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 2013  gennaio 29 Martedì calendario

AGGIOTAGGIO E TURBATIVA" COSÌ GLI EX VERTICI DELLA BANCA MANIPOLAVANO IL TITOLO IN BORSA

ROMA - Come una pistola puntata alla tempia, le garanzie accessorie concesse a Jp Morgan sul prestito camuffato da aumento di capitale da 1 miliardo di euro, costrinsero il Monte dei Paschi, tra la seconda metà del 2008 e il gennaio del 2012, a intervenire massicciamente sulle proprie azioni manipolandone il valore di Borsa. E´ una delle "prove documentali" acquisite dall´inchiesta della Procura di Siena e dal lavoro del Nucleo Valutario della Guardia di Finanza. La pietra angolare su cui poggia l´accusa di aggiotaggio e turbativa del mercato contestate all´ex management della Banca. Ed è anche, evidentemente, l´ennesima evidenza, a posteriori, dell´incipit della catastrofe: l´acquisizione di Antonveneta, cui il prestito era funzionale.
Nel gergo degli addetti, la faccenda ha un nome tecnico: "covenant". Vale a dire, gli accordi di garanzia con cui chi finanzia si mette al riparo dalle perdite prodotte da una gestione eccessivamente rischiosa del suo capitale. Ebbene, nel 2008, Jp Morgan - per quanto l´inchiesta ha potuto sin qui accertare - ne ottiene da Mps di generose. Come ormai sappiamo, infatti, quel miliardo di euro in bond "ibridi", perché legati alla fluttuazione delle azioni Mps (il cosiddetto "convertendo F.r.e.s.h.), tutto sono meno che un aumento di capitale. E se è vero che l´accordo con il Monte prevede che quelle obbligazioni "perpetue" saranno rimborsabili solo con azioni Mps al raggiungimento di una determinata soglia di prezzo in borsa (5 euro), è altrettanto vero che il Monte si impegna a proteggere i sottoscrittori dei bond qualora il titolo perda di valore scendendo al disotto di soglie altrettanto prefissate.
E´ con tutta evidenza una partita in cui chi mette insieme il finanziamento da 1 miliardo di euro - Jp Morgan - e chi lo sottoscrive non perde mai. Il "rischio" pesa solo sul Monte. Al momento dell´acquisto di Antonveneta (Novembre 2007), infatti, le azioni Mps valgono 4,31 euro. E dunque, se il titolo salirà (oltre 5 euro), chi ha sottoscritto quei bond avrà in mano azioni apprezzate. Se, al contrario, il titolo scenderà, si vedrà risarcire dalla Banca buona parte della liquidità perduta con operazioni "in garanzia" previste da regolari contratti accessori (di cui l´inchiesta ha trovato evidenze documentali) di cui sia il mercato, sia Bankitalia, tuttavia, nulla sanno. E che impegnano il Monte ad avventurarsi in operazioni ad alto rischio sui derivati o a costosissimi "pronti contro termine". Per giunta in un mercato che, in quel momento, comincia a soffrire di scarsa liquidità.
Insomma, l´accordo capestro sul bond da 1 miliardo costa al Monte, negli anni successivi, un´emorragia di liquidità di cui la Procura e la Finanza hanno trovato a posteriori riscontro nelle serie storiche dell´andamento del titolo in Borsa. Il valore delle azioni Mps viene infatti pompato poco prima della chiusura dell´acquisizione di Antonveneta e, ciclicamente, dal secondo semestre del 2008 in avanti. E questo accade ogni qual volta la quotazione del titolo si avvicina pericolosamente alle soglie "minime" previste dai "covenant" riservati stipulati con Jp Morgan.
Qualche esempio. A metà settembre del 2008, tra il 16 e il 19 di quel mese, quando il valore delle azioni è già sceso a 1,6 euro (rispetto ai 4,31 di dieci mesi prima), il normale volume di scambi si impenna furiosamente, fino a 5 volte in una sola seduta, con interventi massicci del Monte che devono evidentemente difendere la trincea del 1,50 euro ad azione. E lo stesso accade nel gennaio del 2012, quando l´azione Mps scende sotto la soglia di 0,3 avvicinandosi a quello 0,2 sotto il quale la Banca sarebbe chiamata dai "covenant" a ulteriori impegni.
Una corsa a evitare il precipizio, sapendo di esserci già dentro.