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 2013  gennaio 28 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL PUNTO SU MPS


STATERA SU REPUBBLICA.IT
Dall’università alla speculazione dell’aeroporto Tutti gli sprechi targati Monte dei Paschi L’aeroporto di Ampugnano
LASCI via Luciano Bianchi, antico presidente del Monte dei Paschi, e ti dirigi verso Piazzetta Artemio Franchi, cui è dedicato anche lo stadio cittadino, attraverso un quasi ininterrotto circuito toponomastico massonico.
È tracciato con cura in un libro del Gran Maestro toscano Stefano Bisi, e vi incontri da Giovanni Amendola a Silvio Gigli, da Goffredo Mameli a Camillo Benso di Cavour. Non c’è ancora Giovanni Cresti, provveditore generale e dominus assoluto della banca dal 1975 al 1983, che favorì la prima ascesa da palazzinaro di Silvio Berlusconi, suo confratello nella Loggia massonica P2, concedendogli fidi sconfinati per costruire Milano 2 e Milano 3. La ragione è che Cresti è morto da poco, il 6 febbraio del 2012, e forse non si è fatto in tempo a dedicargli una strada cittadina. Sua figlia Lucia Cresti, grande collezionista d’arte contemporanea, era assessore alla Cultura di Siena, ma è decaduta pochi mesi fa con le dimissioni del sindaco del Pd Franco Ceccuzzi. Dalla P2 alla P4 il passo è breve e nelle carte dell’inchiesta più recente, per la quale il piduista Luigi Bisignani ha patteggiato una pena di un anno e sette mesi, chi ti compare tra i possibili Bisignani boys? Alessandro Daffina della Banca RotHschild che fu advisor di un prestito per coprire l’acquisto di Antonveneta a un prezzo spropositato.
Ecco un piccolo test di portanza, come si dice, del pilastro massonico. Che tuttavia è soltanto uno di quelli che sorreggevano la "boriosa autosufficienza" di Siena, come la definì Ceccuzzi, prima che al Monte irrompessero Alessandro Profumo e Fabrizio Viola a tentare di scardinare il Sistema, permettendo di svelare lo scandalo dei derivati. Sbaglierebbe chi pensasse soltanto a una storia di grembiulini, perché nel fango che viene giù da Rocca Salimbeni e da Palazzo Sansedoni e invade ormai Piazza del Campo c’è una sorta di "ritratto di famiglia italiana" che non esclude quasi nessuno: dalla Massoneria alla Chiesa, dall’Università alla borghesia industriale, dalla burocrazia fino alla grande finanza nazionale. E naturalmente i partiti: non solo il Pci-Ds-Pd, ma anche il Pdl, che qui qualcuno definisce un Pd con una elle in più.
Denis Verdini, a Rocca Salimbeni è come a casa sua, come lo è ancora il suo capo, che utilizza il Monte dei Paschi per pagare i conti delle olgettine. L’homo verdinanus al Monte è Andrea Pisaneschi, portato alla presidenza di Antonveneta, il boccone costoso e indigesto che ha terremotato i conti di Siena. Praticamente è lui il bancomat personale del coordinatore nazionale del Pdl, non solo per le inesauribili esigenze familiari, ma anche per quelle aziendali degli amici. Come quel Riccardo Fusi dello scandalo dei Grandi eventi della Protezione civile, titolare di una società praticamente fallita, cui fu fatto pervenire un grazioso prestito di 150 milioni di euro. Soltanto 110 milioni è costata invece la Imco di Salvatore Ligresti, di cui sono stati rilevati i debiti. Tutti sapevano e tutti tacevano. Perché nessuno dei tanti chiusi nella "boriosa sufficienza" poteva dire di essere fuori dalle colate di fango del potere.
Giuseppe Mussari, che l’assise dei banchieri volle suo presidente per la seconda volta, è sotto processo con un’altra decina di persone anche per Ampugnano. Che cosa è? Immaginate la pista di tre chilometri di un aeroporto internazionale piazzata a Roma tra Piazza Venezia e Piazza del Popolo. Questo è più o meno il progetto Ampugnano, da realizzare, dopo la privatizzazione e l’assegnazione al Fondo Galaxy, alle porte del centro cittadino di Siena, per il quale l’ex presidente del Monte è accusato di turbativa d’asta. Presidente dell’aeroporto fu nominato, con l’assenso di Ceccuzzi, Enzo Viani, tesoriere del Grande Oriente d’Italia, la maggiore osservanza massonica in Italia, di cui è Gran Maestro l’avvocato ravennate Gustavo Raffi, che con il Monte ha rapporti professionali di antica data. Ex dipendente del Monte, Viani alle primarie per il sindaco di Firenze si schierò contro Matteo Renzi e a favore di Graziano Cioni, ex assessore fiorentino finito in una brutta storia sui terreni di Ligresti. I terreni, le speculazioni immobiliari, il cemento: dov’è che non fanno la storia? La fanno anche ad Ampugnano. La privatizzazione e il progetto sciagurato dell’aeroporto internazionale sono legati a un altro progetto faraonico. Quello sulla tenuta di Bagnaia, di proprietà della famiglia Monti-Riffeser, dove convolarono a nozze Pierferdinando Casini e Azzurra Caltagirone, che colà sta realizzando decine di ville per una clientela internazionale di golfisti, che ha bisogno dell’aeroporto sotto casa per arrivare da ogni parte del mondo. Operazione targata Mussari-Mps-Pd? Ma per carità, come al solito dentro ci sono tutti. Tanto più che Riffeser è padrone del gruppo editoriale che controlla La Nazione, Il Resto del Carlino e Il Giorno, di cui nessuno vuole perdere l’amicizia. Per appoggiare l’operazione aeroporto internazionale al ministero e all’Enac viene assoldato il senatore del Pdl Franco Mugnai, molto amico dell’allora ministro dei Trasporti Altero Matteoli.
