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 2013  gennaio 27 Domenica calendario

LA CRISI DEL MONTE INTERVISTA AD ALESSANDRO PROFUMO «SOGNO UN SOCIO FINANZIARIO DI LUNGO TERMINE» [

Il presidente di Mps: toglieremo da subito il tetto del 4% sui diritti di voto - I Monti bond non danno poteri di governance allo Stato] –
SIENA. Dal nostro inviato
«Se fosse vero quello che si legge sui giornali e l’acquisto di Antonveneta nascondesse una tangente per alzare il prezzo, siamo pronti a rivalerci nei confronti di chi ne ha beneficiato, anche fuori dalla banca». Nel mirino del nuovo corso di Banca Mps, affidato al presidente Alessandro Profumo e all’amministratore delegato Fabrizio Viola, non ci sono solo i dirigenti della passata gestione, ma anche eventuali soggetti esterni al gruppo.
Le parole di Profumo, il giorno dopo l’assemblea che ha sbloccato gli aiuti pubblici nei confronti della banca senese (fino a 4,5 miliardi di Monti bond e fino a 2 miliardi d’interessi), esprimono la determinazione dei vertici di Rocca Salimbeni nel marcare la distanza tra il "prima" e il "dopo", anche per quanto riguarda il rapporto con la politica: «Oggi siamo completamente autonomi dai partiti», puntualizza Profumo, che in questa intervista conferma l’obiettivo della banca di tornare a produrre utili nel 2013 e la volontà di eliminare dallo statuto il tetto del 4% al diritto di voto nelle assemblee.
Presidente Profumo, non crede che gli aiuti di Stato rappresentino un indiretto controllo del Governo sul gruppo e dunque una nuova ingerenza politica?
No, perchè non è previsto alcun diritto di governance. Il supporto pubblico è necessario per raggiungere i parametri patrimoniali richiesti dall’Eba, l’Autorità bancaria europea, e per dare stabilità e sicurezza finanziaria alla banca. Non siamo in presenza di una nazionalizzazione che considero un’eventualità disgraziata perchè porterebbe allo smembramento del gruppo. Le due manovre sul capitale approvate venerdì, una da 4,5 miliardi e l’altra da 2, sono teoriche e servono a garantire lo Stato che in caso di impossibilità a far fronte agli impegni presi, la banca emetterà azioni proprie per rimborsare il finanziamento del Governo e pagare gli interessi. Ma noi siamo convinti di farcela.
Quando emetterete i Monti bond?
Entro febbraio.
A questo punto, sono tre gli aumenti di capitale per i quali il consiglio d’amministrazione ha chiesto e ottenuto la delega, per un totale di 7,5 miliardi: una cifra enorme...
Bisogna distinguere: la prima delega ci è stata data dagli azionisti in ottobre e riguarda la manovra da un miliardo con esclusione del diritto d’opzione per gli attuali soci, prevista dal piano industriale e finalizzata a rimborsare una parte degli aiuti pubblici; gli altri due aumenti di capitale, di cui si è occupata l’ultima assemblea, servono esclusivamente e tutelare in via teorica lo Stato che, ripeto ancora una volta, vogliamo assolutamente rimborsare per cassa.
Come e in quale arco di tempo?
Nel giro di cinque anni, con il reddito generato dalla banca.
È credibile?
Noi ci crediamo. L’obiettivo è quello di tornare a fare utili già nell’esercizio in corso. Certo, la situazione non è facile, ma sono sicuro che se da domani si smettesse di parlare del Monte e dei suoi problemi, il nostro compito sarebbe meno complicato.
Mica vorrà attribuire ai giornali la responsabilità di quanto accaduto?
No, però quello che ho letto in questi giorni mi addolora, perchè in molti casi stravolge la realtà delle cose, magari in nome della campagna elettorale.
Ma chi vi ha preceduto aveva nascosto delle perdite...
Certe strumentalizzazioni rischiano di minare la fiducia nei confronti della banca e questo non è giusto.
Si riferisce al fatto che le vicende di Siena sono diventate materia di scontro politico nazionale?
Vorrei solo un po’ più di rispetto per i 31mila dipendenti e i 6 milioni di clienti della banca, che negli ultimi tempi sono stati messi sotto stress senza motivo, perchè la situazione è sotto controllo e il Monte è solido. Con l’insediamento dell’attuale consiglio d’amministrazione, il 27 aprile di un anno fa, le cose sono cambiate in modo radicale: siamo stati noi a fare pulizia e a portare alla luce le caratteristiche delle operazioni oggi sotto indagine.
Ci sarà comunque un effetto sui conti del gruppo, fino a 500 milioni in base alle vostre stime: eppure queste operazioni non furono vagliate dal consiglio d’amministrazione dell’epoca. Com’è possibile?
La struttura operativa aveva le deleghe per agire in autonomia. Oggi la governance è cambiata.
