Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 27 Domenica calendario

DERIVATI, L’ASSE SIENA-LONDRA-CAYMAN [

L’indagine dei Pm sulle presunte tangenti - I passaggi di denaro tra broker - La testa di ponte di Lugano] –
Il sospetto è legittimo. Dietro le quinte di Rocca Salimbeni ci sarebbe stato un pozzo nero destinato a pagare presunte tangenti. E che tangenti. Un miliardo di euro. Forse di più. In realtà quello che sta emergendo dai documenti in possesso del Sole 24Ore è la fotografia di una superstrada a due corsie. La prima, destinata ai Tir, con grandi operazioni straordinarie (per esempio l’acquisto a prezzi folli di Banca Antonveneta). L’altra percorsa da veicoli societari, sui quali transitavano una miriade di operazioni strutturate attraverso una pattuglia di broker, la cui «utilità di interposizione è assolutamente nulla sul piano commerciale» (sono le parole della procura di Milano che sta indagando su uno di loro: la svizzera Lutifin Services Sa) e sembrerebbe piuttosto finalizzata a generare indebite provvigioni.
Una strada lastricata di denaro che all’andata porta a vari paradisi fiscali o finanziari, tra cui Londra, per rientrare in Italia grazie allo scudo. E allora, entriamo nel merito dell’acquisizione di Antonveneta. Perché sembra che proprio su questo aspetto si stia concentrando l’attenzione investigativa di Giuseppe Grosso e Antonino Nastasi, pm senesi che hanno affidato le indagini al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza.
Il documento informativo
Un’acquisizione annunciata da Mps con un comunicato dell’8 novembre del 2007 e perfezionata il 30 maggio del 2008. Inizialmente l’operazione – si legge nel documento informativo redatto da Mps il 16 giugno del 2008 – escludeva dal perimetro Interbanca, la banca d’affari controllata da Antonveneta. Il prezzo dell’acquisizione – si afferma nel documento – è stato deciso con il metodo del dividend discount model e per la determinazione del prezzo non sono state redatte perizie di stima. La transazione, almeno inizialmente, avrebbe dovuto pesare nelle casse della banca senese per 9 miliardi, più 230 milioni di non meglio definiti oneri finanziari e ulteriori 894 milioni recita il prospetto «relativi al corrispettivo per la cessione del gruppo Interbanca». Il conto finale era, dunque 10,124 miliardi, saliti a 10,137 per oneri supplementari. Ma non è tutto – ed è proprio su questo aspetto che gli inquirenti intendono fare chiarezza definitiva. Esiste infatti un altro capitolo che non è mai stato compreso pur nella sua rilevanza. È a pagina 24 del medesimo documento informativo: «Banca Montepaschi si sostituirà ad Abn Amro nelle linee di credito (ammontanti a 7.500 milioni) da quest’ultima fornite a Banca Antonveneta. Tale processo di sostituzione prevede, tra l’altro, l’utilizzo di linee di credito rilasciate da Banco Santander a favore di Montepaschi per un importo pari a 5.000 milioni di euro». Va detto che l’accollo dei 7,5 miliardi di debiti pregressi di Antonveneta nei confronti dell’olandese Abn Amro pare posta come condizione agli uomini del Monte dei Paschi dalla Banca centrale olandese. Se ne deduce che, per acquistare Banca Antonveneta, Mps non si limitò a un esborso cash degli oltre dieci miliardi previsti, ma dovette accollarsi anche una sostanziosa quota dei debiti della banca patavina. Una clausola che, come si legge nel documento, «non (era) strettamente correlata all’operazione di acquisizione» e, per questo Mps, ha ritenuto di non dare « rilevanza contabile agli accordi». A quanto ammontano, tra le linee di credito accollate da Mps, quelle effettivamente accordate? È anche su questo punto che – a quanto risulta al Sole 24Ore – si sta concentrando l’attenzione degli inquirenti.
La sorpresa Anthracite
Ma le sorprese nei bilanci di Mps non finiscono qui. Nel 2007 fu sottoscritto, secondo indiscrezioni, un altro prodotto strutturato del valore di 100 milioni di euro: si chiamava Anthracite ed è una vecchia conoscenza. È infatti un veicolo di Lehman Brothers che emetteva note strutturate con sottostante, spesso, un paniere di hedge fund. In sostanza i risultati di Anthracite erano agganciati a fondi speculativi e tra questi vi erano quelli di una società londinese, la Tarchon (vedi tabella), guidata dall’italiano Alberto Marolda. Quest’ultimo è il fratello di Giovanni Marolda, uno dei due capi della struttura di vendita della Dresdner Bank (l’altro era Raffaele Ricci), l’istituto tedesco controparte di Mps nell’operazione Alexandria Capital e Skylark.
Anthracite è un nome già noto in Italia perché dopo il crack Lehman del 2008, la commissione parlamentare di vigilanza sugli enti di pensione avviò un approfondito monitoraggio sui patrimoni mobiliari: note strutturate emesse dal veicolo della banca d’affari Usa (fallita) erano presenti tra gli investimenti di alcune casse previdenziali, costrette poi a correre ai ripari con costose ristrutturazioni finanziarie. Enasarco, per esempio, cassa di previdenza degli agenti di commercio, dal 2008 ha effettuato addirittura tre ristrutturazioni di Anthracite. La dimensione dello "strutturato" sottoscritto dall’ente era di 780 milioni. L’intera vicenda finì in un documento parlamentare pubblicato nel gennaio del 2011, consultabile al sito www.camera.it.