Se è vero quel che dice Mario Monti, che destra e sinistra non esistono più (ma non è vero) Siena è il laboratorio precursore della perdita delle diversità. Prendete la gloriosa Università, che naturalmente è rappresentata nella Fondazione Mps, insieme a Comune, Provincia, Regione e Arcidiocesi. Almeno tre rettori hanno contribuito a mettere insieme un buco di 200 milioni di euro, un dissesto per cui sono state rinviate a giudizio per peculato una ventina di persone, tra cui gli ex rettori Piero Tosi e Silvano Focardi. Per far fronte al buco sono stati venduti alcuni gioielli, come il complesso di San Niccolò. Indovinate chi lo ha comprato? Franco Caltagirone, fino a qualche mese fa vicepresidente del Monte, per 74 milioni. E lo ha subito riaffittato a 120 milioni per ventiquattro anni.
Ostriche e aragoste consumate in gran quantità con denari pubblici sono diventate un po’ l’icona degli scandali seriali che l’Italia sta affrontando negli ultimi mesi. Potevano mancare in uno scandalo universitario? Figurarsi. E infatti negli atti d’accusa figura l’acquisto con soldi dell’ateneo di 360 chili di aragoste destinate alla contrada della Chiocciola. I magistrati, gentili, hanno scritto che sembra "materiale non pertinente". Intanto le rette sono diventate le più alte d’Italia. Tanto per gradire, infine, l’attuale rettore Angelo Riccaboni è al centro di un’inchiesta riguardante presunte irregolarità avvenute nelle votazioni per la sua elezione. Per pietà nei confronti dei lettori tralasciamo altre inchieste a carico di consiglieri d’amministrazione e semplici professori, come quella per rimborsi gonfiati per l’organizzazione di master e corsi di aggiornamento.
Giuseppe Mussari, prima di essere trasformato in banchiere, era un avvocato penalista. E di recente è rientrato nel ruolo per difendere un prete, don Giuseppe Acampa, accusato di una sulfurea vicenda: un incendio dentro la Curia vescovile per far sparire documenti relativi alla vendita di lasciti alla Chiesa e, in particolare, del complesso immobiliare del Commendone all’industriale delle scarpe padovano René Caovilla. Come penalista Mussari ha vinto e il suo assistito è stato assolto. Ma nella Chiesa senese gli strascichi sono devastanti, tra voci, sospetti, trame e scontri. "Una desolante caduta all’interno della comunità ecclesiale e in particolare del presbiterio", ha scritto al settimanale diocesano don Andrea Bechi, ex segretario dell’arcivescovo Antonio Buoncristiani.
Lo scandalo del Monte spariglia ogni gioco. Nel paradiso denso di celestiali armonie, ora sono tutti contro tutti.
a.statera@repubblica.it

(28 gennaio 2013)

INGROIA - REPUBBLICA.IT
ROMA - "Se ne sente l’odore". Antonio Ingroia risponde così alla domanda se pensa che alla fine nella vicenda dei Monti dei Paschi di Siena possa uscire fuori anche una storia di tangenti. "Si tratta comunque di un grave scandalo - aggiunge il leader di Rivoluzione civile- che toccherà alla magistratura approfondire".
"E’ evidente - prosegue l’ex magistrato- che ci sia un malsano intreccio tra politica ed affari. Ribadisco come una delle nostre priorità sarà quella di cacciare la politica dalle banche e dalle fondazioni bancarie". Quanto a eventuali ricadute elettorali in seguito al caso, Ingroia risponde: "Non credo che sia questo il problema".
Sul fronte delle indagini, ci sarebbero anche 2 verifiche fiscali, una appena iniziata e l’altra conclusa, a pendere su Mps. Secondo quanto si apprende la prima riguarderebbe la vendita da parte del Monte di Palazzo dei Normanni, a Roma, per 142 mln; la seconda su una plusvalenza di 120 mln scaturita dal rastrellamento da parte di Mps di azioni Unipol.
Dal canto suo, Bankitalia ha di nuovo escluso qualsiasi ipotesi di commissariamento della Banca senese. L’argomento non è in discussione. E’ quanto si limitano a rilevare fonti della Banca d’Italia, rilevando come il governatore Ignazio Visco a Davos abbia già negato "azioni immediate". Anche Profumo ha confermato che non ci sarà alcun "commissariamento"
di Mps.
