Enrico Arrosio, l’Espresso 25/1/2013, 25 gennaio 2013
Voglio un amore arcobaleno Questa storia è positiva e dà fiducia. Edith Ferrari Tumay, ottava di nove fratelli, ha studiato psicologia in Perù
Voglio un amore arcobaleno Questa storia è positiva e dà fiducia. Edith Ferrari Tumay, ottava di nove fratelli, ha studiato psicologia in Perù. Nel 1991 viene in Italia in vacanza. Conosce un genovese, geometra, si innamorano, si sposano. Lei si reiscrive all’università a Torino, fa gli esami col pancione, si rilaurea in psicologia nel 1995. Madre di due figli va su e giù con Roma per seguire corsi di psicoanalisi, sostenuta dal marito. Oggi abitano a Pontedecimo, lei ha uno studio al settimo piano della torre di Piacentini nel centro di Genova, fa l’orientatrice nelle scuole, collabora con il Centro antiviolenza per le donne maltrattate. E dice: «A Pontedecimo sono stata per anni l’unica straniera, ma arrivai da adulta, con più strumenti di altri. Capisco anche il dialetto. Mio marito mi ha sempre appoggiato: io sono immigrata in Liguria, lui è immigrato nella mia mentalità. La crisi è un catalizzatore di paure, lo straniero può diventare un capro espiatorio del proprio malessere. Io sono stata fortunata». Quest’altra storia, invece, è negativa e suscita allarme. Lo scorso 27 settembre un’altra donna peruviana a Genova, Margarita Alania, 43 anni, si getta nel vuoto da un sesto piano di via Ceccardi, mentre è in attesa del suo avvocato. Si è buttata col suo bambino di quattro anni: lui sopravvive, lei muore sul colpo. Accanto a lei, la Bibbia che stava leggendo. Era sposata con un operaio cinquantunenne della provincia di Savona. Il matrimonio era in crisi. L’anno prima lei era volata in Perù col figlio, lui l’aveva denunciata per sottrazione di minore. Rientro di lei, ricomposizione, ritiro denuncia. Poi lei aveva denunciato lui per maltrattamenti. Era disoccupata, temeva le strappassero il figlio. Nella comunità latino-americana si creò una catena di solidarietà. Invano. La salma è rientrata in Perù a novembre. TERRA DI UOMINI SOLI Due vicende, molto diverse, di matrimoni misti. In Liguria. Perché "l’Espresso" le mette a confronto? Perché questa regione è un laboratorio sociale sui "new Italians", sullo sfondo dell’economia globale. Perché la terra ligure, oltre ai fiori, al pesto, ai traffici portuali ha alcuni primati tutti suoi. È al primo posto in Italia per figli nati da coppie miste non coniugate. E insidia a Friuli ed Emilia il primato dei matrimoni tra un italiano e una straniera. I matrimoni misti, tra Ventimiglia e La Spezia, sono il 13,2 del totale (a Imperia il 15,1) contro una media italiana del 7. Non basta. I liguri vivono più a lungo degli altri; ci sono molti celibi e vedovi over 60; si sposano poco e tardi, altro record italiano: a 35,6 anni gli uomini, a 32,6 le donne. Così spiega Riccardo Podestà direttore di Liguria Ricerche, sulla base del nuovo annuario statistico della Regione. C’è la ballerina russa, la cuoca brasiliana, la badante ecuadoriana per lo zio infermo. La coppia mista, lui italiano, lei straniera, e molto spesso latino-americana, è ormai uno standard riconosciuto. Li vedi sereni coi bambini al campo giochi del Porto Antico; e te li ritrovi, gravati da drammi e da silenzi, in attesa presso gli avvocati matrimonialisti o i centri antiviolenza. Qui l’integrazione, là il conflitto. Il fenomeno è più visibile dal 2009, quando, con l’introduzione del pacchetto sicurezza, si stabilì il possesso del permesso di soggiorno come requisito per