Alessandro De Nicola, Affari&Finanza, la Repubblica 28/01/2013, 28 gennaio 2013
QUANTO CI COSTANO MINORANZE E LOBBY
Politics without romance, politica senza romanticherie. Questo il titolo di un articolo del 1997 di James Buchanan, il grande economista e premio Nobel, venuto a mancare il 9 gennaio scorso. In inglese romance significa anche avventura sentimentale e quindi l’occhio ironico e scettico con il quale Buchanan guardava all’arte della politica risulta ancora più evidente. Infatti, il pilastro centrale della teoria della Public Choice, di cui Buchanan è stato uno dei fondatori e l’esponente più conosciuto, è centrato sulla demistificazione della politica, intesa non come attività esercitata da agenti disinteressati che cercano di rimediare ai fallimenti del mercato, ma da persone in carne ed ossa che hanno in primo luogo cura dei propri interessi. I politici ed i burocrati agiscono per preservare la loro posizione puntando alla rielezione o all’accrescimento del potere. Essendo proni a seguire chi gli assicura il raggiungimento dei loro scopi, non perseguono il pubblico interesse e creano fallimenti del governo ancor più gravi di quelli di mercato. Si tratta di una visione estremamente disincantata che applica i postulati economici alla politica. Gli attori di essa sono inquadrati nella tipologia dell’homo oeconomicus che opera razionalmente per massimizzare il proprio tornaconto, un po’ come il birraio, il fornaio e il macellaio citati da Adam Smith, i quali ci nutrono non per benevolenza ma per il loro guadagno. L’attitudine di chi governa in nome della maggioranza ha tre conseguenze:
la prima è che la maggioranza voterà provvedimenti di cui faranno le spese le minoranze. La seconda è che le minoranze organizzate possono determinare le maggioranze facendo passare proposte che siano contrarie all’interesse della gran massa di contribuenti e consumatori. Difatti la minoranza organizzata può “comprare” i politici con appoggio o ostilità ben strutturati, la maggioranza disorganizzata no, anche perché il suo danno si limiterà a pochi spiccioli spalmati su tutti e non ha interesse a mobilitarsi. E, dulcis in fundo, la tendenza ad espandere la spesa pubblica sarà infinita, in quanto per i politici è il mezzo più agevole per accontentare le lobby e assicurarsene la riconoscenza. Il rimedio proposto da Buchanan era di inserire nella Costituzione quanti più diritti individuali (comprese le libertà economiche) possibili, in modo che l’approvazione di norme che incidessero su essi dovessero essere approvate con supermaggioranze (il premio Nobel propugnava una soglia di 2/3). Poiché siamo in campagna elettorale, proviamo a vedere se i postulati di Buchanan si applicano alla nostra realtà. I politici sono angeli o soggetti interessati a preservare il loro potere? Prima di tutto puntano ad essere eletti. E’ vero che le giravolte incoerenti di Lega e Berlusconi sono quelle che più saltano all’occhio, ma che dire del programma di Bersani che non contiene una sola proposta contraria ai gruppi sociali di riferimento (i sindacati)? O delle liste elettorali del Pd che contengono personaggi incompatibili come Giampaolo Galli e Stefano Fassina, alleanze improbabili come quella odierna tra Vendola e Tabacci e quella futura allargata a Monti? Le stesse Liste Monti possono annoverare cognati e generi di leader politici malgrado le promesse di rinnovamento, per strappare qualche voto in più. Grillo è indecifrabile, ma come interpretare le giravolte del suo sindaco di Parma che non appena al potere si sta rimangiando le promesse sull’Imu? La maggioranza governa a spese della minoranza? In un certo senso sì: questo è evidente quando si propongono di tassare o di togliere benefici ad esigue fasce della popolazione. In alcuni casi, come per le pensioni dei magistrati o degli alti burocrati, alcune misure erano sensate, ma allora scatta la seconda regola, il potere delle minoranze organizzate. Come mai non si riesce a introdurre il concetto di merito nella scuola? Milioni di studenti sarebbero contenti di avere insegnanti stimolati a far meglio, ma la minoranza sindacalizzata è abbastanza forte per impedirlo. Lo stesso vale per la magistratura o i lavoratori pubblici in genere. Oppure basta vedere quello che riescono a fare avvocati e notai. Non c’è modo di scalfire la normativa che li riguarda. Senza dare un giudizio di valore su quanto essi propugnano, le leggi che li riguardano sono in gran parte loro gradite e sgradite al resto della popolazione. Infine, la tendenza ad espandere la spesa pubblica, che ha superato il 50% del Pil, è evidente, soprattutto se si parla di spesa corrente, aumentata indifferentemente dai governi di destra e di sinistra. Sotto questo profilo, sia l’obbligo costituzionale di pareggio di bilancio sia il fiscal compact, che impone vincoli molto duri, sono due rimedi alla Buchanan. Rigidi, tagliano con l’accetta, ma mettono le manette ai polsi ai politici dei quali altrimenti non ci si potrebbe fidare. Manca un elemento importante, il tetto massimo alle spese, altrimenti l’eliminazione del deficit e la riduzione del debito si potrebbero raggiungere, in teoria, portando sia la pressione fiscale che la spesa pubblica al 70% . Ne morirebbe il Paese, ma politici e burocrati sarebbero gli ultimi a passare a miglior vita: non è una sorpresa se nessuno dei maggiori partiti propone la costituzionalizzazione di un limite alle uscite o di principi come la concorrenza (che impedirebbe le leggine pro qualcuno). Le mani libere, si sa, valgono più di quelle pulite.