In ogni caso, per contribuire all’uscita dalla crisi in cui versa la banca, la Fondazione Mps, per la propria "sopravvivenza" e il suo equilibrio economico e finanziario, non trascurerà la possibilità di procedere alla cessione di un altro pacchetto di partecipazione in BMps con relativa discesa sotto alla soglia del 33,5%.
Intanto l’Unione europea invita il nostro Paese a fare chiarezza sulla vicenda: "’Spetta alle autorità italiane
chiarire come la situazione ha funzionato in passato e cosa è successo esattamente", dice Stefaan De Rynck, portavoce del commissario al mercato interno Michel Barnier, assicurando che con la futura supervisione Ue "ci saranno cambiamenti".
Quanto sta avvenendo ora per Mps non ha un impatto diretto nè "legami", ha assicurato De Rynck, sui negoziati in corso per definire il meccanismo di ricapitalizzazione diretta delle banche e la questione dei "legacy asset". E ad evitare situazioni come quella di Mps, in ogni caso, in futuro, ci sarà la nuova supervisione unica sotto la guida della Bce.
(28 gennaio 2013)

REPUBBLICA.IT
MILANO - Mentre emergono sempre più particolari sul sistema-Monte dei Paschi e sulla genesi dell’attuale scandalo sui contratti derivati, alla riapertura dei mercati gli investitori continuano ad acquistare le azioni Mps, che inizialmente faticano a fare prezzo per poi sgonfiarsi a fine seduta nonostante gli scambi sostenuti (segui il titolo). I titoli della banca senese sono reduci dal rally in doppia cifra di venerdì, preceduto però da tre giornate di passione.
Complessivamente l’intera Piazza Affari si è mossa in rialzo con l’indice Ftse Mib che a fine giornata guadagna lo 0,96% a quota 17.897 punti, ai massimi dal luglio 2011 nonostante l’Istat abbia comunicato dati preoccupanti sul fronte della fiducia dei consumatori, con l’indice relativo che a gennaio è calato a 84,6 punti (85,7 a dicembre). Si tratta del livello più basso dall’inizio delle serie storiche, cioè dal gennaio del 1996. Male anche la situazione degli stipendi, che crescono meno dall’inflazione. Tra i singoli titoli italiani, spicca anche la performance di A2a (guarda il titolo) su stime di conti positivi. Nel resto del Vecchio continente, il Cac 40 di Parigi segna +0,07%, il Ftse 100 di Londra cresce dello 0,16%, mentre il Dax di Francoforte cede lo 0,32%. Dopo la chiusura positiva di venerdì, con lo S&P 500 che ha messo a segno la più lunga serie di rialzi dal 2004 ed ha terminato sopra la soglia psicologica dei 1.500 punti, gli indici della Piazza newyorkese si muovono con cautela. Il Dow Jones è invariato come l’S&P 500, mentre il Nasdaq avanza dello 0,3%.
Lo spread, la differenza tra il rendimento offerto dai Btp italiani decennali e dagli omologhi Bund tedeschi, è stabile a quota 250 punti base. La cedola dei bond italiani sul mercato secondario è del 4,2%. Il Tesoro ha assegnato oggi tutti i 4 miliardi di euro di Ctz 2014 con un rendimento in calo all’1,434%, ai minimi dal 26 marzo 2010, dall’1,884% dell’asta di dicembre. La domanda ha raggiunto i 5,8 miliardi di euro. Assegnati anche Btp indicizzati all’inflazione con scadenza 2018 per 2,63 miliardi di euro, meno del target massimo previsto di 2,75 miliardi, a fronte di una domanda che ha raggiunto 3,62 miliardi. Il rendimento medio è stato pari all’1,80%. Torna positivo, intanto, per la prima volta da giugno scorso il tasso sui titoli di Stato tedeschi con scadenza a un anno. Nell’asta odierna il rendimento medio è salito allo 0,1319% da -0,0085% precedente. Assegnati titoli per 2,07 miliardi di euro. La domanda ha raggiunto i 3,635 miliardi.
L’euro resta in linea con i livelli di apertura, con la moneta unica che viene scambiata a quota 1,345 contro il dollaro (1,3462 venerdì scorso alla chiusura di Wall Street). Lo yen è a quota 121,95.
A livello macroeconomico, negli Usa gli ordini di beni durevoli hanno segnato a dicembre un balzo mensile del 4,6% contro attese per un +2%. Bene anche l’indice Pmi di Chicago sull’attività manifatturiera, salito a 94,7 punti a dicembre dai 94,1 punti di novembre, calano a sorpresa, invece, i compromessi per la compravendita di case: sono scesi del 4,3% lo scorso dicembre. La decisione di rinviare a metà maggio il tetto dell’indebitamento per Washington ha invece allontanato il rischio che Fitch effettuasse un downgrade sul rating americano. La tripla A, per il momento, non è più sotto osservazione. Sul fronte corporate, Caterpillar ha annunciato utili netti in rialzo del 15% nel 2012 a 5,68 miliardi di dollari: 8,49 dollari ad azione, meno degli attesi 9,12 dollari.