sposarsi. L’irregolare diventato clandestino e non coniugabile. La norma fu annullata dalla Corte costituzionale nel 2011. «In quel biennio», racconta l’avvocato Alessandra Ballerini, «da Genova le coppie miste andavano a sposarsi a San Marino, eludendo il divieto». In Liguria è fiorito un mercato dei matrimoni finti, per denaro. Per cifre minime, 7 mila, 5 mila, persino 2 mila euro ci sono italiani che sposano straniere e poi scompaiono: la donna extracomunitaria non riesce a dimostrare la convivenza, perde il permesso ma non può denunciare la truffa perché complice. Infatti dopo i matrimoni tra un italiano e una straniera, o viceversa, la Questura fa controlli nelle case per verificare l’effettiva convivenza. «Controlli invasivi», denuncia l’avvocato Ballerini, nelle camere da letto, nei cassetti della biancheria. Interrogano vicini di casa, in cerca di indizi negativi, e i vicini non sempre collaborano. Per difendere i soggetti deboli, le donne immigrate e i figli, sono nate associazioni come Madres Coraje o il Coordinamento ligure donne latino-americane. C’è Radio 19 Latino che unisce informazione e musica, con notiziari in lingua. Negli affidamenti, lamentano molti, la nazionalità (italiana) spesso fa premio sul merito (del genitore). I TRANQUILLI E I VIOLENTI Le casistiche sono diverse. C’è la coppia tranquilla con lei est europea, anche in provincia. «Le devo dire la verità? In paese è molto più integrata mia moglie del sottoscritto». Sorride Roberto Brunengo, direttore di produzione di un’azienda nell’Imperiese. Vive a Pieve di Teco con la moglie Daniela Zalincu, 35 enne, romena, conosciuta a Torino, e due figli piccoli. «Ci siamo sposati nel 2002 in Comune, poi in una chiesa ortodossa in Romania, con rito misto, così ho visitato il Paese per la prima volta. I figli conoscono già due lingue, di questi tempi una fortuna non da poco». Nel Ponente, romene e ucraine svolgono lavoro domestico; la floricoltura occupa soprattutto maghrebini. Ma la violenza cova anche nei piccoli centri tranquilli. Impressionò, nel 2010, il caso di Kamila Lysadorska, 33 anni, polacca, ucsisa a coltellate ad Albissola dal compagno Walter Vivado, per gelosia. Il corpo fu trovato dai bambini. C’è, molto frequente, la coppia da welfare sostitutivo. Anziano vedovo con badante straniera. «L’anziano, o il malato, spesso fa paura», racconta l’avvocato Ballerini, «i figli spesso lo lasciano solo. Interviene l’ecuadoriana, magari infermiera. L’anziano si affeziona, dispone a suo favore nel testamento, i figli entrano in conflitto». Storie non così rare nelle comunità ecuadoriane e peruviane. Gli ecuadoriani sono circa 30 mila in Liguria, altro primato italiano. ECUADORIANI IN TESTA Come ricorda Graciela Del Pino, mediatrice culturale, presidente del Coordinamento donne latinoamericane: «I legami sono lontani: risalgono ai contatti mercantili tra Genova e il porto di Guayaquil. Le prime ragazze ecuadoriane immigrarono come governanti, nelle famiglie. Poi chiamarono sorelle, nipoti. Con il crescere della comunità, solo a Genova siamo 20 mila, si crearono e ricomposero famiglie. Ma il vero boom è iniziato dopo il 1997, con gli effetti del Niño sull’agricoltura, la recessione, il crack delle banche, la dollarizzazione della moneta». Molte donne assistono anziani soli. Dal Pino lo spiega anche in termini culturali: «Da noi l’anziano incute rispetto e amore. Come è ritenuta autorevole la figura dell’insegnante, del professore; diversamente, devo dire, da voi italiani». Altra osservazione: «Conosco tante coppie