Denise Pardo, l’Espresso 25/1/2013, 25 gennaio 2013
Ritratto di Andrea Romano In verità il faro è stato Tony Blair. Ma in sorte gli è toccato Mario Monti, dopo Massimo D’Alema e ancora dopo Luca di Montezemolo
Ritratto di Andrea Romano In verità il faro è stato Tony Blair. Ma in sorte gli è toccato Mario Monti, dopo Massimo D’Alema e ancora dopo Luca di Montezemolo. In fondo, e poteva andare peggio, è la Terza via per Andrea Romano che di quella di Blair e di Antony Giddens ha fatto l’ossessione della vita, il riformismo prima di tutto. Ora Scelta civica lo ha candidato capolista in Toscana, dove è nato in quel di Livorno 46 anni fa, e finalmente il professore di Storia contemporanea all’Università Tor Vergata di Roma, direttore della fondazione montezemoliana "Italia Futura", non è più solo eminenza grigia, teorico, ideologo, ghost writer come è stato o anche l’idealista di un progetto politico per qualcun altro, lui sempre dietro le quinte. Ora da testimone è diventato testimonial e garante in prima persona persino di un’idea politica condivisa. Nei talk show televisivi per la campagna elettorale, spes so se non c’è il premier, c’è lui. Sarà perché è colto, e lo è. Sarà perché non è un energumeno, anzi ha il sussiego malinconico tipico di certi intellettuali. Sarà perché è un volto nuovo, ma sarà anche perché, per esempio, rispetto al capolista del Lazio Mario Marazziti, portavoce della caritatevole Comunità di Sant’Egidio rende molto meglio e senza photoshop, ma non si deve dire, serio com’è all’inverosimile e di carattere un po’ spigoloso, permaloso, maniacale, la cosa non gli piacerà. Ha studiato dai salesiani come Silvio Berlusconi e come il cardinal Bertone. Ma dopo l’università a Pisa, alle crociere e alle vie del Signore ha preferito andare a Mosca ad approfondire lo stalinismo e a imparare il russo che parla speditamente. Infatti da grande amante della letteratura di quel Paese il suo livre de chevet è " Vita e destino" di Vassilij Grossman, una sorta di "Guerra e pace" del Novecento confiscato negli anni Sessanta dagli agenti del Kgb. Romano è un pozzo di cultura e di scienza politica, con il curriculum inquieto di chi va e viene. Dopo la Russia torna in patria da ricercatore per l’Istituto Gramsci nel 1993, un anno prima di prendere la tessera Pds, ma per ventiquattro mesi non uno di più. Anni dopo diventa responsabile della saggistica di Einaudi ma lascia a seguito di un’intervista a "Repubblica" del direttore editoriale dello Struzzo che fa intendere di non condividere certe sue scelte e pubblicazioni (verso penne del "Foglio" di Giuliano Ferrara, si è capito), e firma una consulenza con Marsilio. Tra il 1999 e il 2007 scrive cinque libri. Tre sono sull’Unione Sovietica, tomi non poco ponderosi, uno "The Boy" è sull’icona Tony Blair e i destini della sinistra, e l’ultimo, "Compagni di scuola. Ascesa e declino dei post comunisti", è il perfido ritratto della generazione post-Pci, in psicanalisi spicciola il grido di dolore di chi è stato trafitto nel profondo dell’anima. Da D’Alema prima di tutto, un colpo di fulmine reciproco tanto da farlo diventare uno del cerchio magico e di dar vita, su input di Giuliano Amato, alla fondazione ItalianiEuropei, convinto e folgorato dall’aver trovato l’erede per un possibile blairismo italiano. Allora era in scena il D’Alema alfiere della socialdemocrazia, persino liberale, frequentava la City di Londra, comprava scarpe e barche, affascinava gli imprenditori domestici, salvo poi virare improvvisamente e riscoprire i valori fondanti della sinistra. Per un momento Romano spera in Walter Veltroni, ma perde un’altra volta le sue illusioni. E tanto per dire la vita, a colpire un Montezemolo che alla ricerca di un impegno civile chiede di incontrarlo è un articolo sulla "Stampa" non su Blair bensì su Gordon Brown. Adesso è approdato all’Agenda di Monti che «incarna l’Italia delle trasformazioni forti e dolorose: un centrismo riformista che non sia conservazione e palude», ha detto in un colloquio con Vittorio Zincone. L’uomo che voleva riformare la sinistra emendandola dai suoi vizi, il sindacalismo, il moralismo, il giustizialismo ora prova a vincerla, forse a convincerla con lo stesso dannato furore. A volte quelli come lui ce la fanno anche, in qualche modo.