Emiliano Fittipaldi, l’Espresso 25/1/2013, 25 gennaio 2013
Alemanno e il suo network. Casa Pound movimentista. Fratelli d’Italia. Storace risorto. Radiografia della destra nella capitale – Gli ultimi arrivati sono i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e Ignazio La Russa
Alemanno e il suo network. Casa Pound movimentista. Fratelli d’Italia. Storace risorto. Radiografia della destra nella capitale – Gli ultimi arrivati sono i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e Ignazio La Russa. Un partito nuovo di zecca che si aggiunge a La Destra di Francesco Storace e a Casa Pound. Alle correnti conservatrici del Pdl e ai gruppi capeggiati da Gianni Alemanno e Andrea Augello. Senza dimenticare le Città nuove della Polverini, i finiani, gli eredi del Fronte della Gioventù e i neri e puri di Forza Nuova e Fiamma Tricolore: la costellazione degli eredi della destra radicale italiana, con il declino inarrestabile del Pdl che un tempo accoglieva in un unico contenitore le diverse anime, è sempre più articolata. Non è facile disegnare contorni e profili della galassia post-fascista, né raccontare la guerra sotterranea che si è scatenata dietro la facciata dei cartelli elettorali. Per farlo, di certo, bisogna andare a Roma, da sempre capitale dei neri e fucina di leader (veri o presunti) oggi in lotta per il dopo Berlusconi. Proprio così: se i saluti romani, Dio, patria e famiglia, l’onore e lealtà, Ezra Pound ed Evola, i riti celtici e il mito del Dux restano patrimonio comune, negli ultimi anni la vecchia militanza nel Fronte della Gioventù e nell’Msi ha pesato assai meno delle divisioni interne. E la conta che verrà fatta alle elezioni regionali di febbraio e in quelle per la poltrona di sindaco di Roma previste a giugno dirà chi, in un futuro non troppo lontano, potrà giocarsi ancora una chance di leadership. Partiamo dalla corrente di Gianni Alemanno, primo cittadino di Roma e candidato per il Pdl a un secondo mandato. In città il suo gruppo - nonostante il calo verticale dei consensi causati dal malgoverno e dagli scandali che hanno caratterizzato l’amministrazione - resta il più forte della costellazione dei neri. Ex camerata e grande amico del "comandante" Peppe Dimitri (ex terrorista fondatore di Terza Posizione), Alemanno guida la capitale insieme a una dozzina di fedelissimi. Tutti (o quasi) provenienti dall’estrema destra: tra loro spiccano l’attuale capo dell’Eur Spa Riccardo Mancini (ex Avanguardia nazionale condannato a 1,9 anni per violazione della legge sulle armi e oggi indagato per corruzione dalla procura di Roma nell’ambito di un’inchiesta su un appalto dei filobus), Antonio Lucarelli (segretario particolare del sindaco ed ex portavoce di Forza Nuova) e Franco Panzironi, ex ad della municipalizzata dei rifiuti Ama e indagato nell’inchiesta Parentopoli. La squadra può contare anche sull’assessore all’Ambiente Marco Visconti (militante del Msi oggi indagato per abuso d’ufficio: avrebbe raccomandato la sua compagna all’Atac) e Vincenzo Piso, ex militante di Terza posizione e di Ordine nuovo (si fece quattro anni per banda armata, poi fu assolto) che è restato - nonostante il caso dei rimborsi trafugati dal tesoriere Franco "Batman" Fiorito - coordinatore regionale del Pdl. Se la moglie Isabella Rauti porta un cognome ancora mitico per una parte importante di elettori nostalgici (il papà Pino, morto quest’anno, è stato con Pierluigi Concutelli fondatore di Ordine nuovo), per Alemanno si butterebbero nel fuoco anche l’onorevole Barbara Saltamartini e il di lei marito Pietro Di Paolo, assessore con Renata Polverini e ideatore di "Fairylands", manifestazione di musica celtica. Francesco Biava, un ex infermiere diventato prima segretario personale di Gianni, poi deputato è infine il perno organizzativo della corrente, e capo dei Circoli della Nuova Italia, emanazione dell’omonima fondazione di Alemanno. In campagna elettorale forse darà una mano anche Loris Facchinetti, ex Ordine nuovo responsabile delle "politiche internazionali" di Nuova Italia, fondatore nel 1969 del gruppo esoterico e neopagano Europa Civiltà e finito