miste equilibrate e felici. Però l’uomo italiano difficilmente accetta l’abbandono. È da qui che scaturiscono certi casi di maltrattamenti o di violenza sessuale; che solo di recente, del resto, in Italia è passata da delitto contro la morale a delitto contro la persona». Ci sono, per fortuna, tante storie riuscite. Magari anche grazie a buone condizioni di partenza. È il caso di Marta Ribeiro, sposata con un operaio genovese in pensione, originaria di San Paolo, la Milano del Brasile. «Quando arrivai, 22 anni fa, Genova mi sembrò piccola e arretrata. Niente metrò, pochi computer. Mi integrai in fretta, i brasiliani erano pochi, anche se c’era chi pensava: "Quelle vengono a prenderci i nostri uomini". La nostra, in fondo, è un’emigrazione di singoli». Ribeiro insegna portoghese a Casa America, assiste famiglie con bambini adottati, è impegnata nell’associazione Luanda creata dai frati brasiliani della Madonnetta, che ha una missione agostiniana in Camerun. Racconta: «L’economia in Brasile è vivace. La mia prima amica brasiliana è rientrata a San Paolo, e non è l’unica». È inquieta anche Domenica Canchano, giornalista peruviana esperta di comunità straniere. Una giovane donna integrata, apprezzata, dall’italiano eccellente, con una sorella sposata a un genovese. «Invece io, in futuro, mi vedo in Perù». Domenica racconta il caso di Karina Cedeño, ecuadoriana madre di cinque figli che si rifugiò per settimane nel Consolato dell’Ecuador per sottrarli al compagno, gioielliere genovese, creando un caso diplomatico. Poi risolto a suo favore. Sono più rari, in una Liguria a ritmo di salsa, dove anche Genoa e Sampdoria hanno sempre privilegiato campioni d’oltreoceano, da Pato Aguilera a Diego Milito, i matrimoni tra cristiani e musulmani. Per esempio, il talento del Milan, Stephan El Shaarawy è nato a Savona da papà egiziano e mamma ligure. È un divo degli stadi e presto sarà un ricco signorino. Ma una success story, a modo suo, è anche quella di Khaled Rawash. Nato in Giordania, vive a Imperia dagli anni Ottanta. È medico come sua moglie Laura Franceschini, la loro casa è piena di cose. «Ho studiato all’Università di Genova», racconta: «Sono musulmano ma di orientamento laico, e mia moglie è cattolica allo stesso modo. Festeggiamo tutte le feste religiose, ma ai figli abbiamo trasmesso i valori della laicità. Qualche episodio di intolleranza l’ho vissuto. Ma ci ha aiutato condividere gli stessi interessi culturali, la passione per la politica e l’impegno sociale», continua il medico che gestisce anche un circolo Arci. EFFETTO SANTO DOMINGO La Liguria è lunga, arriva fino al Golfo dei Poeti cantato da Lord Byron. Un caso poco noto è quello dei dominicani della Spezia. Negli ultimi anni sono arrivati oltre duemila cittadini di Santo Domingo: sono la comunità straniera più numerosa. Le donne sono attive nei servizi alla persona, gli uomini sono muratori, artigiani, qualche commerciante e ristoratore. Racconta Maria Peralta, dell’Associazione dei dominicani: «Un primo nucleo di connazionali si era stabilito a Marina di Carrara. Con l’aiuto delle parrocchie ci siamo distribuiti lungo la costa, dalle Cinque Terre fino a Chiavari. Mia sorella ha un marito italiano, poliziotto, due mie cugine hanno sposato italiani. Mio figlio sedicenne ha la ragazza italiana. Certo, con i ricongiungimenti i problemi maggiori li hanno gli adolescenti in arrivo: devianza, alcol, bande giovanili...». I dominicani hanno messo in piedi anche delle squadre di baseball. Chissà che col tempo qualcuno dei