Stefano Feltri, Il Fatto Quotidiano 27/1/2013, 27 gennaio 2013
NON SOLO SIENA, BISOGNA CACCIARE TUTTE LE FONDAZIONI DALLE BANCHE
[Luigi Guiso]
Il caso Siena è l’ennesima conferma: le Fondazioni devono uscire dalle banche”. Luigi Guiso insegna Economia all’European University Institute, Firenze. In questi anni, spesso assieme a Tito Boeri della Bocconi, ha denunciato i pericoli dell’intreccio tra politica e credito rappresentato dalle Fondazione di origine bancaria, gli enti azionisti delle banche che avrebbero dovuto essere un cuscinetto provvisorio tra Stato e mercato, ai tempi della privatizzazione del credito negli anni Novanta. E invece sono diventati feudi di potere. Finanziario e politico.
Professor Guiso, se l’aspettava che la situazione al Monte Paschi fosse così complessa, tra contratti segreti e bilanci ritoccati?
È incredibile che al vertice dell’Abi ci fosse un uomo come Giuseppe Mussari, responsabile di aver confezionato un’operazione come quella con No-mura, in cui si occultavano informazioni e non non venivano contabilizzate perdite importanti. Però c’è poco di cui stupirsi: la struttura del nostro sistema creditizio, non solo Monte Paschi, è questa.
E cioè?
Un sistema incompiuto. Avevamo un sistema del credito sostanzialmente pubblico, con le banche proprietà dello Stato dai tempi della crisi bancaria degli anni Trenta, quando erano state nazionalizzate e concentrate nell’Iri. La politica e lo Stato intervenivano direttamente, ma almeno erano sotto l’osservazione del Parlamento. Poi sono state privatizzate male.
Sta dicendo che le banche erano più trasparenti quando erano pubbliche?
C’era più controllo. I parlamentari potevano rivolgersi al Tesoro se qualcosa non funzionava. Le nomine erano politiche, ma almeno chiare.
Poi sono arrivate le Fondazioni, come quella che controlla il Monte Paschi.
È nato un pessimo assetto proprietario, in cui i rapporti di forza sono ribaltati. Le banche sono state consegnate a un gruppo di persone che poi ha usato questo potere per mettersi al riparo da ogni riforma. Il modello Siena lo dimostra: non era soltanto la Fondazione che influenzava la banca e la politica. Ma la banca che condizionava decisioni e politiche e quindi equilibri e nomine nella Fondazione.
Dunque qual è quindi la lezione dal caso Siena?
Dobbiamo completare la privatizzazione degli anni Novanta e far uscire le Fondazioni dalle banche. Devono liquidare le proprie azioni e dedicarsi soltanto alla gestione del patrimonio, erogare fondi e fare attività benefiche. Dimenticandosi dell’influenza che oggi hanno sulle banche, a cominciare dalle nomine.
Intanto, però, si discute della nazionalizzazione del Monte.
Non sarebbe un ritorno al 1990. Eventualmente riguarderebbe la gestione della crisi della banca: se la banca non riesce a raccogliere quattrini sul mercato, ce li mette lo Stato che la commissaria, la risana e nel giro di quattro anni rimette in vendita il pacchetto di azioni cercando una nuova struttura proprietaria.
Nessun grande partito sta facendo campagna elettorale sul ruolo delle Fondazioni.
Perché tutti i partiti sono presenti nelle Fondazioni. E tutti hanno un interesse al mantenimento di questo tipo di assetto. Il caso Monte Paschi non è solo un caso Pd, ma la dimostrazione del rapporto mai reciso tra politica e sistema bancario.
Monti e i tecnici sono più sensibili alla necessità di riformare le Fondazioni?
No. Il ministro Grilli ha difeso il sistema delle Fondazioni. Abbiamo avuto uno scambio sulle colonne di Repubblica. E lui ha risposto a me e Boeri con argomenti non convincenti: sostiene che le Fondazioni funzionano bene come azionisti di lungo periodo e garantiscono stabilità. È vero che sono stabili, ma solo perché nessuno vuole mollare il potere. Se ce l’hai cerchi di tenertelo il più a lungo possibile. Oltre all’orizzonte temporale, bisognerebbe considerare anche gli incentivi che muovono l’azionista. E i politici nelle banche non sono interessati all’efficienza e a prestare denaro a chi ha le idee migliori, ma ragionano con logiche di ricerca del consenso. Tanto i soldi non sono loro.
Se fosse lei il ministro del Tesoro cosa farebbe per evitare che si ripetano altri casi Mps?
Bisogna forzare le Fondazioni per cedere le partecipazioni. Basterebbe dire che non possono avere più del 2 per cento del patrimonio investito in una banca. Devono anche uscire dalla Cassa depositi e prestiti. Se la Cdp vuole essere considerata un soggetto privato, cerchi azionisti sul mercato.
Stefano Feltri
Twitter @stefanofeltri