Federico De Rosa, Corriere della Sera 28/1/2013, 28 gennaio 2013
Nel 2007 il Santander, fresco di scalata alla Abn Amro con Royal Bank of Scotland e Fortis, contatta la Rothschild perché trovi un compratore per le attività italiane ereditate dalla banca olandese: Antonveneta e Interbanca
Nel 2007 il Santander, fresco di scalata alla Abn Amro con Royal Bank of Scotland e Fortis, contatta la Rothschild perché trovi un compratore per le attività italiane ereditate dalla banca olandese: Antonveneta e Interbanca. Alessandro Daffina, 53 anni, è il capo di Rothschild in Italia. Fece da raccordo tra il presidente spagnolo Emilio Botin e Giuseppe Mussari. Come nacque l’intesa tra Mps e Santander? «Ad agosto 2007 incontrai Botin a Barcellona con i miei colleghi spagnoli. Ci manifestò l’intenzione di dismettere la partecipazione in Antonveneta e chiese quali potessero essere i potenziali acquirenti». Perché lo chiese a voi? «Rothschild aveva rappresentato Abn Amro nella contesa con Bpi su Antonveneta. Era successo quasi due anni prima, ma avevamo una buona conoscenza della banca. È stato l’elemento fondamentale». Perché? «Quando Santander decise di vendere non aveva il controllo, presidente e amministratore delegato erano di nomina olandese, e non poteva avere accesso alle informazioni, indispensabile per iniziare la procedura di vendita». È Botin a chiedere di contattare Siena? «Il processo fu interattivo, nel senso che noi proponemmo quattro banche e Botin due». Ricorda chi erano? «Furono interpellate Bnp Paribas, Credit Agricole, Unicredit, Ubi e Montepaschi. Credo anche Deutsche Bank». Chi scelse Mps? «Con Botin facemmo un primo sondaggio, breve, raccogliendo risposte molto incoraggianti da Mps e Bnp. Credit Agricole chiese tempo». Botin conosceva Mussari? «Si erano conosciuti prima dell’operazione, credo in occasione di un Palio. Durante i negoziati si parlavano al telefono». Ha mai avuto a che fare con intermediari nel corso delle trattative con Mps? «No. Mps aveva degli advisor (Merrill Lynch e Mediobanca, ndr) ma non li ho incontrati». Con Ettore Gotti Tedeschi, il rappresentante del Santander in Italia? «Parlavamo direttamente con Madrid». Pressioni per vendere a Siena? «Nel modo più assoluto, no». Può fare chiarezza sulla cifra pagata? «Sono circa 9 miliardi». In più tranche e senza due diligence? «Quando Santander decise di vendere non aveva ancora il pieno controllo di Antonveneta e non poteva consentire una due diligence a favore dell’acquirente. Nemmeno loro l’avevano fatta». E sul pagamento? «Non faceva parte del nostro mandato, credo sia stato fatto in diverse tranche per consentire a Mps di reperire le risorse necessarie». Tra le quali c’è il famoso Fresh 2008. Rothschild che ruolo ha avuto? «Nessuno: eravamo gli advisor del Santander, non potevamo avere alcun ruolo». Ha lavorato per Siena su altre operazioni, tipo equity, obbligazioni o derivati? «Mai». E con la Fondazione Montepaschi? «Abbiamo iniziato nel 2011 assistendola nella rinegoziazione del debito e nel collocamento di quote di Mps a investitori privati». Perché Bnp Paribas non rilanciò? «Botin ci disse che preferiva dare l’esclusiva a Mps. Temeva che cercare un miglioramento avrebbe ritardato la chiusura dell’operazione». Il prezzo di 9 miliardi fu proposto da Mps? «Quando Botin e Mussari si misero d’accordo sull’operazione fu anche il giorno in cui per la prima volta il banchiere spagnolo ci disse che 9 miliardi era il prezzo minimo al quale avrebbe venduto. Credo puntasse a 10. Di certo aveva interesse a incassare una forte plusvalenza per dimostrare la bontà della scalata ad Abn. È anche vero che non poteva assegnare ad Antonveneta un valore inferiore ai 7,5 miliardi pagati da Abn Amro nell’Opa». Un prezzo enorme. Gonfiato? «Rispetto al 2007 le valutazioni delle banche sono scese anche del 70-80%. Unicredit capitalizzava 70 miliardi e oggi ne vale 27, ma se togliessimo i 16 miliardi dei vari aumenti di capitale dovremmo confrontarli con 11. Questo vale per la stragrande maggioranza delle banche europee. Non si può dire che solo Antonveneta era cara, era un mondo totalmente diverso e confrontarlo con quello attuale non ha senso». Federico De Rosa