Enrica Brocardo, Vanity Fair 23/01/2013, 23 gennaio 2013
MAURO PAGANI E’ COME STURARE IL LAVANDINO [E’
MAURO PAGANI E’ COME STURARE IL LAVANDINO [E’ l’uomo che ha selezionato i brani dei giovani di Sanremo. Si è tirato su le maniche e si è «messo in campo» . (quello che vorrebbe fare anche in politica). E le polemiche esclusi? «Nessuno ha il posto garantito». A parte un certo gruppo, che si è davvero superato] –
Il fotografo scatta, lui elenca: «Berlusconi, Maroni, il padre del Trota... Mai fidarsi di chi faceva musica e poi si è dato alla politica».
Mauro Pagani è uno dei più stimati musicisti italiani ed è il consulente che Fabio Fazio ha voluto con sé per selezionare i giovani che vedremo sul palco a Sanremo. E, dal 2009, anche uno scrittore con il romanzo, vagamente autobiografico, Foto di gruppo con chitarrista. Ora ne sta scrivendo un altro. Parlerà, tra altre cose, degli italiani che da anni vivono a New York con il visto scaduto: «Non possono lasciare il Paese perché non li farebbero più rientrare», spiega, «ma neppure osano ricominciare a vivere in Italia per le stesse ragioni per cui noi ce ne vorremmo andare. Con la differenza che noi che siamo qui abbiamo mille resistenze a lasciare il nostro Paese, arrenderci e cederlo alle mezze calzette».
Domanda scontata ma necessaria: perché ha accettato l’incarico?
«Come direttore d’orchestra mi attirava la sfida professionale. Come selezionatore, perché non ci possiamo lamentare che le cose vanno male senza mai fare niente. Il lavandino è otturato? Ci si tira su le maniche, e a turno lo si sgorga. È come con la politica: tutti ci lamentiamo, ma nessuno sceglie di mettersi in campo in prima persona. E invece dovrebbe toccare un po’ a tutti».
Lei che cosa fa?
«Poco o niente da un po’ di anni, lo ammetto. Non credo che potrei ritrovarmi nel sistema attuale dei partiti dove non si vota secondo coscienza, ma in base alle indicazioni dei vertici. Una volta si chiamava centralismo democratico, che poi era la base dello stalinismo, in sostanza vuoi dire che il partito ha sempre più ragione dei singoli che ne fanno parte. I movimenti alla Grillo si basano su questo».
Prima diceva: «Guardatevi dai politici che facevano i cantanti».
«Perché se avessero voluto davvero fare i musicisti lo sarebbero ancora. Invece speravano solo nel colpo di fortuna, e faranno lo stesso da politici. Non sono abbastanza preparati, ma pensano: "Magari mi va bene"».
Ha ascoltato 300 canzoni presentate perlopiù da giovani, che idea si è fatto delle nuove generazioni?
«Guardi, se c’è una cosa che non sopporto è l’atteggiamento di alcuni colleghi che pensano che una volta era meglio, e che oggi è tutta tuffa. Sono convinto che in giro ci sia molto più talento di quello che emerge. E un problema di Tv, case discografiche ormai inesistenti, e soprattutto di radio che trasmettono sempre la stessa roba. Dall’altro lato, negli ultimi decenni si è diffusa l’idea che fare il cantante possa far svoltare la vita. Dei sessantamila che vanno ai provini di XFactor, almeno 58 mila sperano di fare il colpo».
La musica come specchio della società?
«La favola del treno che passa una volta sola fa si che moltissimi giovani ripieghino su cose che non vogliono: una fa la velina invece di fare cinema, un altro suona la musica che pensa possa vendere invece di quella che gli piace. Tutti ingoiano rospi, perché tutti hanno la sensazione che le cose andranno peggio. E poi c’è questa competizione spinta all’eccesso, che invece di cambiarti la vita tè la rovina. Ci si dovrebbe ricordare della propria distanza dalle stelle: "Vuoi fare il musicista? Non rompere le balle a me, rompile a Mozart. Vuoi scrivere canzoni rock? Prenditela con i Beatles". È l’ora di smetterla con le competizioni da sottoscala».
Che cosa pensa della polemica di Morgan contro Fazio per l’esclusione dal Festival di Sanremo?
«Morgan lo conosco da tanto tempo, e lo stimo. L’unica vera regola che ci siamo dati è stata scegliere sulla base dei brani che abbiamo ascoltato, e quelli di Morgan non sono piaciuti abbastanza. Nessuno ha avuto il posto garantito per meriti passati».
E su Vasco Rossi che fa i clippini su Facebook che opinione si è fatto?
«Gli voglio bene, ha scritto canzoni meravigliose, ho anche suonato con lui tanti anni fa: l’assolo di violino in Ogni volta ero io. Sono d’accordo che ognuno abbia diritto a dire la propria, ma è davvero necessario? Lo dico in generale. Io non sono ne su Facebook ne su Twitter. Non ho tempo, e non posso accettare il modo in cui funzionano i social network: siamo noi a fornire i contenuti, ma nel momento in cui appaiono online non sono più nostri».
Parliamo di talent show.
«Sono macchine per costruire interpreti, e quindi non hanno nulla a che fare con la creatività. Spettacoli che sfornano per la Tv carne ad alta avariabilità. Negli ultimi cinque anni sono venuti fuori 7-8 ragazzi. In compenso, ogni talent ha sfornato una decina di finalisti all’anno».
È possibile migliorare il Festival?
«Intanto ricordiamoci che Sanremo è uno spettacolo televisivo che si occupa di canzoni, costa tanto e deve avere un grosso pubblico. Nessuno può cambiarlo, pero lo si può migliorare. Ci sono state edizioni in cui i pezzi belli erano due, tre, quest’anno ce ne sono parecchi. Perché il messaggio è stato: non portate canzoni che pensate possano funzionare a Sanremo, ma canzoni che vi piacciono veramente. E il risultato mi ha confermato che gli artisti sono migliori di quanto pensino i sistemi che li governano. Così come i cittadini sono meglio dei politici, e molto meglio dell’opinione che i politici hanno di loro. Le faccio un esempio che sembra campato in aria ma non lo è: una cosa che mi ha sempre fatto incazzare di certi pubblicitari (Pagani ha composto molti jingle, ndr) è che pensano che se un prodotto non vende è perché lo spot non ha funzionato. Non prendono neppure in considerazione che il motivo sia che il prodotto fa schifo».
A lei, tra i big, chi è piaciuto di più?
«Non so se lo posso dire. Mettiamola così: Elio e le storie tese hanno superato loro stessi».