Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 28 Lunedì calendario

RITRATTO DI FAMIGLIA CON OSTRICHE E FANGO

LASCI via Luciano Bianchi, antico presidente del Monte dei Paschi, e ti dirigi verso Piazzetta Artemio Franchi, cui è dedicato anche lo stadio cittadino, attraverso un quasi ininterrotto circuito toponomastico massonico.
È TRACCIATO con cura in un libro del Gran Maestro toscano Stefano Bisi, e vi incontri da Giovanni Amendola a Silvio Gigli, da Goffredo Mameli a Camillo Benso di Cavour. Non c’è ancora Giovanni Cresti, provveditore generale e dominus assoluto della banca dal 1975 al 1983, che favorì la prima ascesa da palazzinaro di Silvio Berlusconi, suo confratello nella Loggia massonica P2, concedendogli fidi sconfinati per costruire Milano 2 e Milano 3. La ragione è che Cresti è morto da poco, il 6 febbraio del 2012, e forse non si è fatto in tempo a dedicargli una strada cittadina. Sua figlia Lucia Cresti, grande collezionista d’arte contemporanea, era assessore alla Cultura di Siena, ma è decaduta pochi mesi fa con le dimissioni del sindaco del Pd Franco Ceccuzzi. Dalla P2 alla P4 il passo è breve e nelle carte dell’inchiesta più recente, per la quale il piduista Luigi Bisignani ha patteggiato una pena di un anno e sette mesi, chi ti compare tra i possibili Bisignani boys? Alessandro Daffina della Banca Rotschild che fu advisor di un prestito per coprire l’acquisto di Antonveneta a un prezzo spropositato.
Ecco un piccolo test di portanza, come si dice, del pilastro massonico. Che tuttavia è soltanto uno di quelli che sorreggevano la “boriosa autosufficienza” di Siena, come la definì Ceccuzzi, prima che al Monte irrompessero Alessandro Profumo e Fabrizio Viola a tentare di scardinare il Sistema, permettendo di svelare lo scandalo dei derivati. Sbaglierebbe chi pensasse soltanto a una storia di grembiulini, perché nel fango che viene giù da Rocca Salimbeni e da Palazzo Sansedoni e invade ormai Piazza del Campo c’è una sorta di “ritratto di famiglia italiana” che non esclude quasi nessuno: dalla Massoneria alla Chiesa, dall’Università alla borghesia industriale, dalla burocrazia fino alla grande finanza nazionale. E naturalmente i partiti: non solo il Pci-Ds-Pd, ma anche il Pdl, che qui qualcuno definisce un Pd con una elle in più.
Denis Verdini, a Rocca Salimbeni è come a casa sua, come lo è ancora il suo capo, che utilizza il Monte dei Paschi per pagare i conti delle olgettine. L’homo verdinanus al Monte è Andrea Pisaneschi, portato alla presidenza di Antonveneta, il boccone costoso e indigesto che ha terremotato i conti di Siena. Praticamente è lui il bancomat personale del coordinatore nazionale del Pdl, non solo per le inesauribili esigenze familiari, ma anche per quelle aziendali degli amici. Come quel Riccardo Fusi dello scandalo dei Grandi eventi della Protezione civile, titolare di una società praticamente fallita, cui fu fatto pervenire un grazioso prestito di 150 milioni di euro. Soltanto 110 milioni è costata invece la Imco di Salvatore Ligresti,
di cui sono stati rilevati i debiti. Tutti sapevano e tutti tacevano. Perché nessuno dei tanti chiusi nella “boriosa sufficienza” poteva dire di essere fuori dalle colate di fango del potere.
