Elena Bonanni, l’Espresso 25/1/2013, 25 gennaio 2013
Dopo l’oro il platino– Dal gold standard alla Platinum option. Per risolvere i pasticci fiscali made in Usa c’è una nuova frontiera del sogno americano, questa volta liberale
Dopo l’oro il platino– Dal gold standard alla Platinum option. Per risolvere i pasticci fiscali made in Usa c’è una nuova frontiera del sogno americano, questa volta liberale. L’idea, per quanto curiosa e anche un po’ folle, è legale e per alcuni anche geniale: coniare una moneta in platino dal valore di mille miliardi di dollari per risolvere il problema del tetto del debito. Pura convenzione, certo. Resa possibile da un escamotage che permette al Tesoro Usa di coniare monete di platino commemorative di qualsiasi denominazione. L’opzione Platino, già bocciata dall’amministrazione Obama, ha impazzato su Twitter con il seguitissimo hashtag #mintthecoin (conia la moneta). Sul sito per le petizioni della Casa Bianca, We the people, le firme stanno continuando a salire, mentre uno dei suoi sostenitori più celebri, l’economista progressista e premio Nobel Paul Krugman ha ingaggiato un duello tv a distanza con il comico più amato dai liberal, Jon Stewart, nel popolarissimo "Daily Show". È la riscossa mediatica del platino, offuscato nella crisi dal re oro. Ma l’inizio del 2013 ha segnato un nuovo rally anche nelle quotazioni. Storicamente più prezioso, il platino ha dovuto negli ultimi tempi cedere lo scettro al metallo giallo, spinto verso nuovi record dai timori di recessione e inflazione. Ma a inizio gennaio, dopo un breve exploit già a ottobre, è tornato a mostrare i muscoli sull’oro: un rapido rally ha riportato i prezzi verso quota 1.700 dollari l’oncia, riagguantando l’oro (che si scambia attorno 1.690 dollari). Un sorpasso che non si vedeva dal marzo 2012. Difficile dire se sarà duraturo: il platino non riesce a resistere sopra i 1.700 dollari dal settembre 2011 e a gennaio del 2012 il vantaggio a favore dell’oro era arrivato a superare anche i 200 dollari. Per Morgan Stanley il 2013 sarà ancora l’anno della supremazia del metallo giallo (a un prezzo medio di 1.853, con il platino a 1.715), ma la banca d’affari si aspetta il sorpasso per il 2015, quando l’oro quoterà 1.750 dollari e il platino a 1.865. La stravagante idea della moneta ha poco a che fare con il rally e, nonostante la sua immediata popolarità, non avrà l’effetto di innescare una corsa al platino come nuovo bene rifugio, né di influenzare la domanda in modo anomalo. Già, perché oro e platino, entrambi classificati come metalli preziosi, sono in realtà ben diversi. Bene rifugio per eccellenza, il lingotto si muove sulle aspettative di recessione e inflazione. E negli ultimi anni è diventato così accessibile da essere molto simile a una valuta. Oggi a livello globale gli asset investiti in Etp (Exchanged traded product come Etf e Etc, ossia strumenti finanziari che replicano un paniere sottostante), che danno esposizione all’oro, un’alternativa al classico acquisto di lingotti e monete fisiche, sono superiori a 140 miliardi di dollari in oltre 15 prodotti quotati in America, Europa ed Asia. Al contrario, il platino non ha lo status di "safe heaven" e gode di una domanda limitata: oggi gli asset in Etp sono circa 2,5 miliardi in 5 prodotti. E questo perché è tutto fuorché difensivo. Sebbene più raro e difficile da estrarre, il suo prezzo dipende principalmente dalla domanda nel settore automotive, dove è usato per la produzione di marmitte catalitiche (38 per cento della domanda), un po’ dalla gioielleria (33 per cento) e un po’dall’industria (22). Tutti settori che risentono della crisi. A comandare sull’offerta è in pratica solo il Sud Africa, con l’80 per cento delle riserve mondiali e il 75 della produzione. «Se avremo una solida domanda di automobili negli Usa e in Asia, assieme alla riduzione della capacità produttiva in Sud Africa, allora quest’anno il platino sarà una delle materie prime più interessanti», dice Stefano Caleffi, responsabile per l’Italia di Source, società specializzata in Etp. Che osserva un ritorno di interesse: «Dopo aver messo denaro sull’oro, adesso molti clienti ci stanno chiedendo il platino per i nuovi investimenti». L’ultimo rally partito a fine dicembre si spiega proprio con i segnali di ripresa del settore automobilistico in Usa e i tagli del 20 per cento (400 mila once l’anno su 2,5milioni) da parte del produttore leader Anglo Platinum. Una mossa che elimina anche 14 mila posti di lavoro tra i minatori, già in rivolta. Così, ora le tensioni potrebbero produrre un impatto sull’offerta e spingere il prezzo sopra i 1.700 dollari.