Caterina Perniconi, Il Fatto Quotidiano 27/1/2013, 27 gennaio 2013
RIFORME FLOP, MANCANO I DECRETI
Molti annunci, meno realtà. Si può riassumere così il bilancio di un anno di governo Monti se lo si guarda dal lato dei provvedimenti varati e soprattutto di quelli operativi.
A richiamare all’ordine i colleghi è stato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, con una lettera inviata a tutti i dicasteri: non c’è tempo da perdere, mancano oltre duecento decreti attuativi per regolamentare le leggi e renderle efficaci. E non si tratta di riforme qualsiasi: dal decreto “Salva-Italia” alla spending review, dal decreto sviluppo e la sua versione “bis” fino alla riforma del lavoro. Tremila disposizioni, ma meno di 500 i decreti e gli atti amministrativi vincolanti in totale. Più di un terzo ancora da varare Esempio emblematico proprio il decreto legge 201/11, “disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”, monitorato dal Comitato per la legislazione della Camera dei deputati.
CONOSCIUTO come “Salva-Italia”, nel titolo del decreto ci sono le tre parole chiave che il governo ha pronunciato per un anno e che oggi Monti ripete in campagna elettorale. Ma tutta questa fretta di far ripartire il Paese non c’era se dopo 13 mesi il decreto che necessitava di 23 adempimenti – tenuto conto esclusivamente di quelli a carattere normativo, che costituiscono una parte minoritaria degli adempimenti previsti – ha ottenuto l’approvazione solo di 11 atti. E questo è il primo di una lunga serie di mancanze che l’esecutivo tecnico sta provando a colmare, sotto la regia di Giarda, per non vedere scaduti, entro le elezioni, molti dei provvedimenti varati.
Esistono poi dei casi limite, come il decreto legge 5/12, “disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo” che ha bisogno di 22 adempimenti divisi tra i ministeri dell’Interno, dell’Economia, dell’Ambiente, del Lavoro, dello Sviluppo, dei Trasporti e della Presidenza del Consiglio. Nonostante le competenze fossero così diversificate, in 11 mesi il decreto non è riuscito a collezionare nemmeno un’attuazione. “Il governo Monti è un bluff – spiega l’ex ministro del Bilancio Paolo Cirino Pomicino al Fatto quotidiano – ma da diversi anni l’incapacità di legiferare è diffusa. Ricordo quando sono tornato alla Camera dopo 10 anni (nel 2006, ndr) e in un decreto dell’allora ministro Luigi Nicolais c’era scritto che le norme del provvedimento ‘non dovevano comportare nuovi oneri per lo Stato’. Ma come? Il Parlamento è lì apposta per stimare se una legge ha un costo o meno, e ci scriviamo che non ‘dovrebbe’ averlo? Quando mi sono alzato per farlo notare erano tutti stupiti”.
SECONDO un monitoraggio del Sole24ore, dei 94 provvedimenti che scadono entro il 24 febbraio, la maggior parte è a carico del ministero dell’Economia (28) e di quello dello Sviluppo (15). Seguono le Politiche agricole (8) e l’Interno (7). Nel conto complessivo, invece, l’Economia deve ancora adottare 78 provvedimenti, 31 il ministero dello Sviluppo e 25 quello del Lavoro. Quest’ultimo ministero sta lavorando per non lasciare in eredità al nuovo esecutivo la delega del riordino dei servizi per l’impiego e quella sulla partecipazione dei lavoratori al welfare aziendale. Misure giudicate “imprescindibili” dallo staff di Giarda che ha chiesto anche l’approvazione del Fondo per la crescita sostenibile, i finanziamenti al piano Città e il varo del piano aeroporti.
La risposta di Palazzo Chigi chiarisce che la fine della legislatura non ha aiutato, anche se la scadenza naturale avrebbe regalato agli uomini di Monti solo due mesi in più. “L’80% delle norme approvate hanno efficacia senza ulteriori adempimenti” ha dichiarato la presidenza del Consiglio, ma “è evidente che la fine anticipata della legislatura non aiuta tale attività di completamento”. E ancora: “Molto si può fare nei restanti mesi”. Ma di mesi non ne restano più. Il resto sarà onere del prossimo governo.
Caterina Perniconi