Gianni Clerici, la Repubblica 28/01/2013, 28 gennaio 2013
IL COLLEZIONISTA DJOKOVIC ADESSO LO SLAM È POSSIBILE
[Il nuovo Murray non basta: senza Nadal, il serbo è padrone] –
MELBOURNE
Nella gara di atletica con racchette, nella gara a chi sbaglia di meno che le racchette spaziali hanno imposto a quel che ancora chiamiamo tennis, ha vinto il tipo che, si facessero dieci giri intorno allo stadio, lascerebbe tutti alle spalle: Novak Djokovic. Mentre imperversano le conferenze stampa, ideali per suggerire un tema a chi non ne possiede, o a chi non ha capito, i meno competenti dei miei colleghi inglesi indugiano su certe foto, immagini che la TV ha ingigantite. Un piede dello sconfitto, Andy Murray, sanguina, mentre il fisioterapista lo va fasciando. Tutto ciò è accaduto all’inizio del terzo set, in una pausa di sei minuti chiesta giustamente da Murray, per una vescica lacerata.
Diversamente dai colleghi, il fisio Paul Ness, che non è parente del mostro omonimo, non ritiene che nella vescica si celi la causa della sconfitta del nuovo Murray. Nuovo, lo chiamo, perché lo scozzese, da se stesso definito tale nella nota affermazione «Sono inglese solo quando vinco» è incredibilmente migliorato con la cura del Dottor Lendl, il sostituto di Mamma Judy. Il Murray che veniva d’improvviso visitato da non meglio identificati fantasmi, è ora un signor campione, capace di variare il nativo rovescio bimane con un colpo tagliatissimo, dotato di diritti non meno arrotati del suo avversario, con una battuta costante e un gioco di volo simile a quello del suo medico curante: occasionalmente sufficiente.
Ma sarà ora che faccia un tantino di cronaca, anche se ho in pratica smesso questo tipo di giornalismo dall’avvento della televisione, che trasmetteva la finale, per quanto riguarda il nostro paese, da Milano, cosa che ai miei tempi mi ero sempre rifiutato di accettare. È stata, ripeto, una partita di corsa con racchette, tra il miglioratissimo Murray del quale vi ho detto, e un Djokovic che, come avevo scritto il giorno dell’incubo con Wawrinka, non poteva più perdere. L’equilibro dell’incontro, quello che ha fatto sognare i cugini del britannico – gli stessi che hanno vinto l’ultimo referendum australiano in favore della monarchia – è continuato per tutto un primo set giocato quasi esclusivamente da fondo, in cui Murray si salvava da quattro palle break nel sesto gioco per approfittare di una ammirevole freschezza nel secondo, terzo quarto e quinto punto del tiebreak, vincendo quattro scambi di una media di 20 punti ciascuno, il più lungo dei quali raggiungeva il record di 34 tiri. Esultavano gli indigeni, per una serie di 7 punti consecutivi in favore di Murray seguiti al tiebreak, ma la regolarità di Nole iniziava a meccanizzarsi tanto che nel tiebreak del secondo, il pallino sarebbe finito in sua mano.
Segno simbolico della vicenda, la presenza di una farfallina sfuggita a un gabbiano, che Murray allontanava dolcemente dal campo con il palmo, risparmiandola da una racchettata. In seguito al salvataggio della farfallina, gli Dei inferi punivano la generosità di Andy con un doppio errore, e questo segnava la fine della sua buona sorte e l’inizio della corsa di testa di Djokovic. Era una corsa nella quale lo scozzese rimaneva testardamente in scia, ma la cui fine appariva scontata, quasi il piano del campo si ergesse progressivamente in favore del suo avversario, per il quale il pendio si tramutava in discesa.
Un break nell’ottavo gioco del terzo squilibrava il match, ed altri due nel quarto finivano per tramutare l’inseguimento in disperata foratura, dalla quale Murray non riusciva più a riprendersi. A questo punto, con un Federer che rifiuta di ritenersi invecchiato non meno di Grimilde, con l’ammirevole ma insufficiente Murray di questa notte, l’unica possibilità di evitare una razzia di Slam da parte di Djokovic è la guarigione delle ginocchia del Re del Rosso, Rafa Nadal. Domattina, vado nella chiesa di Saint Francis, e accendo una candela.