Paola Jadeluca, Affari&Finanza, la Repubblica 28/01/2013, 28 gennaio 2013
787 DREAMLINER, IL BOEING DEI SOGNI DIVENTA L’INCUBO DEI SUPER-AEREI
[Le azioni del gigante usa per ora resistono e sulla trimestrale ancora non si fa sentire l’impatto degli incidenti ma la pressione aumenta sull’intero settore. Un’intera generazione di jet modernissimi a rischio di revisione o cancellazione] –
Roma
Le azioni hanno ripreso quota e, addirittura, giovedì scorso la Boeing è stata tra i principali driver di uno dei maggiori rialzi del benchmark del Dow Jones industrial average. Ma il gruppo è sotto pressione. E il 787 Dreamiliner, l’aereo dei sogni, minaccia di diventare l’incubo finanziario del gigante americano dell’industria aeronautica. Dopo l’inizio di incendio in fase di atterraggio a Boston a bordo del 787 della Jal, Japan Airlines, il 7 di gennaio scorso e l’atterraggio di emergenza in uno scalo domestico del 787 della Ana, All nippon airways il 16 gennaio, la Faa, Federal aviation authority degli Usa ha ordinato il blocco di tutti gli esemplari di questo velivolo. E le authority di altri paesi l’hanno seguita. India, Qatar, Cile: tutti gli esemplari sono ormai parcheggiati a terra. Mercoledì Boeing presenterà l’ultima trimestrale. Secondo gli analisti di Credit Suisse non dovrebbe ancora risentire degli incidenti, confermando il trend che vede la casa di Chicago con margini in crescita a doppia cifra dopo un anno record che ha fatto registrare il nuovo sorpasso in termini di consegne sul rivale Airbus con il quale da decenni si consuma un eterno duello per la leadership mondiale. Ma una grande incognita pende sul 2013. La causa degli incidenti è stata individuata: un guasto alla batteria agli ioni di litio, sistemata con la centralina elettrica sotto la cabina dei piloti. Da qui alla soluzione del problema ce ne passa. L’aereo di plastica, come era stato
subito ribattezzato, costa al listino 200-250 milioni di dollari a esemplare. Una macchina complessa che ha inaugurato una nuova era nell’industria aeronautica. Costruito con fibra di carbonio invece che in tradizionale alluminio ha rivoluzionato persino i principi produttivi, tanto che i partner, come l’italiana Alenia Aeronautica, Finmeccanica, hanno dovuto reinventare nuove catene di montaggio. Gli investigatori brancolano nel buio. Segni di un corto circuito e di una reazione chimica non controllata sono stati rilevati da Ntsb, National transportation safety board, precisando che si è ancora stabilito quale dei due problemi si sia verificato per primo. Più passa il tempo più si infittisce il mistero sulle reali condizioni di sicurezza di questo apparecchio. Ammesso che si arrivi presto a identificare il reale guasto dei due incidenti non è detto che il 787 possa rialzarsi subito in volo. Per rimettere a punto le parti difettose ci vuole tempo. Inoltre non è escluso che le modifiche richieste non comportino necessariamente una nuova fase di collaudo. La batteria, una delle fonti del 20% del risparmio energetico garantito dal 787, ricopre una funzione chiave. E un nuovo collaudo e una nuova certificazione non si risolverebbero nel giro di una settimana. Nel frattempo, però, la produzione va avanti. Come pensare, infatti, di fermare gli impianti proprio ora che le cose avevano preso a marciare e il gruppo sforna 5 esemplari al mese e contava di arrivare a 10 esemplari a fine 2013, per far fronte agli 840 ordini. «Sono confidente nella soluzione del problema, perché confido sui miei dipendenti», scrive sul sito web Jim McNarney, Ceo della Boeing. Parole che sembrano più rivolte a se stesso. Il primo a saltare se le cose non si rimettono sulla giusta rotta sarà proprio lui. Già vicepresident in Ge, poi alla 3M, Mc-Narney è stato chiamato in Boeing proprio per riposizionare il programma del 787, quando era in piena turbolenza. «Una lezione di aumento di costi in outsourcing», come aveva scritto il Los Angeles Timesin merito ai ritardi che il programma stava facendo registrare. Sotto la guida di Mike Bair, il predecessore di McNarney, il programma 787 ha inaugurato anche un nuovo modello di business, in cui oltre a condividere la produzione con i futuri clienti, si è passati a condividere anche la progettazione. Un’idea vincente dal punto di vista del risultato commerciale. Mike Bair, uomo di marketing, aveva puntato tutto su questo. Ma i suoi piani hanno iniziato a mostrare presto le prime falle, con continui ritardi sulle consegne. Finché gli azionisti non l’hanno silurato. Al timone hanno scelto Mc-Narney: ingegnere di formazione, per prima cosa appena arrivato ha fatto il giro degli stabilimenti produttivi sparsi nel mondo. Lungo la nuova rotta, il Dreamiliner, nel 2011 è finalmente atterrato sul mercato e Boeing ha visto vendite e utili impennarsi. «E’ l’anno della Boeing”, scrivevano gli analisti di Citi a luglio scorso. Sono passati sei mesi. Ora tutti si guardano attorno, pieni di interrogativi. C’è chi aspetta notizie più precise. Chi, come la Ilfc, la società di leasing di Los Angeles, il più grande cliente della Boeing, ribadisce la sua fiducia. Ma le settimane corrono. E quello che si produce oggi non è detto che vada bene domani. Così, intanto, arrivano le prime prese di distanza: BB&T nel giro di una settimana ha abbassato il rating due volte, da buy a underweight.