ragazzi passi al calcio, e nasca da quelle parti il prossimo El Shaarawy. Un eroe caraibico cresciuto a focaccia. Questa storia è positiva e dà fiducia. Edith Ferrari Tumay, ottava di nove fratelli, ha studiato psicologia in Perù. Nel 1991 viene in Italia in vacanza. Conosce un genovese, geometra, si innamorano, si sposano. Lei si reiscrive all’università a Torino, fa gli esami col pancione, si rilaurea in psicologia nel 1995. Madre di due figli va su e giù con Roma per seguire corsi di psicoanalisi, sostenuta dal marito. Oggi abitano a Pontedecimo, lei ha uno studio al settimo piano della torre di Piacentini nel centro di Genova, fa l’orientatrice nelle scuole, collabora con il Centro antiviolenza per le donne maltrattate. E dice: «A Pontedecimo sono stata per anni l’unica straniera, ma arrivai da adulta, con più strumenti di altri. Capisco anche il dialetto. Mio marito mi ha sempre appoggiato: io sono immigrata in Liguria, lui è immigrato nella mia mentalità. La crisi è un catalizzatore di paure, lo straniero può diventare un capro espiatorio del proprio malessere. Io sono stata fortunata». Quest’altra storia, invece, è negativa e suscita allarme. Lo scorso 27 settembre un’altra donna peruviana a Genova, Margarita Alania, 43 anni, si getta nel vuoto da un sesto piano di via Ceccardi, mentre è in attesa del suo avvocato. Si è buttata col suo bambino di quattro anni: lui sopravvive, lei muore sul colpo. Accanto a lei, la Bibbia che stava leggendo. Era sposata con un operaio cinquantunenne della provincia di Savona. Il matrimonio era in crisi. L’anno prima lei era volata in Perù col figlio, lui l’aveva denunciata per sottrazione di minore. Rientro di lei, ricomposizione, ritiro denuncia. Poi lei aveva denunciato lui per maltrattamenti. Era disoccupata, temeva le strappassero il figlio. Nella comunità latino-americana si creò una catena di solidarietà. Invano. La salma è rientrata in Perù a novembre. TERRA DI UOMINI SOLI Due vicende, molto diverse, di matrimoni misti. In Liguria. Perché "l’Espresso" le mette a confronto? Perché questa regione è un laboratorio sociale sui "new Italians", sullo sfondo dell’economia globale. Perché la terra ligure, oltre ai fiori, al pesto, ai traffici portuali ha alcuni primati tutti suoi. È al primo posto in Italia per figli nati da coppie miste non coniugate. E insidia a Friuli ed Emilia il primato dei matrimoni tra un italiano e una straniera. I matrimoni misti, tra Ventimiglia e La Spezia, sono il 13,2 del totale (a Imperia il 15,1) contro una media italiana del 7. Non basta. I liguri vivono più a lungo degli altri; ci sono molti celibi e vedovi over 60; si sposano poco e tardi, altro record italiano: a 35,6 anni gli uomini, a 32,6 le donne. Così spiega Riccardo Podestà direttore di Liguria Ricerche, sulla base del nuovo annuario statistico della Regione. C’è la ballerina russa, la cuoca brasiliana, la badante ecuadoriana per lo zio infermo. La coppia mista, lui italiano, lei straniera, e molto spesso latino-americana, è ormai uno standard riconosciuto. Li vedi sereni coi bambini al campo giochi del Porto Antico; e te li ritrovi, gravati da drammi e da silenzi, in attesa presso gli avvocati matrimonialisti o i centri antiviolenza. Qui l’integrazione, là il conflitto. Il fenomeno è più visibile dal 2009, quando, con l’introduzione del pacchetto sicurezza, si stabilì il possesso del permesso di soggiorno come requisito per sposarsi. L’irregolare diventato clandestino e non coniugabile. La norma fu annullata dalla Corte costituzionale nel 