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 2013  gennaio 27 Domenica calendario

OGNI ANNO 130 MILA PROCESSI FINITI NEL NULLA

Questo siamo noi. Il Paese più opaco e corrotto d’Europa, con Grecia e Bulgaria. Il primo in assoluto per numero di reati prescritti: 130 mila nel 2012. Sono fascicoli che si arenano nelle pieghe del processo, indagati che non trovano né condanna né assoluzione, cause che finiscono in un limbo perenne di insoddisfazione, tempo che vince, giustizia che perde.
Ogni volta che ci misuriamo con i numeri freddi delle statistiche, lo specchio ci rimanda un’immagine di forte arretratezza. Ieri mattina l’allarme è stato lanciato dal presidente della Corte d’Appello di Milano, Giovanni Canzio: «L’Italia ha il triste primato del maggior numero di estinzioni del reato per prescrizione e paradossalmente anche quello del più alto numero di condanne della Corte Europea dei Diritti dell’uomo per la irragionevole durata dei processi». Per la precisione, 1155 condanne dal 1959 al 2011. Rispetto alle 281 della Francia, le 102 della Germania e le 26 della Spagna. Siamo anche i più lenti, dunque. Un Paese poco trasparente e farraginoso, dove nell’ultimo anno sono stati iscritti 1 milione e 600 mila nuovi procedimenti penali. Con gli organici in perenne emergenza e l’informatizzazione del sistema giudiziario ancora molto lontana dall’essere compiuta. Un Paese che ha fatto della possibile «prescrizione» un’arma di difesa processuale.
«È una malattia italiana dice il procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli - siamo l’unica democrazia occidentale in cui la prescrizione non si interrompe mai». È come lottare contro un timer inesorabile che procede indipendentemente da quanto accade. Il che favorisce l’utilizzo di tecniche, per così dire, dilatorie. Eccezioni su eccezioni, testimoni citati in batteria, tergiversare per tergiversare. Dice ancora il procuratore Caselli: «Per quanto riguarda la giustizia, sintetizzando in maniere molto brutale e rozza, si può dire che la filosofia del berlusconismo è stata proprio questa: allungare i tempi del processo e ridurre i tempi della prescrizioni».
In effetti, il caso più famoso è il processo Mills, dove è stato prescritto il reato di corruzione in atti giudiziari a carico dell’allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Ma sono stati prescritti anche diversi reati connessi al pestaggio all’interno della scuola Diaz di Genova, durante i giorni del G8. Così come rischiano di finire in un nulla di fatto parte delle concussioni legate al sistema di tangenti scoperto a Sesto San Giovanni, per cui è stato rinviato a giudizio anche l’ex consigliere provinciale del Pd Filippo Penati. Quest’anno la Corte di Cassazione ha prescritto 58 procedimenti per reati contro la pubblica amministrazione su un totale di 435 (13,5 %). E qui si realizza il perfetto cortocircuito fra il record della corruzione e quello delle prescrizioni. Però va detto che nella stragrande maggioranza dei casi, per fortuna, vengono prescritti reati piccoli. Processi minori. Storie di medio o basso livello.
Il timer scatta dal momento in cui è stato commesso il reato. Proprio il fatto che spesso venga scoperto già tardi, magari durante altre indagini, è uno dei problemi principali. Si parte in affanno. Bisogna arrivare alla sentenza definitiva entro sette anni e mezzo, nei casi più lunghi. I raffronti sono sempre impietosi. Ma nel 2010 un processo civile di primo grado in Germania durava 184 giorni, in Francia 279, in Spagna 289, in Italia 493. Da noi il tempio medio per portare una causa penale di primo grado davanti al tribunale è di 345 giorni. Poi c’è l’appello. E qui servono le parole dal presidente della Corte di Cassazione Ernesto Lupo, nella relazione sull’amministrazione della Giustizia pronunciata tre giorni fa: «Il nodo critico è rappresentato dalle Corti di Appello. Continuano a fare registrare un tempo di definizione assolutamente incompatibile con i parametri indicati. Si ripropone l’urgenza di procedere ad opportuni interventi correttivi... Con particolare riferimento alla disciplina dell’impugnazione...».
Sveltire la macchina, modificare radicalmente il sistema. Sempre considerando la variabile tempo. «Una variabile decisiva», dice Anna Chiusano, presidente della Camera Penale del Piemonte. «Ma noi crediamo che allungare i tempi della prescrizione non favorirebbe affatto il lavorare più alacremente e una giustizia più rapida. Ma solo il procrastinare dei processi».
Non tutti i numeri sono contro di noi. Nel 2003 le prescrizioni erano state 207 mila, contro le 130 mila di quest’anno. Insomma, almeno stiamo migliorando.