Francesco Fasiolo, la Repubblica 25/1/2013, 25 gennaio 2013
QUI RESISTI SOLO PER PASSIONE CAPISCO CHI LASCIA L’ITALIA
Tutto parte, e riparte, da qui. Jesi, nel cuore delle Marche: quarantamila abitanti, 92 medaglie conquistate in pedana tra Olimpiadi, Mondiali ed Europei. La leggenda della scherma italiana si costruisce dentro un edificio basso e grigio anni ’70. Elisa Di Francisca e Giovanna Trillini arrivano insieme, come due compagne di scuola. L’oro di Londra allenata dall’oro di Barcellona, è la nuova sfida del fioretto italiano, dopo l’addio del ct Stefano Cerioni. «Per Elisa era fondamentale rimanere ad allenarsi nella sua città. Noi jesini siamo fatti così», spiega Giovanna. D’altronde solo il Club Scherma Jesi può vantare una stanza come la "Sala degli ori", dove la storia prende forma nei grandi dipinti delle vittorie olimpiche di Cerioni, Trillini, Vezzali. E se il trionfo della Di Francisca è l’immagine più recente, l’album di famiglia parte da un ritaglio in bianco e nero: il maestro Ezio Triccoli, fondatore del club. Sotto, una penna ha scritto 1947. L’anno in cui tutto è cominciato, al ritorno del giovane sergente maggiore da un campo di prigionia in Sudafrica, dove scoprì la scherma. L’oggi ha i colori dei bambini che riempiono la palestra ogni pomeriggio. Elisa Di Francisca li guarda e aspetta il turno dei "grandi".
Ricorda la prima volta che ha messo piede in questa palestra?
«Certo, una giornata bellissima. Avevo sette anni ed ero stufa della danza classica. Un giorno entra mio padre in casa e dice, perché non provi a fare scherma? E io: è quella cosa con le spade? Oggi mi accade il contrario. Quando dico cosa faccio nella vita c’è chi risponde: in che senso scherma? Sei tipo Zorro?».
Come è nata l’idea di chiedere a Giovanna Trillini di diventare il suo maestro?
«Quando Stefano Cerioni ha deciso di andare in Russia mi sono sentita barcollare. È stato il mio maestro da quando avevo 13 anni: un secondo padre. Avevo bisogno di affidarmi a qualcuno che già mi dava consigli da bordo pedana: Giovanna è stata la prima scelta. All’inizio mi ha detto: "Sei matta? Con te è un casino!". In effetti ho un carattere un po’ particolare...».
Sorpresa dall’addio di Cerioni?
«Era nell’aria, ma non mi aspettavo questa scelta drastica. Sarà dura vederlo allenare la Russia, nostra grande avversaria. Pensavo che la Federazione sarebbe riuscita a dare a Stefano quello che gli spettava, visti i risultati».
Già l’1 e 2 febbraio, a Danzica, c’è la prima tappa di Coppa del mondo. Cosa vuol dire cambiare maestro dopo tanti anni?
«All’inizio non è facile trovarsi bene. Intanto il bersaglio si è un po’ rimpicciolito, Stefano era grande, Giovanna più bassa... le prime volte che abbiamo tirato non la prendevo. Ci siamo fatte parecchie risate: mi mancava un pezzo di bersaglio. Ora mi sto abituando a stare più piegata sulle gambe, e mi servirà perché sarò più precisa. Ma è chiaro che se la prima gara andrà male non sarà colpa di Giovanna».
E da un punto di vista psicologico cambia qualcosa passare da un uomo a una donna?
«Con Stefano ci capivamo al volo. Con una donna sarà ancora più facile, diciamo che abbiamo le stesse turbe mentali... Giovanna è diventata da poco maestro, sarà un crescere insieme».
La nazionale di fioretto ha un nuovo ct, Andrea Cipressa. Ma si parla di "fuga dei maestri": non solo Cerioni, anche Giovanni Bortolaso, il tecnico di Arianna Errigo, ha scelto l’estero.
«Conosco da tempo Cipressa e lo stimo molto. Ma capisco chi lascia l’Italia. E non parlo solo di sport: il paese sta attraversando un momento davvero duro, ed è chiaro che chi ha famiglia e delle competenze vuole che queste vengano riconosciute, cerca la tranquillità di un buon contratto. Se decidi di restare lo fai solo per passione, altrimenti vai all’estero».
Cinque mesi fa i due ori di Londra. Come è cambiata la sua vita?
«Intanto ho fatto più feste (ride). E poi ho più consapevolezza di me, più forza e quando ho un momento un po’ brutto mi giro, guardo le medaglie, le bacio e tutto passa. Un antidepressivo».
Dopo i Giochi ha detto: ora voglio l’uomo giusto. Trovato?
«No. È una parola.... Ho detto a me stessa che la prossima relazione sarà quella giusta, voglio dedicarmi anche al privato, finora la mia vita è stata una corsa verso i risultati. Ma di "uomini uomini" ormai ce ne sono pochi. E come detto, io non ho un carattere facile...».
Difetto principale?
«Sono molto testarda. Nello sport può essere anche un vantaggio, ma nella vita dopo un po’ che ripeto le cose a oltranza la gente mi dice: Elì, basta!».
Voterà alle politiche?
«Sì, certo».
Valentina Vezzali è candidata. E se le chiedesse il voto?
«Io la voterei, perché no?».
Davvero?
«Magari sì, dai. In fondo cosa cambierà? Al massimo il colore della sua auto. Ora arriva in palestra con la macchina bianca, comincerà ad usare quella blu...».