Gianluca Paolucci, La Stampa 25/1/2013, 25 gennaio 2013
CREDITO, CULTURA, TAV ADDIO TOSCANA FELIX
Se mi dice se queste vicende abbiamo una ripercussione per la regione sì, se mi parla di crisi di un modello le rispondo di no». Vannino Chiti, vicepresidente del Senato, taglia corto sulla prospettiva di una crisi che dal «modello Siena» venga estesa al «modello Toscana».
«Sono tutte vicende scollegate tra loro, non credo possano essere assimilate». Franco Ceccuzzi, da politico navigato, svicola la domanda sulle tante, troppe crisi che tutte insieme hanno colpito la ex Toscana felix. Ma se l’ex sindaco di Siena - oltre che ex parlamentare ed ex segretario provinciale dei Ds - ci tiene a chiarire che ogni vicenda fa storia a sé, non si può non notare che l’elenco di guai e pasticci sta diventando ormai piuttosto lungo. Oltre a Siena e al Monte dei Paschi, a distanza di pochi giorni due belle grane sono scoppiate nel capoluogo regionale. Mercoledì, mentre nella città del Palio deflagrava il bubbone dei derivati, a sessanta chilometri di distanza, a Firenze, il ministero dei beni culturali decideva di commissariare il Maggio Fiorentino, una delle più prestigiose istituzioni culturali della città. Motivo: gravi irregolarità gestionali, un perdita patrimoniale milionaria e la mancata ricapitalizzazione. Secondo i calcoli del ministero, tra il 2008 e il 2011 la perdita è stata di 14,5 milioni, più altri tre milioni nel 2011, più ulteriori tre milioni previsti per il 2012. La vicenda coinvolge direttamente la giunta Renzi, che dal 2010 ha promosso ha più riprese interventi sul capitale del Maggio mai realizzati. A perdere il posto è invece la Sovraintendente del Maggio, Francesca Colombo. Difesa dal Maestro Zubin Mehta, che da 27 anni dirige l’orchestra del Maggio, la Colombo lascia il posto con una serie di dichiarazioni spiazzanti, tira in ballo la politica e dichiara che la sua vicenda è paragonabile all’acido tirato in faccia al direttore del Bolshoi.
Il 17 gennaio scorso, in mattinata, le agenzie battevano la notizia di una maxi-inchiesta della procura fiorentina sui lavori per consentire l’attraversamento della città alla linea ferroviaria ad alta velocità. Oltre 30 indagati, una trentina di perquisizioni in tutta Italia, ipotesi di reato di truffa alla pubblica amministrazione, corruzione e smaltimento abusivo dei rifiuti. La trivella che doveva realizzare il tunnel per superare la città è sotto sequestro, il presidente della Regione Enrico Rossi promette richieste di risarcimento, ma intanto c’è di certo che nel consorzio che dovrebbe realizzare l’opera c’è la Coopsette di Reggio Emilia, colosso delle Coop rosse. Tanto basta - e avanza per scatenare le opposizioni sul caso. Tra gli indagati finisce anche Anna Rita Lorenzetti, ex presidente della regione Umbria passata alla presidenza di Italferr, altra società coinvolta che però sarebbe parte lesa.
Tornando a Siena, ieri si è tenuta l’udienza preliminare per l’inchiesta sulla privatizzazione dell’aeroporto di Ampugnano, rinviata a marzo: anche qui Giuseppe Mussari è indagato. Opera di non strettissima necessità: si sarebbe trattato del terzo aeroporto commerciale della regione. Da oggi è chiuso: niente più voli privati, turistici o per le emergenze sanitarie, le uniche attività del piccolo scalo attuale. Sempre a Siena, altra grossa grana è quella dell’Università. Per anni regno incontrastato di Luigi Berlinguer, che è stato rettore dal 1985 al 1994, l’Università di Siena si trova con buco di 200 milioni. Anche qui un’inchiesta in corso. A rifiutare l’assimilazione delle vicende senesi e fiorentine è anche Alessia Pedraglia, una lunga militanza nell’Arci toscano e attuale capolista di Sel in regione per le prossime politiche. «A parte i soldi che anche il Maggio riceveva dalla Fondazione Mps, e che comunque erano poca cosa, non vedo altri collegamenti», dice la Pedraglio.
«Se mi chiede se dentro la crisi di un modello di sviluppo debbano essere anche ripensati i modelli di riferimento locali le rispondo che sì, devono essere ripensati. Non possono essere gli stessi di quando io ero governatore della Regione», dice ancora Chiti. «Altra cosa è leggere con un’unica lente questa situazione. Vede, il problema vero del Monte è che c’è stato un “modello Siena”, quello sì, che è stato abbracciato da tutti, indipendemente dal colore. Da presidente di Regione ho perso battaglie su questo». Il clima da campagna elettorale non facilita la linea di difesa però. «No, lezioni da Tremonti no davvero: a pensare ad un controllo più forte sulle banche e su Bankitalia è stato lui, non noi. Quindi lezioni non ne accettiamo, né da lui nè da Pdl e Lega».