Antonello Caporale, il Fatto Quotidiano 23/01/2013, 23 gennaio 2013
“SILVIO MI MANDA IN CELLA, ORA GLIELA FACCIO PAGARE”
[La versione di cosentino sul Napoli-Roma: “Berlusconi mi ha chiamato otto volte, temeva la facessi fuori dal vaso”] –
Questa è la versione di Nicola Cosentino oppure di Nick ’o mericano, secondo i punti di vista e di luogo. È lunga quanto il tempo del tragitto del Frecciarossa sul quale siamo appena saliti a Napoli diretti a Roma.
Non volevo parlare, è stata Paola (l’addetta stampa, ndr) a convincermi a fare la conferenza stampa, ed è stato un successo. Hai visto che burdell (nel senso di riunione chiassosa ma partecipata: conferenza sospesa per il caos alle 12 ripresa alle 14, ndr)? Adesso chiamano tutti quanti da Roma per congratularsi, Berlusconi ha chiamato cinque volte stamane e sette ieri. Temeva che la facessi fuori dal vaso, invece io non sono uno che si lascia andare. So aspettare, e l’ansia la faccio venire a loro, ma piano piano. Berlusconi è un po’ pazzo, è convinto davvero di vincere, lui si convince di una cosa anche se irrealizzabile e la trasforma in verità. Mi ha detto: “Siamo al 23 per cento, mi mancano quattro punti e non mi posso permettere di mettere la mia faccia vicino alla tua, ci farebbero a fettine ogni giorno. Dimmi quello che vuoi, fai tutto quel che vuoi”. Gli ho risposto: “Guarda che ho una dignità, io non voglio niente da te. Ti dico solo questo: i magistrati ci hanno provato e non ci sono riusciti, sei tu che mi mandi in carcere”. Il carcere, sì. Ma io non ci penso, non ritengo di finire dentro. Ha letto le carte? Dicevano che l’arresto è indispensabile a causa del ruolo che svolgo nella politica: ero influente e potevo condizionare le indagini. Dal momento che tra un mese divengo un privato cittadino, per logica dovrebbero revocare la decisione. Ma se devo andare in carcere ci vado, che posso fare? Ma ancora non ho elaborato quel che mi è accaduto, è come se vivessi su una nuvola, sospeso. Mi sento sospeso. Ancora non ci credo, adesso ho voglia di tornare alla Camera, almeno per salutare gli amici. Oggi è l’ultima votazione in aula e me la voglio fare. I colleghi mi chiedono: vieni alla Camera? Embè, mi piace venire alla Camera oggi, e mi piace parlare. E se Santoro mi invita vado anche da lui. Cose da pazzi. Le liste della Campania le ho fatte io, un nome sopra l’altro. E proprio io sono fuori. L’altra notte ero dentro, alle due da Palazzo Grazioli sono uscito con il mio nome al suo posto naturale. Poi non so che gli è preso, lui dice sì sì, poi ci ripensa, poi ti richiama. Ma io ho una dignità. Sono stato vittima della tenaglia Caldoro-Alfano. È stato Caldoro a parlare per primo di impresentabili, e ha fatto il diavolo a quattro.
POI ALFANO. Certo, con lui ho avuto un conto aperto, ma negli ultimi tempi avevo ricucito. Verdini? Senza volerlo mi ha un po’ sgarrupato anche lui. Non è che abbia voti, però ha saputo cogliere l’occasione e cingere il suo corpo vicino a quello del capo. Verdini sì e io no? E mica poteva far fuori tutti. Hanno scelto me come simbolo. Hai visto cosa ho detto su Alfano: sei un perdente di successo. E questo gli deve bastare per oggi. Non c’era Cesaro alla conferenza stampa? ’A purpetta (Luigi Cesaro, collega deputato e socio di corrente è soprannominato Giggino ’a purpetta, ndr) è un trafficone nato. Si tiene buoni tutti: questo e quello. Mi chiedi se hanno avuto timore che il mio potere debordasse? Che esibivo troppo i miei voti? Mò che mi ci fai pensare dico che questo può essere un motivo plausibile.
SENZA DI ME sarà un flop maestoso, la gente è schifata, non va a votare. Se avessero lasciato fare a me avremmo fatto bingo. Chi ha presentato Luigi Merola, il prete anticamorra a Berlusconi? Il sottoscritto. Era un ottimo nome come capolista, poi si è messo Lupi a fare storie a dire che non ci si può inimicare la Chiesa cooptando un prete nella politica e così don Luigi ha rinunziato. Era un grande colpo, senti a me! Pensano di vincere facendo fuori me: sei deputati prendono, è il massimo possibile. E sai che ti dico? Bersani vince sia alla Camera che al Senato. Io qui non mi muovo più, è logico, e tanti non capiranno. Tanti amici. Sono fuori e baderò al mio processo, oppure riprendo a fare l’avvocato o mi impegno nella società di famiglia. Il casalese! Se vogliamo dirla tutta è stato Bocchino il deputato dei casalesi, il referente dei casalesi (nel senso degli abitanti di Casale, chiaro). Invece è successo che sono diventato io quello cattivo, e dunque io sono così forte e potente e temibile e poi vengo fatto fuori in questo modo. Che clan di fessi che è questo, camorristi proprio fessi. Mi volevano far andare a Grande Sud. Grazie, tienatill. Ho una dignità. E se mi tocca il carcere ci vado. Ma ora non ci voglio pensare. Aspetta, è mia moglie al telefono: “Sto tornando a Roma. Come dici? Non mi fermo mai? Ancora un po’ e starò fermo per sempre, non ti preoccupare”. “Un attimo, questa è la Mussolini. È contenta, e chi glielo doveva dire che andava al mio posto! Ho portato il partito qui in Campania al 48 per cento. Con me si faceva il kappaò perché le liste del Pd sono mosce, proprio deboli. ‘Nicò, tu devi capire, i sondaggi dicono’. Non so chi gli ha fatto i sondaggi, quello ci crede veramente, e sa trasformare la bugia in verità. Si fa un mondo tutto suo, Berlusconi è speciale, anche un po’ pazzo è convinto di vincere. È convinto veramente, giuro!”.