anche lui in carcere perché accusato di banda armata. Se Alemanno punta ancora al Campidoglio, Francesco Storace, leader de La Destra, sarà lo sfidante di Nicola Zingaretti alla Regione. Guerra alla Ue, mutuo sociale, socializzazione dell’economia, rivalutazione di alcuni aspetti "buoni" di Benito Mussolini: Storace, già governatore dal 2000 al 2005, è riuscito - nonostante l’estremismo del suo movimento - a strappare la candidatura alla pidiellina Beatrice Lorenzin. I sondaggi ordinati dal Cavaliere prima dell’investitura, infatti, hanno premiato l’ex Epurator, «nonostante sia il vero responsabile - attaccano i critici - del buco da 10 miliardi di euro che pesa sulla Regione. Il fatto è che nel Lazio i camerati sono ancora tanti». A Roma La Destra è guidata da un manipolo di persone: il vecchio camerata Teodoro "Er Pecora" Buontempo (un po’ arrugginito ma ancora capolista in Senato), l’ex alemanniano Sergio Marchi e il rampante Dario Rossin, consigliere comunale che ha abbandonato il Pdl considerato troppo moderato. Non è un caso che lo scorso novembre Rossin abbia partecipato a un corteo del Movimento Sociale per l’Europa, movimento composto da sigle dell’ultradestra continentale. Dietro agli striscioni con la scritta "Euroribellione" e in mezzo alle bandiere di Terza posizione c’era anche Adriano Tilgher, attuale responsabile del Dipartimento per il Programma del partito e un tempo leader storico di Avanguardia Nazionale, arrestato e condannato nel 1975 per ricostituzione del partito fascista. Storace ha intruppato anche Mario Vattani: ex console di Osaka, ex naziskin (fu processato e poi prosciolto per un’aggressione a due "compagni" davanti al cinema Capranica nel 1989) ed ex consigliere diplomatico di Alemanno, Mario l’anno scorso ha fatto scandalo per aver cantato canzoni inneggianti al fascismo a un concerto organizzato da Casa Pound. Ora anche lui è candidato per una poltrona in Parlamento. Pure i Fratelli d’Italia - nonostante non annoverino nessun estremista tra i dirigenti - hanno qualche nostalgia del passato che fu. Il nuovo partito ha ambizioni nazionali, è stato fondato da Giorgia Meloni, Guido Crosetto e Ignazio La Russa, ma in realtà il capo indiscusso è il romanissimo Fabio Rampelli, signore delle tessere a Roma e dintorni. Un tempo amico di Alemanno e Storace, Rampelli (che ha militato prima nel Fronte della Gioventù e poi nell’Msi) insieme a Marco Marsilio ha creato una macchina da guerra, la corrente dei "gabbiani", che nel Lazio controlla manu militari, secondo stime prudenziali, circa 30-35 mila voti. «I rampelliani sono capaci di mobilitare e gestire una massa di consenso enorme: non è un caso che alle ultime elezioni regionali siano riusciti a far eleggere ben cinque consiglieri d’area», spiega Umberto Croppi, ex assessore alla Cultura di Alemanno e in corsa per la poltrona di sindaco. Tra le galassie di destra "i gabbiani" sono considerati tra i più moderati, «ma anche contrari», chiosa Croppi, «a qualsiasi forma di modernità». Ex campione di nuoto e teorico dell’architettura (ha criticato le torri di Renzo Piano e l’Ara Pacis, vorrebbe buttare giù il palazzo di giustizia a Piazzale Clodio, propone di costruire un arco di trionfo all’Eur) Rampelli gestisce il suo gruppo con l’aiuto di Marsilio, l’assessore comunale ai Lavori pubblici Fabio Ghera (ultrà dei sampietrini senza se e senza ma) e l’assessore regionale Francesco Lollobrigida, sposato con la sorella della Meloni. Giorgia, lanciata proprio da Alemanno, è stata scelta come "front man" del partito, che ha candidato al Senato anche Loreno Bittarelli, capo dei tassisti romani del "3570", una delle lobby più potenti della Capitale. Se "i gabbiani" - sempre sconfitti dal gruppo Alemanno - sperano di prendersi alla lunga una rivincita, nell’area che fa capo alla Polverini regna il caos e lo sconforto. La vicenda dei rimborsi elettorali che ha portato alle dimissioni della governatrice è stata devastante, e gli uomini che hanno fatto il bello e il cattivo tempo negli ultimi tre anni rischiano di essere spazzati via. Se Renata ha trovato un posto sicuro alla Camera al grido "ognuno per sé Dio per tutti", il suo movimento-fondazione Città Nuove non s’è nemmeno presentato alle politiche. Così, se qualcuno spera di strappare una candidatura nelle liste regionali, il segretario generale della Regione Salvatore Ronghi, ex Ugl, è candidato con Grande Sud di Gianfranco Miccichè, mentre Stefano Cetica, anche lui legato al sindacato di destra, e l’assessore Mariella Zezza puntano tutto su una (difficile) vittoria di Storace: se dovesse prevalere su Zingaretti, un posto in giunta è ancora possibile. Anche Andrea Augello, capo di una corrente del Pdl sempre più autonoma dal partito di Berlusconi, prega affinché l’amico Francesco torni alla Pisana. Augello è considerato da Berlusconi inaffidabile ed è stato messo in basso alla lista per uno scranno a Montecitorio, ma il suo serbatoio di voti è secondo solo a quello di Rampelli. Non solo: la sua corrente può contare su pezzi da novanta come Luca Malcotti, ex Fronte della Gioventù oggi assessore regionale, e Sveva Belviso, la vice di Alemanno finita nella bufera per l’inchiesta sui Punti Verde Qualità e per aver assunto, da assessora, l’ex componente della Banda della Magliana e dei Nar Maurizio Lattarulo. In futuro, giurano tutti, bisognerà fare i conti anche con loro. Chi non pensa (per ora) alle poltrone è Gianluca Iannone, leader di Casa Pound. I "fascisti del Terzo millennio", come si autodefiniscono, hanno candidato un loro uomo alla Pisana, ma sanno bene che sarà difficile eleggere un consigliere. Iannone e il suo braccio destro - l’avvocato Domenico Di Tullio - non ragionano però nel breve periodo, ma hanno scelto una strategia a lungo termine: il movimento sta facendo migliaia di proseliti nelle scuole e tra i giovanissimi (la sigla Blocco studentesco fa riferimento a loro, il figlio di Alemanno è un habitué del centro sociale dietro Piazza Vittorio) e dall’Esquilino s’è diffuso prima negli altri quartieri romani poi nelle grandi città italiane. Un processo di costruzione che ricorda quello - sostiene qualcuno - di Franco Rocchetta, l’ex di Avanguardia nazionale che senza una lira e senza appoggi ideò la Liga veneta, madre della Lega Nord di Umberto Bossi. Casa Pound, a differenza di altri movimenti di estrema destra radicati a Roma come Forza Nuova di Roberto Fiore (anche lui candidato alla Regione) e Fiamma Tricolore di Luca Romagnoli, ha una propaganda basata non tanto sulla nostalgia del ventennio (seppure atti di violenza ne hanno costellato la storia: l’ultimo episodio è l’aggressione all’intellettuale Filippo Rossi), ma sui valori mutualistici della destra sociale storica: occupazioni di case per i senzatetto, mutuo sociale, aiuto alle madri in difficoltà. Rifuggono qualsiasi alleanza, e non hanno remore a lanciare - nella corsa alla Camera - Alberto Palladino detto "Zippo", condannato in primo grado a due anni e otto mesi per l’aggressione ad alcuni militanti del Pd. Una mappatura non può prescindere, ovviamente, dall’ala moderata del centro-destra romano, quella che fa capo agli ex di Forza Italia e ai finiani. Se questi ultimi contano poco o nulla in termini di radicamento sul territorio (Giulia Bongiorno tenterà di diventare governatore, le darà una mano soprattutto il deputato Claudio Barbaro, ex missino presidente dell’Alleanza sportiva italiana, un’associazione che conta oltre un migliaio di società iscritte), gli azzurri coordinati da Gianni Sammarco, cognato di Cesare Previti, pesano ancora, seppure da lustri non riescono a candidare nessun berlusconiano di stretta osservanza nei posti più rilevanti. Se Beatrice Lorenzin ha perso la corsa con Storace, se Gasparri e Fabrizio Cicchitto sono in declino, il "padre nobile" dei forzisti Antonio Tajani - a cui riferiscono direttamente Sammarco, Antonello Aurigemma, Alfredo Antoniozzi e il potente Giordano Tredicine, il capo del clan degli ambulanti accreditato di una montagna di preferenze - è sempre più traballante a causa dello scandalo Batman: dopo la festa con i maiali il Pdl a Roma è ai minimi termini, e sono in molti a scommettere che saranno gli ex missini a fare, oggi come in futuro, la parte dei leoni.