Paola Pollo, Corriere della Sera 6/1/2013, 6 gennaio 2013
TUNNEL
Il primo sguardo tra Ottavio Missoni e Rosita Jelmini, nel tunnel dello stadio di Wembley, estate del 1948. Lui, ventisettenne, stava lì per correre la finale dei 400, lei, diciassettenne, con le suore in viaggio premio. Tempo una settimana erano a cena insieme: Ottavio Missoni le raccontò di avere padre capitano friulano e madre contessa dalmata, d’aver fatto un record di atletica (48”8 sui 400 categoria 16 anni, ancora imbattuto), quattro anni di prigionia in Egitto dopo la battaglia di El Alamein, e qualche fotoromanzo Bolero. Rosita Jelmini, brianzola, gli parlò di madre e nonna ricamatrici, tessitrici e magliaie. Matrimonio a Gallarate nel 1953 e subito bottega d’abbigliamento sportivo, fatto soprattutto di tute e costumi di maglia, coi compiti divisi così: lui al disegno e colori, lei alla trama e ordito. Tre figli (Vittorio, Luca, Angela) in quattro anni.