2011. «In quel biennio», racconta l’avvocato Alessandra Ballerini, «da Genova le coppie miste andavano a sposarsi a San Marino, eludendo il divieto». In Liguria è fiorito un mercato dei matrimoni finti, per denaro. Per cifre minime, 7 mila, 5 mila, persino 2 mila euro ci sono italiani che sposano straniere e poi scompaiono: la donna extracomunitaria non riesce a dimostrare la convivenza, perde il permesso ma non può denunciare la truffa perché complice. Infatti dopo i matrimoni tra un italiano e una straniera, o viceversa, la Questura fa controlli nelle case per verificare l’effettiva convivenza. «Controlli invasivi», denuncia l’avvocato Ballerini, nelle camere da letto, nei cassetti della biancheria. Interrogano vicini di casa, in cerca di indizi negativi, e i vicini non sempre collaborano. Per difendere i soggetti deboli, le donne immigrate e i figli, sono nate associazioni come Madres Coraje o il Coordinamento ligure donne latino-americane. C’è Radio 19 Latino che unisce informazione e musica, con notiziari in lingua. Negli affidamenti, lamentano molti, la nazionalità (italiana) spesso fa premio sul merito (del genitore). I TRANQUILLI E I VIOLENTI Le casistiche sono diverse. C’è la coppia tranquilla con lei est europea, anche in provincia. «Le devo dire la verità? In paese è molto più integrata mia moglie del sottoscritto». Sorride Roberto Brunengo, direttore di produzione di un’azienda nell’Imperiese. Vive a Pieve di Teco con la moglie Daniela Zalincu, 35 enne, romena, conosciuta a Torino, e due figli piccoli. «Ci siamo sposati nel 2002 in Comune, poi in una chiesa ortodossa in Romania, con rito misto, così ho visitato il Paese per la prima volta. I figli conoscono già due lingue, di questi tempi una fortuna non da poco». Nel Ponente, romene e ucraine svolgono lavoro domestico; la floricoltura occupa soprattutto maghrebini. Ma la violenza cova anche nei piccoli centri tranquilli. Impressionò, nel 2010, il caso di Kamila Lysadorska, 33 anni, polacca, ucsisa a coltellate ad Albissola dal compagno Walter Vivado, per gelosia. Il corpo fu trovato dai bambini. C’è, molto frequente, la coppia da welfare sostitutivo. Anziano vedovo con badante straniera. «L’anziano, o il malato, spesso fa paura», racconta l’avvocato Ballerini, «i figli spesso lo lasciano solo. Interviene l’ecuadoriana, magari infermiera. L’anziano si affeziona, dispone a suo favore nel testamento, i figli entrano in conflitto». Storie non così rare nelle comunità ecuadoriane e peruviane. Gli ecuadoriani sono circa 30 mila in Liguria, altro primato italiano. ECUADORIANI IN TESTA Come ricorda Graciela Del Pino, mediatrice culturale, presidente del Coordinamento donne latinoamericane: «I legami sono lontani: risalgono ai contatti mercantili tra Genova e il porto di Guayaquil. Le prime ragazze ecuadoriane immigrarono come governanti, nelle famiglie. Poi chiamarono sorelle, nipoti. Con il crescere della comunità, solo a Genova siamo 20 mila, si crearono e ricomposero famiglie. Ma il vero boom è iniziato dopo il 1997, con gli effetti del Niño sull’agricoltura, la recessione, il crack delle banche, la dollarizzazione della moneta». Molte donne assistono anziani soli. Dal Pino lo spiega anche in termini culturali: «Da noi l’anziano incute rispetto e amore. Come è ritenuta autorevole la figura dell’insegnante, del professore; diversamente, devo dire, da voi italiani». Altra osservazione: «Conosco tante coppie miste equilibrate e felici. Però l’uomo italiano difficilmente accetta l’abbandono. È da qui che scaturiscono