F. Fub., Corriere della Sera 25/01/2013, 25 gennaio 2013
AEREI PRIVATI, DJ E FESTE ESCLUSIVE. IL CLUB DEGLI EGOCENTRICI MONDIALI —
Di rado il sindaco di Londra Boris Johnson perde un’occasione per dare sfogo alla sua oratoria in endecasillabi. E il World Economic Forum non è certo il momento giusto per saltare un giro. Davos, ha spiegato ieri Johnson tenendosi in equilibrio sul ghiaccio, «è una costellazione di ego coinvolti in un’orgia di adulazione». Johnson ovviamente ci è venuto, caso unico fra i primi cittadini delle grandi città, solo per attrarre investimenti verso Londra. Ci riesca o no, il «sindaco globale» ha colto un punto: forse mai come quest’anno l’«orgia di adulazione» di Davos si è fatta affollata ai limiti dell’agibilità. Non un solo grande manager delle migliaia di imprese associate ha saltato l’evento. Per la prima volta dai tempi dalla crisi subprime c’e persino Lloyd Blankfein, amministratore delegato di Goldman Sachs. Deve aver pensato che ormai è passato il peggio delle contestazioni di «Occupy Davos», di solito confinate peraltro negli igloo montati in un parcheggio a dieci sotto zero. Blankfein si aggira per i corridoi distribuendo pacche, avvolto in una barba inedita. Ma nemmeno lui poteva sapere che quest’anno il premio Public Eye di Davos (assegnato da un gruppo esterno al Forum) sarebbe andato proprio a Goldman Sachs e Shell «per casi particolari di avidità e peccati nei confronti dell’ambiente».
Fosse solo quello il criterio, il World Economic Forum dovrebbe vincere il premio ogni anno. Non è solo che il sito web Grist stima in 2,5 milioni di chilogrammi la quantità di anidride carbonica emessa dai partecipanti per recarsi a Davos: in tutto 550 mila chilometri in aereo, in centinaia di aerei privati, più il passaggio in elicottero a 3.400 euro per tratta da Zurigo alla cittadina fra le nevi. Il tutto per venire qui a discutere, accorati, di «un nuovo quadro per le politiche sul clima».
Ma appunto non è solo questo. Né è solo il costo. Nel suo blog, Andrew Ross Sorkin del New York Times ha ricostruito il bilancio dell’uomo medio davosiano. Sono 71 mila dollari solo per un banale biglietto d’ingresso, ma almeno 156 mila per un accesso a quelle che si chiamano «discussioni private». Con la sposa o (meno spesso) lo sposo, fanno 301 mila dollari per quattro giorni di discussioni. E se poi siete un amministratore delegato, come minimo volete avere almeno qualche assistente e portaborse intorno a voi. Il pacchetto da cinque posti vale circa 670 mila dollari, al quale aggiungere voli privati, alberghi e feste come quelle di Google che costano almeno 100 mila dollari in bande rock e dj per organizzarle.
Quest’anno il giro d’affari totale di mezza settimana a Davos dev’essere stato intorno ai 185 milioni di dollari. Tutto per venire qua a suddividersi in caste in base al potere d’accesso del vostro badge e a sentire il guru-organizzatore Klaus Schwab dire frasi come: «Senza una maggiore moralità, l’umanità non può sopravvivere». Possibile? Sì, perché mai come quest’anno Davos ha fatto il pieno. Almeno 50 fra capi di Stato e di governo, loro gratis perché regalano qualcosa di cui parlare. Almeno 2.600 manager: loro gratis per se stessi, ma non per gli azionisti che pagano il conto. E forse non si tratta neanche solo di fare affari nelle salette appartate, o della «moralità» di Schwab. Perché in fondo anche nel club più esclusivo, il fatto che puoi entrarci è la principale ragione che ti dà voglia di farlo.
F. Fub.