Intanto buone notizie sono arrivate dall’Asia, dove il governo Giapponese ha rivisto in rialzo le stime di crescita del prodotto interno lordo (Pil) nell’esercizio a fine marzo 2014: sono passate a +2,5% da un precedente +1,7%. Nell’esercizio a fine marzo 2013, il Pil è atteso in crescita dell’1%, dopo essere salito solo dello 0,3% nel periodo precedente. A sostenere l’espansione dell’economia è soprattutto il miglioramento della domanda interna a seguito del massiccio piano di rilancio previsto dal nuovo governo guidato dal premier Shinzo Abe. Anche le recenti decisioni della Banca del Giappone (BoJ) in direzione di una politica monetaria più accomodante con un target di inflazione al 2% sono considerate un sostegno per la congiuntura del Paese. Per il nuovo esecutivo il prossimo bilancio segnerà anche un ritorno all’inflazione (+0,5%).
Le indicazioni sono arrivate dopo che la borsa di Tokyo aveva registrato una flessione dello 0,94% dell’indice Nikkei nella prima seduta di settimana. Sul listino, che ha inizialmente superato quota 11 mila punti (un livello che non toccava dall’aprile 2010) hanno pesato un lieve apprezzamento dello yen e soprattutto le attese per i risultati societari. Alla chiusura dei mercati Toyota ha annunciato vendite record nel 2012 (+22,6% a 9,75 milioni di auto) che le hanno consentito di riconquistare il primato tra le case automobilistiche. Nel resto dell’Asia spicca la performance di Shanghai (+2,41%); le indicazioni positive riguardano l’andamento dei conti delle società industriali cinesi. I profitti delle maggiori industrie dell’ex Celeste impero sono infatti saliti l’anno scorso del 5,3% rispetto al 2011. Nel solo dicembre l’aumento è stato di ben 17 punti percentuali. Bene anche la fiducia dei consumatori sudcoreani, al picco degli ultimi otto mesi.
Quanto alle materie prime, il petrolio è in rialzo sul mercato elettronico di New York con i contratti sul Wti con consegna a marzo che vengono scambiati a 96,04 dollari al barile; il Brent sale a 113,28 dollari. Andamento al rialzo anche per l’oro, che sui mercati dell’Asia viene scambiato a 1.660,10 dollari l’oncia.
(28 gennaio 2013)

PATUELLI ELETTO ALL’ABI - REPUBBLICA.IT
MILANO - Avevano anticipato "la neccessità e l’urgenza di indicare in tempi brevi una candidatura unica, forte e autorevole": sono stati tempi brevissimi. Con una riunione straordinaria del comitato di presidenza dell’Abi, infatti, è stato indicato all’unanimità Antonio Patuelli, tra i favoriti del primo momento, alla presidenza dell’Associazione della banche italiane, in sostituzione del dimissionario Giuseppe Mussari.
Sarà adesso il Comitato esecutivo, anch’esso straordinario, di giovedì a nominare Patuelli, presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna e vice presidente dell’Acri, nonché fino al luglio scorso vice dello stesso Mussari all’Abi. E’ stata così rispettata la regola dell’alternanza tra esponenti di grandi banche e piccoli istituti, che era stata subito ricordata dopo le traumatiche dimissioni di Mussari e fa parte dello statuto dell’Associazione: accanto a Patuelli era apparso in un primo momento favorito anche Camillo Venesio, vice presidente vicario dell’Abi e in questa veste depositario della lettera di dimissioni di Mussari. Oggi era presente alla riunione, pur non facendo parte del Comitato, Alessandro Profumo, presidente del Montepaschi.
Per due legislature Patuelli è stato deputato a Montecitorio (eletto con il Partito liberale, di cui è stato anche vice presidente), dove ha fatto parte delle Commissioni Tesoro e Bilancio, Agricoltura, Bicamerale per le Riforme Istituzionali. E’ stato anche sottosegretario alla Difesa nel Governo Ciampi.
(28 gennaio 2013)

NO AL COMMISSARIAMENTO - CORRIERE.IT
er il Monte dei Paschi di Siena non c’è alcuna ipotesi di commissariamento. A dichiararlo fonti della Banca d’Italia che hanno anche tenuto a precisare come a Davos il governatore Ignazio Visco abbia già negato «azioni immediate». L’ipotesi commissariamento, è stato sottolineato, non è applicabile ai termini della normativa vigente.
NUOVI AIUTI - Intanto i vertici della banca senese hanno resto noto che «il documento su derivati BMps al centro dello scandalo non risultava, prima del suo rinvenimento, agli atti della Banca. Pertanto non risultava segnalato in alcun modo alla Banca d’Italia». A precisarlo è stato l’amministratore delegato di Mps, Fabrizio Viola durante un incontro con la stampa estera. Il dirigente ha anche precisato di non aver trovato alcuna prova che per l’acquisto da 9 miliardi di euro di Antonveneta, nel 2007, l’istituto senese abbia pagato delle tangenti. Viola ha anche escluso che Mps, nonostante le perdite collegate a prodotti strutturati emerse negli ultimi giorni, abbia bisogno di nuovi aiuti statali oltre ai 3,9 miliardi di Monti bond approvati dall’assemblea.