certi casi di maltrattamenti o di violenza sessuale; che solo di recente, del resto, in Italia è passata da delitto contro la morale a delitto contro la persona». Ci sono, per fortuna, tante storie riuscite. Magari anche grazie a buone condizioni di partenza. È il caso di Marta Ribeiro, sposata con un operaio genovese in pensione, originaria di San Paolo, la Milano del Brasile. «Quando arrivai, 22 anni fa, Genova mi sembrò piccola e arretrata. Niente metrò, pochi computer. Mi integrai in fretta, i brasiliani erano pochi, anche se c’era chi pensava: "Quelle vengono a prenderci i nostri uomini". La nostra, in fondo, è un’emigrazione di singoli». Ribeiro insegna portoghese a Casa America, assiste famiglie con bambini adottati, è impegnata nell’associazione Luanda creata dai frati brasiliani della Madonnetta, che ha una missione agostiniana in Camerun. Racconta: «L’economia in Brasile è vivace. La mia prima amica brasiliana è rientrata a San Paolo, e non è l’unica». È inquieta anche Domenica Canchano, giornalista peruviana esperta di comunità straniere. Una giovane donna integrata, apprezzata, dall’italiano eccellente, con una sorella sposata a un genovese. «Invece io, in futuro, mi vedo in Perù». Domenica racconta il caso di Karina Cedeño, ecuadoriana madre di cinque figli che si rifugiò per settimane nel Consolato dell’Ecuador per sottrarli al compagno, gioielliere genovese, creando un caso diplomatico. Poi risolto a suo favore. Sono più rari, in una Liguria a ritmo di salsa, dove anche Genoa e Sampdoria hanno sempre privilegiato campioni d’oltreoceano, da Pato Aguilera a Diego Milito, i matrimoni tra cristiani e musulmani. Per esempio, il talento del Milan, Stephan El Shaarawy è nato a Savona da papà egiziano e mamma ligure. È un divo degli stadi e presto sarà un ricco signorino. Ma una success story, a modo suo, è anche quella di Khaled Rawash. Nato in Giordania, vive a Imperia dagli anni Ottanta. È medico come sua moglie Laura Franceschini, la loro casa è piena di cose. «Ho studiato all’Università di Genova», racconta: «Sono musulmano ma di orientamento laico, e mia moglie è cattolica allo stesso modo. Festeggiamo tutte le feste religiose, ma ai figli abbiamo trasmesso i valori della laicità. Qualche episodio di intolleranza l’ho vissuto. Ma ci ha aiutato condividere gli stessi interessi culturali, la passione per la politica e l’impegno sociale», continua il medico che gestisce anche un circolo Arci. EFFETTO SANTO DOMINGO La Liguria è lunga, arriva fino al Golfo dei Poeti cantato da Lord Byron. Un caso poco noto è quello dei dominicani della Spezia. Negli ultimi anni sono arrivati oltre duemila cittadini di Santo Domingo: sono la comunità straniera più numerosa. Le donne sono attive nei servizi alla persona, gli uomini sono muratori, artigiani, qualche commerciante e ristoratore. Racconta Maria Peralta, dell’Associazione dei dominicani: «Un primo nucleo di connazionali si era stabilito a Marina di Carrara. Con l’aiuto delle parrocchie ci siamo distribuiti lungo la costa, dalle Cinque Terre fino a Chiavari. Mia sorella ha un marito italiano, poliziotto, due mie cugine hanno sposato italiani. Mio figlio sedicenne ha la ragazza italiana. Certo, con i ricongiungimenti i problemi maggiori li hanno gli adolescenti in arrivo: devianza, alcol, bande giovanili...». I dominicani hanno messo in piedi anche delle squadre di baseball. Chissà che col tempo qualcuno dei ragazzi passi al calcio, e nasca da quelle parti il prossimo El Shaarawy. Un eroe caraibico cresciuto a focaccia.