Anna Martellatto, La Stampa 26/1/2013, 26 gennaio 2013
L’ARCHIVIO DEL COSTUME FINISCE IN FRANCIA
«Me ne vado», sbotta irritato al telefono. E irritato è un eufemismo. Perché Graziano Arici, 63 anni, documentarista, archivista e fotografo se ne andrà in Francia con il suo archivio, e con lui l’immenso tesoro che negli anni ha curato. Non c’è posto per le sue 850 mila fotografie, scatti in negativo dal 1946 al 1985, fino a quelli odierni in versione digitale. Molti dei quali sono stati minuziosamente cercati, raccolti, collezionati e negli ultimi 15 anni catalogati (in 380 mila file).
Finiranno a Arles, in Francia, dove Arici, 63 anni, ha comprato casa in vista della pensione, e che adesso diventerà la sua nuova sede lavorativa. Lontano dal Bel Paese, quindi, e soprattutto da Venezia che, dice il fotografo, quell’archivio «non l’ha voluto».
Salvador Dalì che si sistema gli stravaganti baffi a occhi chiusi in gondola. Ava Gardner e Humphrey Bogart al caffè Ginetta mentre lui le accende una sigaretta; Andy Warhol in un primo piano enigmatico, Pablo Picasso che inforca un piatto di spaghetti, il sorriso disarmante di Sophia Loren. E ancora, una sensualissima Claudia Cardinale, Igor Stravinsky, Ernest Hemingway, Maria Callas in costume da bagno baciata dal sole del lido, Ingrid Bergman.
C’è anche Ezra Pound, poi Paul Newman, Orson Welles, Totò. Ci sono Jean Paul Sartre e Simone de Beauvoir, oltre a volti noti dei nostri giorni, da Giovanni Paolo II alle star della mostra del Cinema. Tutti in viaggio con un biglietto di sola andata per Arles. Una scelta obbligata, secondo il fotografo veneziano: «Tutti sono interessati al mio archivio, ma nessuno l’ha voluto».
La sua decisione ha scatenato una bagarre mediatica, con botta e risposta tra Arici (che puntava il dito sul disinteresse di Venezia) e Venezia (che si è stupita della decisione del fotografo). Musei Civici Veneziani, Fondazione di Venezia, Fondazione Cini e Ateneo Veneto: tutti accordi sfumati. «Prendo atto che qui per me non c’è posto», ha concluso il fotografo-archivista. E la Venezia della cultura da parte sua si rammarica di perdere un patrimonio così importante.
«Venezia non è seconda a nessuno. Ma proprio perché è prima, mentre la sue risorse sono quelle di una piccola città, non riesce con i fondi pubblici a rispondere a tutte le esigenze e le opportunità», interviene Tiziana Agostini, assessorato alla Cultura. «Graziano offrì l’archivio a 1 milione e 200 mila euro - spiega Fabio Achilli, direttore della Fondazione di Venezia -. Ma a ciò vanno aggiunti i costi per renderlo fruibile. Abbiamo calcolato che questo lavoro costerebbe altri 400 mila euro, tra schedatura e digitalizzazione, senza contare gli eventuali costi di stampa».
Achilli fa un ragionamento: «Che valore hanno questi negativi? Lo hanno nel momento in cui li vendo, cosa che non possiamo fare come Fondazione», dice Achilli, che in passato acquistò l’archivio di Italo Zannier, 1.500 fotografie. E lancia una provocazione. «Perché in Francia queste foto le ha regalate, e a noi le vuole vendere? Con un approccio diverso un accordo l’avremmo trovato: la possibilità c’era».
«È falso, non ho chiesto 1 milione - tuona l’interessato -. Chiedevo un vitalizio di 2500 euro al mese. E poi, con tutto questo materiale si potrebbero organizzare non una, ma 40 mostre». Il botta e risposta, insomma, continua. E intanto, Arici si appresta a lasciare l’Italia: il suo archivio è già ad Arles e lui lo sta per raggiungere, anche se la delusione è notevole. Poco importa, ora, se c’è una colpa e di chi è. Sta di fatto che a lasciare Venezia (e l’Italia) è un’occasione che in futuro potremmo forse rimpiangere.