SARZANINI SUL CORRIERE
ROMA - Un patto tra acquirente e venditore per truccare i conti e far salire il prezzo di Antonveneta. Un accordo non scritto tra gli spagnoli del Santander e gli italiani di Monte Paschi per dividersi la «plusvalenza» di quell’affare. Gli atti contabili, le comunicazioni interne, le relazioni trasmesse agli organi di vigilanza sequestrate otto mesi fa per ordine della magistratura di Siena e analizzate dagli specialisti della Guardia di Finanza, hanno consentito di trovare indizi concreti su questo intreccio illecito. E di aprire una nuova fase d’indagine che si concentrerà sui testimoni da ascoltare. Personaggi che potrebbero conoscere dettagli inediti di quanto accadde nel 2007 quando Santander acquistò la banca per 6,3 miliardi di euro e appena due mesi dopo riuscì a venderla a Mps per 9,3 miliardi di euro con un’aggiunta di oneri che fecero lievitare la cifra a 10,3 miliardi. Un ulteriore miliardo che potrebbe rappresentare la «stecca» aggiuntiva e coinvolge direttamente Jp Morgan.

Mps, parla l’ad Viola: «Qui la politica non si è vista»
di Michele Novaga
L’armadio dei documenti - Nell’elenco c’è anche il banchiere Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente dello Ior e da vent’anni responsabile di Santander per l’Italia che ha più volte incontrato l’ex presidente Giuseppe Mussari, come dimostrano le agende sequestrate a quest’ultimo. Lo scorso anno, indagando sui conti dell’Istituto opere religiose, le Fiamme gialle sequestrarono nel suo ufficio un armadio pieno di documenti sulle operazioni condotte da Santander nel nostro Paese. E contenevano i nomi di alcuni consulenti che negli anni hanno affiancato l’istituto spagnolo e potrebbero aver avuto un ruolo importante anche nella vendita di Antonveneta. Tra i nomi spicca quello di Marco Cardia, avvocato che si occupò di alcuni aspetti dell’acquisizione per conto di Mps all’epoca in cui suo padre Lamberto era presidente della Consob. Sono diverse le persone che in questi mesi avrebbero già aiutato gli uomini del Nucleo valutario a ricostruire il percorso dei soldi. Denaro trasferito all’estero e in parte fatto rientrare grazie allo scudo fiscale. Ma ancora molto ne manca all’appello e soprattutto altre speculazioni sono state effettuate negli ultimi mesi. Per questo, come viene confermato dai magistrati senesi, si continua a indagare pure per aggiotaggio. Non escludendo che anche in queste ore ci siano nuove manovre illecite sul titolo. Testimone chiave in questa fase si è dimostrato Nicola Scocca, l’ex direttore finanziario della Fondazione che sarebbe stato interrogato già quattro volte.
Il patto tra le banche - Sono gli ordini di perquisizione notificati il 9 maggio scorso a svelare quale sia il nocciolo dell’inchiesta. E per quale motivo siano finiti nel registro degli indagati l’ex direttore generale Antonio Vigni e gli ex sindaci Tommaso Di Tanno, Leonardo Pizzichi e Pietro Fabretti. Adesso l’indagine si è allargata coinvolgendo Mussari, il presidente della Fondazione Gabriello Mancini, l’ex direttore generale dell’ente Mario Parlangeli e l’attuale, Claudio Pieri. E con un faro acceso sull’attività di Gianluca Baldassarri, direttore dell’Area finanza fino allo scorso anno. Dopo l’esborso di oltre 10 miliardi e l’accollo dei debiti per ulteriori otto miliardi, bisogna ripianare il bilancio. Le ricapitalizzazioni e i prestiti del Tesoro non sono evidentemente sufficienti. E così i titoli Mps in portafoglio alla Fondazione finiscono in pegno a undici istituti di credito, una sorta di cordata guidata da Jp Morgan che coinvolgeva anche Mediobanca. I finanziamenti arrivano attraverso contratti di Total Rate of Return Swap (Tror) e per questo i magistrati chiedono ai finanzieri di sequestrare le «note propedeutiche agli accordi di stand still siglati con la Fondazione, la documentazione relativa alle contrattazioni che hanno determinato il rilascio di garanzie in favore delle banche o del "Term loan" da parte della Fondazione Mps, la loro novazione, documentazione concernente il ribilanciamento del debito contratto dalla Fondazione».
Le manovre speculative - L’esame dei documenti effettuato in questi otto mesi dimostra che per sanare la voragine nei conti aperta con l’acquisto di Antonveneta furono messe in piedi operazioni ad altissimo rischio come i bond fresh del 2008 e quelle sui derivati. Ma non solo. I magistrati sono convinti che il valore delle azioni sia stato gonfiato dai dirigenti di Mps e che queste manovre speculative siano andate avanti anche negli anni successivi, in particolare tra giugno 2011 e gennaio 2012.
