi ha mostrato un lavoro su Ponzio Pilato che teneva da mesi nel cassetto. Va’ avanti, l’ho spronato. Ora ha già composto un’altra trentina di brani. Ho detto a sua moglie: se per caso lo vedesse avviarsi sulla via della conversione, lo fermi e mi avverta subito, perché suo marito deve restare un inquieto».
Che cosa rappresenta per lei, un avvocato, la Fondazione Stella Maris?
«Una missione. Mi ha ribaltato la vita. Mi fa sentire qui per mandato di qualcuno. La conferma l’ho avuta da una miracolata di Lourdes e da una veggente di Medjugorje. Non ero mai stato in pellegrinaggio, né in queste due località né in Terra Santa né a Fatima, non faccio parte di movimenti, non ho bisogno di effetti speciali per credere. Però a Capodanno sono voluto andare nel paesino della Bosnia. Non c’è contraddizione fra scienza e fede».
Qui curate l’autismo. Ma Franco Antonello, padre di Andrea, il protagonista del bestseller Se ti abbraccio non aver paura affetto da questa patologia, mi ha detto di non aver mai sentito di un autistico guarito.
«L’autismo non si guarisce, è vero. Però si cura. I segni premonitori si possono scorgere fin dall’ottavo mese di vita: un bimbo che non ti guarda negli occhi, che non sorride, che non punta mai il dito, deve insospettire. I prematuri, 30.000 l’anno in Italia, sono i più esposti a questo rischio. Per loro abbiamo inventato Care Toy, una palestrina con giocattoli sensoriali, e Face, un androide capace di esprimere le emozioni umane attraverso le espressioni del viso. Con l’Università di Dublino stiamo lavorando anche a un robot-badante che nel futuro potrebbe assistere disabili e anziani».
Non starete esagerando con gli umanoidi?
«La tecnologia è il mezzo per conseguire un fine. Siamo nati per la ricerca della felicità».
Ma lei ha capito che cos’è la malattia mentale?
«Ho capito che nella follia c’è la genialità. La Stella Maris ha altri due centri, a San Miniato e a Montalto di Fauglia, dove vivono un centinaio di ragazzi e di adulti che non hanno una famiglia. Ieri Nicolò, un ritardato di 20 anni, mi ha detto: “Giuliano, ti voglio bene”. Se questa è la malattia mentale...».
Stefano Lorenzetto


LORENZETTO Stefano. 56 anni, veronese. È stato vicedirettore vicario del Giornale, collaboratore del Corriere della sera e autore di Internet café per la Rai. Scrive per Il Giornale, Panorama e Monsieur. Ultimo libro: La versione di Tosi (Marsilio).


LORENZETTO Stefano. 56 anni, veronese. Prima assunzione a L’Arena nel ’75. È stato vicedirettore vicario di Vittorio Feltri al Giornale, collaboratore del Corriere della sera e autore di Internet café su Raitre. Scrive per Il Giornale, Panorama e Monsieur. Dieci libri: Cuor di veneto, Il Vittorioso, Visti da lontano e La versione di Tosi. Ha vinto i premi Estense e Saint-Vincent di giornalismo. Le sue sterminate interviste l’hanno fatto entrare nel Guinness world records.