Umberto Bottazzini, Domenicale, IlSole24Ore 27/01/2013, 27 gennaio 2013
PERCHÉ IL CIELO DI NOTTE È BUIO?
Ci sono paradossi e paradossi, e la storia della scienza ne è ricca. Fin dall’antichità. Paradossi logici, come quello del mentitore attribuito a Epimenide di Creta («tutti i cretesi sono mentitori») che si può riformulare come: «Questa affermazione è falsa». Quando si considera ciò che essa significa, il paradosso diventa evidente. E poi ci sono i paradossi percepiti, quelli che nascondono un trucco, un gioco di prestigio o illusioni ottiche. Oppure si celano in indovinelli come il "dilemma dei tre prigionieri" proposto una volta da Martin Gardner, e riformulato nella versione del "gioco delle tre scatole" in un quiz televisivo americano di grande successo. Un gioco che rivela la grande potenza di quella che in matematica si chiama "probabilità condizionale", spiegata con grande efficacia in questo libro. E poi ci sono affermazioni che sembrano paradossali, ma la cui natura contraddittoria scompare a un esame più ravvicinato. Come la storiella divertente che Jim Al-Khalili racconta nelle pagine introduttive. Un fisico scozzese mio amico, dice Al-Khalili, sostiene che ogni volta che uno scozzese si sposta dalla Scozia all’Inghilterra, il quoziente d’intelligenza medio aumenta in entrambi i paesi. Come può avvenire? La risposta è semplice, spiega il fisico: siccome gli scozzesi sono più intelligenti degli inglesi, uno scozzese che si trasferisce in Inghilterra vi aumenta il quoziente d’intelligenza medio. Tuttavia, siccome lasciare la Scozia per l’Inghilterra è una cosa talmente sciocca che solo uno degli scozzesi meno intelligenti la può fare, ecco perché, quando se ne va, il quoziente d’intelligenza medio in Scozia aumenta. (Si può immaginare che nella versione inglese le parti sono rovesciate). E inglese è Jim Al-Khalili, un fisico teorico nato a Bagdad da padre iracheno e madre inglese, che da anni tiene corsi di relatività al l’università. Al tempo stesso, un grande esperto di comunicazione, di cui dà prova anche in questo libro. I nove "paradossi del mondo" che egli discute hanno a che fare con la fisica, «con questioni profonde sulla natura del tempo e dello spazio e le proprietà del l’universo in scala molto grande e molto piccola». Il primo è vecchio di oltre duemila anni. Lo ha formulato Zenone di Elea nel V secolo a.C. insieme ad altri argomenti oggetto di un recente libro di Vincenzo Fano (I paradossi di Zenone, Carocci editore, pagg. 142 € 10,50) a riprova della loro perdurante attualità. È il paradosso del piè veloce Achille, che in una gara di corsa non arriverà mai a raggiungere una tartaruga alla quale ha concesso un certo vantaggio. Bisognerà aspettare lo sviluppo della moderna analisi infinitesimale per rendersi conto che le somme di infiniti addendi possono avere un valore finito. O mostrare la fallacia di un altro argomento di Zenone, secondo cui una freccia in volo in realtà non si muove. In un recente articolo due fisici hanno descritto «la situazione incredibile in cui un atomo radioattivo, osservato con attenzione e da vicino, non decade mai!». Per rendere l’idea, qualcosa come il vecchio adagio che «il latte, se lo guardi, non bolle». Tutto ciò ricorda il paradosso della freccia, e non per nulla è stato chiamato «effetto quantistico di Zenone», anche se non ha nulla a che fare con i "trucchi" dei logici, «ma molto a che fare con i trucchi ancora più strani che la natura sembra impiegare» a scala atomica, e che oggi si cominciano a comprendere con la meccanica quantistica. Magari cercando di spiegare l’esperimento immaginato da Erwin Schrödinger, dove un certo gatto chiuso in una scatola conduce una vita precaria, è sia vivo che morto, finché non apriamo la scatola e lo guardiamo. Ma non solo la meccanica quantistica. Anche la fisica classica e la teoria della relatività offrono ad Al-Khalili argomenti di natura paradossale. Come quello legato al nome di Olbers, l’astronomo che nel 1823 cercò di rispondere alla domanda, a prima vista banale: perché il cielo di notte è buio? Ma tutt’altro che banale è la risposta. Per secoli gli astronomi si sono affaticati invano, prima di capire che la ragione risiede nel fatto che, come riassume Al-Khalili, «l’universo è iniziato con un grande botto», il Big Bang, e «la luce non ha ancora avuto abbastanza tempo per arrivare fino a noi». O come "il diavoletto di Maxwell", le cui azioni sembrano mettere in discussione il secondo principio della termodinamica, uno dei principi fondamentali della fisica che spiega perché non è possibile il moto perpetuo. E poi i paradossi legati alla teoria della relatività, quello dei gemelli con età diverse, quello del nonno e altri ancora si susseguono nelle pagine di questo libro, che con grande leggerezza ci invita a riflettere su questioni profonde della scienza moderna.