Obiettivo: nascondere un disastro finanziario che i vertici del Monte Paschi avevano invece escluso. Non a caso nei decreti di perquisizione del maggio scorso viene evidenziato come «la documentazione acquisita e le informazioni testimoniali fanno emergere l’ostacolo all’attività di vigilanza della banca d’Italia poiché risulta che organi apicali e di controllo di Mps, contrariamente al vero rappresentavano che la complessiva operazione realizzava il pieno e definitivo trasferimento a terzi del rischio d’impresa e che la stessa non contemplava altri contratti oltre quelli già inviati».
Il falso su Jp Morgan - Agli atti c’è una lettera trasmessa il 3 ottobre 2010 dal direttore generale di Mps Vigni a Bankitalia sull’aumento di capitale da un miliardo riservato a Jp Morgan. Dieci giorni prima Palazzo Koch aveva chiesto «delucidazioni circa la computabilità della complessiva operazione di rafforzamento patrimoniale da un miliardo di euro nel core capital ». Vigni risponde che «in ordine all’assorbimento delle perdite Jp Morgan ha acquistato le proprietà delle azioni senza ricevere alcuna protezione esplicita o implicita dalla Banca». Affermazioni «non rispondenti al vero» secondo i pubblici ministeri che contestano al direttore generale di aver mentito «anche sulla flessibilità dei pagamenti riconosciuti alla stessa Jp Morgan». E di aver provocato un’ulteriore, gravissima perdita finanziaria a Mps.
Fiorenza Sarzanini

L’ABC DI MPS
Dai derivati agli scout, le parole-chiave di Mps
Quello che c’è da sapere sulla vicenda che fa tremare la finanza e la politica. La parabola Mussari, il ruolo della Fondazione
ABI- È l’ Associazione dei banchieri, la confindustria delle banche. Al cui vertice Giuseppe Mussari, l’ex numero uno di Mps, era stato confermato, sia pure dopo una «pausa di riflessione», con l’unanimità dei voti dei cosiddetti «saggi» lo scorso giugno, a bufera giudiziaria già in corso. Le dimissioni di Mussari da presidente dell’Abi diventano inevitabili martedì 22 gennaio quando emergono nuovi pesanti capitoli di finanza tossica al Montepaschi, la banca più antica del mondo (1472) e la prima, in Italia, a operare nel credito fondiario.
ALEXANDRIA - È il nome di un’operazione di ristrutturazione del debito realizzata da Mps con la banca giapponese Nomura sulla quale sono state stimate perdite di almeno 220 milioni e ipotizzate diverse irregolarità. «Il Fatto Quotidiano» ha indicato a quota 740 milioni le perdite sull ’operazione cosiddetta pronti contro termine. Un contratto con il quale il venditore si impegna con il compratore a riacquistare titoli ceduti a un prezzo più alto a una certa data, il termine. Nel caso di Alexandria, i titoli in questione erano Btp a 30 anni. Le cronache finanziarie hanno parlato a lungo anche dell’ operazione chiamata Santorini, mentre più di recente è stato ipotizzato che a Siena i derivati fossero una pratica assai diffusa.
ANTONVENETA - La madre di tutti i guai di Giuseppe Mussari si chiama Antonveneta, la banca nata dal matrimonio tra due piccoli istituti di Padova: uno cattolico, l’Antoniana, l’altro laico, la Popolare Veneta finito prima nel mirino degli scalatori immobiliaristi, più noti come "i furbetti", e poi caduta in mani euroopee, prima agli olandesi di Abn Amro e infine agli spagnoli del Santander. E da questi ultimi che Mussari rileva l’istituto, battendo un’offerta di Bnp Paribas, e pagandolo una cifra stellare, 9 miliardi di euro, alla vigilia della grande crisi: era l’autunno del 2007. Mussari realizzava il sogno di fare di Siena la terza banca italiana, alle spalle di Intesa Sanpaolo e Unicredit, ed entrare nell’olimpo dei banchieri, dove brillavano gli astri di Alessandro Profumo e Corrado Passera.
(Ansa)(Ansa)
BANCA D’ITALIA - I fatti contestati a Mussari e alla sua gestione risalgono al 2009 quando la Banca d’Italia era presieduta dall’attuale presidente della Bce, Mario Draghi, e la Vigilanza di via Nazionale era affidata ad Anna Maria Tarantola, presidente della Rai. Via Nazionale, oggi guidata da Ignazio Visco, ha respinto con decisione le accuse sui presunti mancati controlli, denunciando a sua volta l’occultamento dei documenti sulle operazioni in derivati. Sul tema dei controlli, la polemica è montata fino a sfiorare lo scontro istituzionale. Tanto il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, tanto il premier Mario Monti, hanno confermato «piena fiducia» nell’Autorità di Vigilanza.