Giuseppe Mussari, che l’assise dei banchieri volle suo presidente per la seconda volta, è sotto processo con un’altra decina di persone anche per Ampugnano. Che cosa è? Immaginate la pista di tre chilometri di un aeroporto internazionale piazzata a Roma tra Piazza Venezia e Piazza del Popolo. Questo è più o meno il progetto Ampugnano, da realizzare, dopo la privatizzazione e l’assegnazione al Fondo Galaxy, alle porte del centro cittadino di Siena, per il quale l’ex presidente del Monte è accusato di turbativa d’asta. Presidente dell’aeroporto fu nominato, con l’assenso di Ceccuzzi, Enzo Viani, tesoriere del Grande Oriente d’Italia, la maggiore osservanza massonica in Italia, di cui è Gran Maestro l’avvocato ravennate Gustavo Raffi, che con il Monte ha rapporti professionali di antica data. Ex dipendente del Monte, Viani alle primarie per il sindaco di Firenze si schierò contro Matteo Renzi e a favore di Graziano Cioni, ex assessore fiorentino finito in una brutta storia sui terreni di Ligresti. I terreni, le speculazioni immobiliari, il cemento: dov’è che non fanno la storia? La fanno anche ad Ampugnano. La privatizzazione e il progetto sciagurato dell’aeroporto internazionale sono legati a un altro progetto faraonico. Quello sulla tenuta di Bagnaia, di proprietà della famiglia Monti-Riffeser, dove convolarono a nozze Pierferdinando Casini e Azzurra Caltagirone, che colà sta realizzando decine di ville per una clientela internazionale di golfisti, che ha bisogno dell’aeroporto sotto casa per arrivare da ogni parte del mondo. Operazione targata Mussari-Mps-Pd? Ma per carità, come al solito dentro ci sono tutti. Tanto più che Riffeser è padrone del gruppo editoriale che controlla La Nazione, Il Resto del Carlino e Il Giorno, di cui nessuno vuole perdere l’amicizia. Per appoggiare l’operazione aeroporto internazionale al ministero e all’Enac viene assoldato il senatore del Pdl Franco Mugnai, molto amico dell’allora ministro dei Trasporti Altero Matteoli.
Se è vero quel che dice Mario Monti, che destra e sinistra non esistono più (ma non è vero) Siena è il laboratorio precursore della perdita delle diversità. Prendete la gloriosa Università, che naturalmente è rappresentata nella Fondazione Mps, insieme a Comune, Provincia, Regione e Arcidiocesi. Almeno tre rettori hanno contribuito a mettere insieme un buco di 200 milioni di euro, un dissesto per cui sono state rinviate a giudizio per peculato una ventina di persone, tra cui gli ex rettori Piero Tosi e Silvano Focardi. Per far fronte al buco sono stati venduti alcuni gioielli, come il complesso di San Niccolò. Indovinate chi lo ha comprato? Franco Caltagirone, fino a qualche mese fa vicepresidente del Monte, per 74 milioni. E lo ha subito riaffittato a 120 milioni per ventiquattro anni.
Ostriche e aragoste consumate in gran quantità con denari pubblici sono diventate un po’ l’icona degli scandali seriali che l’Italia sta affrontando negli ultimi mesi. Potevano mancare in uno scandalo universitario? Figurarsi. E infatti negli atti d’accusa figura l’acquisto con soldi dell’ateneo di 360 chili di aragoste destinate alla contrada della Chiocciola. I magistrati, gentili, hanno scritto che sembra “materiale non pertinente”. Intanto le rette sono diventate le più alte d’Italia. Tanto per gradire, infine, l’attuale rettore Angelo Riccaboni è al centro di un’inchiesta riguardante presunte irregolarità avvenute nelle votazioni per la sua elezione. Per pietà nei confronti dei lettori tralasciamo altre inchieste a carico di consiglieri d’amministrazione e semplici professori, come quella per rimborsi gonfiati per l’organizzazione di master e corsi di aggiornamento.
Giuseppe Mussari, prima di essere trasformato in banchiere, era un avvocato penalista. E di recente è rientrato nel ruolo per difendere un prete, don Giuseppe Acampa, accusato di una sulfurea vicenda: un incendio dentro la Curia vescovile per far sparire documenti relativi alla vendita di lasciti alla Chiesa e, in particolare, del complesso immobiliare del Commendone all’industriale delle scarpe padovano René Caovilla. Come penalista Mussari ha vinto e il suo assistito è stato assolto. Ma nella Chiesa senese gli strascichi sono devastanti, tra voci, sospetti, trame e scontri. “Una desolante caduta all’interno della comunità ecclesiale e in particolare del presbiterio”, ha scritto al settimanale diocesano don Andrea Bechi, ex segretario dell’arcivescovo Antonio Buoncristiani.
Lo scandalo del Monte spariglia ogni gioco. Nel paradiso denso di celestiali armonie, ora sono tutti contro tutti.