Ilaria Sacchettoni, Corriere della Sera 26/1/2013, 26 gennaio 2013
BEVILACQUA PRIGIONIERO IN CLINICA
Era entrato in clinica per uno scompenso cardiaco. Adesso, tre mesi dopo, le condizioni di Alberto Bevilacqua — ricoverato a «Villa Mafalda» — appaiono fragilissime e a rischio per un’infezione alle vie respiratorie che comprime le funzioni vitali. L’autore di romanzi come La Califfa, Gialloparma, La camera segreta, è bisognoso di cure urgenti e non più prorogabili.
Una vicenda dolorosa, uscita dalla riservatezza della sfera privata grazie alla denuncia della compagna, Michela Macaluso, in arte Michela Miti, ex attrice di commedie all’italiana ma anche scrittrice e autrice di raccolte di poesie pubblicate per la Mondadori (da sempre casa editrice di Bevilacqua). Le condizioni di salute dello scrittore sono illustrate in una denuncia depositata in Procura sulla base della quale i magistrati hanno aperto un’inchiesta per lesioni colpose (al momento è solo un’ipotesi di reato senza indagati) nei confronti dei medici della casa di cura «Villa Mafalda». Secondo l’esposto, lo scrittore sarebbe in qualche modo «ostaggio» di una struttura privata dalla retta quotidiana stellare, pari a circa tremila euro al giorno per l’ospitalità. Nulla di male se la terapia fosse appropriata, ma il rischio — secondo la denuncia — è che invece sia inadeguata e il paziente stia lentamente peggiorando.
L’inchiesta è stata assegnata al pm Elena Neri del pool delle colpe professionali coordinato dall’aggiunto Leonardo Frisani, mentre le indagini, delegate ai carabinieri del Nas, sono partite ieri stesso con il sequestro della documentazione nella casa di cura romana: dalla cartella clinica alle relazioni di servizio del personale medico, passando per i documenti di ricovero.
A completare il quadro di una tribolata degenza si aggiunge il dettaglio economico. Michela Macaluso ha appena ricevuto la lettera della struttura clinica. La direzione di Villa Mafalda comunica che la retta per i 3 mesi di ricovero è pari a 640 mila euro in totale (ma 120 mila sono già stati versati, dunque ne resterebbero da pagare 520 mila).
Sperando che l’intervento presso l’autorità giudiziaria aiutasse a sbloccare il trasferimento dello scrittore, la Macaluso ha scelto di rivolgersi ai magistrati. Dal suo studio, l’avvocato Giuseppe Zaccaria (che assiste la Macaluso) sostiene che l’esposto sia l’ultima speranza di «salvare la vita a Bevilacqua», quasi una lotta contro il tempo per l’aggravarsi delle sue condizioni. «La mia cliente — dice il legale — è angosciata e stupefatta. Malgrado l’emergenza i medici di Villa Mafalda continuano a trattenerlo violando il protocollo scientifico che prevede di trasferire il paziente nella struttura pubblica meglio attrezzata per le cure specifiche».
Nel dramma personale dello scrittore si è dunque inserito un aspetto giudiziario. Settantotto anni, divorziato, senza figli, Bevilacqua ha solo una sorella che vive a Parma e che, a sentire quello che trapela da chi lotta quotidianamente con lo scrittore, ignora le sue reali condizioni di salute. La Macaluso non è sposata con lui, dunque la sua firma non ha alcun valore legale per sostenere il trasferimento dalla clinica del paziente. Da settimane è in corso con la direzione medica una trattativa: «Per giorni si è nicchiato, rinviando la decisione sul trasferimento. Nel frattempo abbiamo chiesto a un medico di fiducia di visitarlo», aggiunge Zaccaria. Il risultato è allegato alla denuncia, nella quale si parla anche di piaghe da decubito.
Bevilacqua sarebbe in uno stato di incoscienza, incapace di parlare e capire quello che sta accadendo, complice il virus alle vie respiratorie «peraltro contratto negli stessi ambienti della clinica a quanto risulta dalla nostra consulenza», incalza l’avvocato. La degenza va avanti dalla metà di ottobre, l’ultima intervista è stata quella di aprile scorso a Raitre con Fabio Fazio per l’uscita di Roma califfa, cronaca autobiografica del passaggio affettivo dalla Parma del dopoguerra alla Roma degli anni Sessanta.
Sottolinea ancora l’avvocato Zaccaria: «Anziché trasferirlo d’urgenza al più vicino ospedale pubblico attrezzato per le malattie respiratorie, la direzione di Villa Mafalda lo trattiene, giorno dopo giorno, senza decidere». Una sorta di «resistenza passiva» che potrebbe configurare anche il reato di omissione di atti d’ufficio. È presto per dirlo. E soprattutto, ora, la vera urgenza è un’altra.