BOND (MONTI E TREMONTI) - I Tremonti-bond furono lo strumento con cui il ministro dell’Economia Giulio Tremonti cercò di sostenere nell’anno horribilis 2009 le capitalizzazzioni delle banche e in definitiva la concessione di credito a imprese e cittadini. Un prestito pubblico concesso dietro l’emissione, da parte delle banche, di obbligazioni (bond) riservati al governo. Ne fecero utilizzo, oltre a Mps, anche la Popolare di Milano, il Banco Popolare, il Creval. I Monti-bond, il prestito messo a disposizione dal governo tecnico, sono invece riservati a Mps. Si tratta di 3,9 miliardi di finanziamento a un tasso piuttosto impegnativo, il 9%.
Tra i bond va inserito anche il prestito Fresh (acronimo dell’interminabile definizione di Floating rate equity-linked subordinated hybrid preferred securities). E’ il prestito da 1 miliardo sottoscritto da Mps con Jp Moprgan per finanziare, in parte, l’acquisizione di Antonveneta.
CREDINORD- Era la banca di riferimento della Lega Nord , sostenuta dal leader Umberto Bossi. L’esperienza è finita dopo l’emersione di irregolarità gestionali e dopo che la Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani, a suo volta travolta dalle inchieste giudiziarie, dovette abbandonare il salvataggio dell’istituto che aveva nel simbolo il Sole delle Alpi. È stata citata più volte nelle repliche del segretario Pd Pierluigi Bersani alla Lega Nord che ha accusato i Democratici di gestione politica del Montepaschi.
DERIVATI- Sono contratti di finanza strutturata che permettono, almeno in origine, di assicurare il rischio assunto su altre operazioni. Una sorta di scommessa sulla scommessa. L’abuso ne ha fatto nel tempo strumenti molto rischiosi, una formidabile leva speculativa, capace di offrire guadagni insperati o di provocare enormi rovesci sui mercati planetari. Il caso Lehman Brothers insegna. O forse insegna troppo poco, visto che la quantità di derivati in giro per il mondo fa parlare addirittura di «bomba a orologeria». Si è sempre detto che le banche italiane hanno fatto scarso uso di derivati. Nel caso di Mps, non era vero. Il dirigente della banca che diede l’allarme sul massiccio uso di questi contratti fu cacciato.
GRILLO (BEPPE) - Ancor prima di strutturare la discesa, o la salita, in politica Beppe Grillo era attivista alle assemblee societarie. Il leader di M5Stelle non si è perso l’assemblea dei soci di Mps alla quale ha partecipazione da piccolo azionista denunciando un «buco» anzi, «una voragine» da 14 miliardi.
MAGISTRATURA - La magistratura sta indagando in diverse direzioni: sui derivati e sui contratti di finanza strutturata siglati con banche internazionali, sui bonus ai manager, su presunte tangenti pagate per l’acquisizione Antonveneta. E da ultimo, sulle ipotesi di false comunicazioni agli organi di Vigilanza e su quelle di falso in bilancio.
MUSSARI, GIUSEPPE- La chioma fluente gli è costata l’appellativo di Belli Capelli, ma al fascino latino e ai suoi boccoli fluenti Mussari deve almeno un po’ della sua irresistibile ascesa a Siena. Figlio di un cardiologo di Catanzaro, e di un’ostretica senese, il giovane Mussari sbarca in Toscana, si dice, anche per dimenticare un lutto straziante, la morte della giovane fidanzata. Studia prima medicina, poi passa a legge. Come avvocato, dicono le biografie non autorizzate, entra nelle grazie di un editore locale, Franco Masoni, che gli apre le porte dei salotti che contano nella chiusissima Siena. Milita nella Fgci. Di Masoni lui sposa la ex moglie, Luisa Stasi, un’imprenditrice che avrebbe oggi un’esposizione con Mps per 13 milioni. Classe 1962, Mussari è diventato presidente della Fondazione Montepaschi a 39 anni, presidente della banca senese a 44 e presidente dell’Abi a 48.
POLITICA E BANCHE 1- La Fondazione Mps è l’azionista di maggioranza col 34% (fino a non molto tempo fa aveva la maggioranza assoluta col 51%) della banca senese. Una presenza massiccia nel capitale strenuamente difesa, nel tempo, a suo di debiti. La debordante influenza della Fondazione, dove la quasi totalità del vertice è nominata dalle amministrazioni della regione «rossa», da sempre governata dal Pci-Ds-Pd, è uno degli snodi di questa vicenda. Dei 16 che siedono nella «deputazione», il board della Fondazione, la metà vengono scelti dal comune, cinque dalla provincia, uno dalla regione.
