Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 29/01/2013, 29 gennaio 2013
DILEMMA DEL REGNO UNITO IL MOMENTO DELLA SCELTA - David Cameron, Primo ministro dell’Uk, ha affermato che la delusione sulla Ue è ai massimi livelli e prevede di indire un referendum fra i suoi concittadini, con una sola domanda: dentro o fuori
DILEMMA DEL REGNO UNITO IL MOMENTO DELLA SCELTA - David Cameron, Primo ministro dell’Uk, ha affermato che la delusione sulla Ue è ai massimi livelli e prevede di indire un referendum fra i suoi concittadini, con una sola domanda: dentro o fuori. Vuole provare a chiarirci quale vantaggio avrebbe la gran Bretagna a rimanere nella Ue e quale interesse avrebbe la Ue ad insistere affinché la Gran Bretagna rimanga, visto che già ora è più fuori che dentro? Enrica Praticelli enrica.praticelli@hotmail.it Cara Signora, prima di rispondere alla sua domanda conviene ricordare che dietro il discorso di David Cameron vi sono pressanti esigenze di politica interna. Nel partito conservatore esiste una forte corrente euroscettica che chiede insistentemente un referendum sulla presenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea. E sulla destra dei conservatori esiste un partito nazionalista e populista (l’Uk Independence Party, fondato nel 1993) che detesta l’Ue e raccoglie un numero crescente di consensi nei settori della società che appartenevano al partito di Cameron. L’Uk Independence Party non ha seggi alla Camera dei comuni, ma sottrae voti ai conservatori e può favorire indirettamente la vittoria dei candidati laburisti. Paradossalmente questo partito così visceralmente ostile all’integrazione europea ha conquistato una certa visibilità grazie ai dodici seggi di cui dispone al Parlamento di Strasburgo. Ripetutamente accusata di deficit democratico, l’Europa ha generosamente offerto ai rappresentanti dell’Ip l’aula da cui possono lanciare le loro offensive contro l’odiata Commissione di Bruxelles. Per vincere le prossime elezioni, che si svolgeranno verosimilmente entro un paio d’anni, Cameron doveva quindi promettere un referendum. Ma questo avrà luogo soltanto durante la prossima legislatura, verso il 2017, quando il suo governo (se verrà confermato dagli elettori) avrà rinegoziato lo status della Gran Bretagna nell’Ue. Vuole guadagnare tempo, assopire per due o tre anni i furori anti-europei della società e vincere intanto le prossime elezioni? È possibile. Ma dietro questa strategia elettorale vi è certamente la convinzione di Cameron che gli interessi della Gran Bretagna siano sostanzialmente tre: rafforzare il mercato unico, vale a dire la sola creazione europea a cui la Gran Bretagna non intenda rinunciare; diluire il proprio impegno in tutte le altre politiche comuni; mantenere un’influenza determinante nelle sedi dove si decide il futuro dell’Ue. Secondo una vecchia espressione inglese, vuole avere la sua torta e al tempo stessa mangiarla; secondo una espressione italiana, vuole la botte piena e la moglie ubriaca. È difficile immaginare, in queste condizioni, che il negoziato, quando avrà luogo, possa concludersi con un compromesso soddisfacente per entrambe le parti. Sarà utile soltanto se aiuterà la Gran Bretagna a decidere che cosa intende fare di se stessa in futuro. Vuole essere un partner credibile dell’Unione o un’isola dell’Atlantico ancorata al largo delle coste europee? Sergio Romano