Cioè?
Sono stati rivisti i poteri per quanto riguarda tutta l’area finanza e lo stesso Viola ha chiesto una riduzione delle prerogative attribuite all’amministratore delegato. Contratti come quelli denominati Santorini e Alexandria non potrebbero più essere autorizzati senza il via libera del board che io presiedo.
Per quanto riguarda Nota Italia e Patagonia?
Patagonia non rappresenta un problema. Nota Italia è un’operazione più piccola e ha una componente di rischio molto inferiore. La competenza del consiglio d’amministrazione è legata al valore economico del dossier, come in tutte le società.
Come fate a escludere che ci siano altre partite nascoste nei bilanci del gruppo?
È stata fatta pulizia e, almeno per quanto riguarda la situazione interna, abbiamo portato tutto alla luce del sole.
Avvierete un’azione di responsabilità nei confronti di chi ha autorizzato quelle operazioni?
La valutazione sugli eventuali danni patrimoniali è in corso e dovrebbe concludersi a breve. Una cosa è certa: tuteleremo l’interesse della banca in ogni maniera. Questo vale anche per le operazioni oggetto d’indagine da parte della magistratura. Aspettiamo di vedere cosa emerge e poi prederemo le decisioni più opportune.
Anche in merito all’acquisto di Antonveneta, costato 9,3 miliardi, sul quale si rincorrono le voci di una possibile tangente di almeno 2 miliardi?
Se fosse vero ci rivarremmo su chi ne ha tratto un guadagno illecito. Non solo dentro la banca, dunque, ma anche fuori.
Agli ex dirigenti del gruppo sono state rilasciate manleve, cioè documenti che li sollevano dalle responsabilità?
Non ci sono manleve. In sostanza, abbiamo tutto lo spazio per agire.
Anche l’ex presidente Giuseppe Mussari è senza tutele?
Mussari non era un dirigente: anche volendo, non poteva ricevere manleve.
Da quanto tempo non vede o sente Mussari, di cui è amico ed è stato sponsor per la presidenza dell’Abi?
Da quando ho messo piede a Siena. Mi è sembrato opportuno per sentirmi libero di operare come ritenevo, senza alcuna forma di condizionamento, anche indiretto. Del resto l’arrivo a Rocca Salimbeni mio e di Viola era finalizzato a quel cambiamento che infatti è stato avviato immediatamente: basti dire che è stata sotituita la metà dei manager, sono usciti 100 dirigenti e stiamo azzerando tutte le sponsorizzazioni, comprese quelle cittadine. La nostra è una gestione indipendente nei fatti. E lo stiamo dimostrando.
A che punto è l’attuazione del piano industriale?
Nel corso del 2012, oltre a gestire la questione Eba e alcune vicende esterne non banali come s’è visto, è stato ridisegnato l’assetto operativo e delle relazioni industriali, con la firma di un accordo sindacale importante, anche senza la Fisac. In particolare, abbiamo ridotto da 11 a otto le aree territoriali, chiuse 150 delle 400 filiali previste e ridisegnato il perimetro del consorzio operativo. La riduzione dei costi realizzata è consistente e contribuirà alla redditività del gruppo. Ritengo che con il bilancio 2012 possiamo ritenere chiusa la fase straordinaria e tornare alla normalità. Questo, del resto, è il presupposto per riuscire a spesare e a restituire il finanziamento pubblico dei Monti bond.
Quando varerete l’aumento di capitale da un miliardo, autorizzato dall’assemblea in ottobre?
Nell’arco di piano industriale, cioè entro il 2015.
Come pensate di trovare investitori con un tetto statutario del 4% al diritto di voto: un limite che scoraggia chiunque a superare quella soglia?
È un vincolo che andrà tolto.
Quando?
Nel momento che decideremo di procedere all’aumento di capitale. Sarà il passo preventivo.
Qual è, a suo giudizio, il nuovo azionista ideale per Banca Mps?
Mi piacerebbe avere un socio finanziario di lungo termine.
Italiano o straniero?
La nazionalità non è un problema. L’importante è che creda nel progetto.
Quale progetto?
Ho sempre detto che al di là dell’arco di piano industriale, che si conclude nel 2015, mi sarebbe piaciuto lavorare a un progetto "Mps 2020". Il management del gruppo comincerà a lavorarci nel corso di quest’anno. Finita l’emergenza, legata al cambio di rotta e alla messa a punto della macchina operativa, è giusto pensare più a lungo raggio nella prospettiva di dare un futuro stabile alla banca più antica del mondo.
Il Monte dei Paschi 2020 come sarà?
Lo vedo come una banca italiana retail che fa bene il proprio mestiere, con molte meno agenzie ma una base di clientela importante e ben radicata nei territori, in grado di soddisfare le esigenze delle piccole e medie imprese e delle famiglie.
Prima però dovrete rimborsare lo Stato...
Ci riusciremo.