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POLITICA E BANCHE 2 La Fondazione stessa viene considerata una cinghia di trasmissione tra la politica e la banca: un legame che imbarazza il Pd. E uno spettro che agita la campagna elettorale . Da più parti ora si chiede che il legame politica-credito venga risolto con l’uscita delle Fondazioni (vigilate dal ministero dell’Economia) dal capitale delle banche. Sebbene Mps sia l’unica a vedere una presenza tanto massiccia , il sistema italiano del credito è stato di fatto sostenuto nella crisi da questi soci istituzionali (sono 88 con un patrimonio di 43 miliardi) , dopo averne accompagnato a suo tempo la privatizzazione. Guzzetti ha sempre rivendicato il ruolo positivo delle Fondazioni, riconoscendo tuttavia l’anomalia senese: il loro statuto, ha detto, è illegittimo. Uno dei più accesi detrattori della tesi di Guzzetti è Luigi Zingales: l’economista italiano di stanza a Chicago, tra i fondatori di «Fermare il declino», porta avanti da mesi la battaglia contro le Fondazioni in banca.
SCOUT E NUOVI CORSI - Da più parti descritto come ex braccio destro di Mussari ai tempi delle facili scorribande nel mondo dei derivati, Alfredo Monaci ricorre alla «Promessa» per rassicurare sul fatto che «Mps non sarà la nuova Parmalat...avete la mia parola di scout». Sulla candidatura con Lista Civica di Mario Monti dell’ex manager della banca senese si è scatenata una mini-bufera. «Non ne sapevo nulla - si è difeso il professore- Sono candidature che vengono dal territorio». Si dice che Monaci vedesse con il fumo negli occhi l’arrivo a Siena di un altro scout, Alessandro Profumo. «Ce la faremo» ha promesso ai soci il neo presidente della banca.
Paola Pica

ILMESSAGGERO.IT
VALENTINA ERRANTE

dal nostro inviato
Valentina Errante
SIENA Una memoria di otto pagine e un’agenda. Due nomi eccellenti e poi un terzo, semisconosciuto. Il grande affare Mps-Antonveneta poggia su questi pochielementi; ma ai pm senesi sembrano essere sufficienti per scrivere la vera storia dell’acquisizione bancaria più svantaggiosa degli ultimi decenni. Utilizzando le dichiarazioni dell’ex numero uno dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, di Lamberto Cardia, al vertice della Consob fino al 2010, e di Nicola Scocca, il manager che per primo aveva intuito tutto.
GOLA PROFONDA
Le otto pagine in mano ai magistrati sono firmate proprio da quest’ultimo, Nicola Scocca. Che dopo averle inviate in procura è stato sentito quattro volte. È l’ex direttore finanziario della Fondazione Mps, il polmone economico del Montepaschi.
Lo hanno cacciato alla vigilia dell’operazione Antonveneta, perché si era accorto che qualcosa non andava e lo aveva messo nero su bianco: «la Fondazione Mps nell’arco temporale dal 2001 al 2005 si stava comportando come una famiglia che spendeva più di quanto si fosse posto come obiettivo di guadagno nel medio-lungo termine, in altre parole stava erogando non guadagni bensì patrimonio.. La voce contabile che distorceva in maniera netta tale calcolo di rendimento era rappresentata dalla partecipazione in Banca Mps che negli anni passati era contabilizzata a euro 1,08, livello molto inferiore ai corsi di mercato». E ancora oggi, sospettano i pm, il titolo Mps sarebbe gonfiato da speculazioni irregolari, che sarebbero andate avanti fino allo scorso 2012.
BUCO NERO
È grazie alle sue ricostruzioni che i magistrati adesso sanno come il patrimonio della Fondazione Mps sia passato dai 13 miliardi che c’erano nel 2005, al miliardo e mezzo di oggi. Scocca ha descritto nei dettagli quello che in procura viene definito un sistema clientelare, che prevedeva l’erogazione di capitali ad amici, a politici e imprenditori.
LETTERA SEGRETA
È anche grazie alle indicazioni di Scocca che i magistrati hanno saputo decifrare la lettera riservata con cui fu organizzata la cosiddetta operazione Fresh 1, con la quale Mps ricevette un miliardo di euro da Jp Morgan dissimulando questo prestito e facendolo passare per un aumento di capitale. L’anno è il 2007, e il Montepaschi di Giuseppe Mussari ha le necessità di esibire quel denaro per avere il via libera da Bankitalia per l’acquisto di Antonveneta.
L’AGENDA DI MUSSARI
Il ruolino di marcia dell’operazione è scandito dalla elegante agenda Pineider di Giuseppe Mussari e dagli appuntamenti che si susseguono. Al 30 maggio, è segnato un appuntamento a Roma, di prima mattina, con Ettore Gotti Tedeschi, il banchiere che cura gli interessi del Banco Santander in Italia. È lui il venditore di Antonveneta; e secondo i magistrati in quell’occasione Mussari mette a punto i dettagli dell’operazione dopo aver avuto un incontro la sera prima con il suo direttore generale Antonio Vigni. Lo stesso che finirà indagato per aver nascosto a Bankitalia la reale natura di quell’operazione Fresh 1, che poi consentirà di acquisire Antonveneta all’incredibile prezzo di oltre dieci miliardi. E che potrebbe essere lievitato a diciotto.
FARO CONSOB
Il titolo Antonveneta era stato gonfiato ad arte, e i pm sentiranno anche Lamberto Cardia, ex numero uno Consob. Perché suo figlio Marco era consulente della stessa Mps.