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 2013  gennaio 19 Sabato calendario

SEMINO SOIA RACCOLGO ARTE

[Lorenzo Sassoli de Bianchi]

DICEVA BERTOLT BRECHT che «tutte le arti contribuiscono all’arte più grande di tutte: quella di vivere». Potremmo cominciare da qui per raccontare un signore che si è laureato in medicina, ha lavorato con il professor Elio Lugaresi ai misteri del sonno, poi ha fondato la Valsoia (azienda che in vent’anni ha moltiplicato per mille il fatturato), è diventato presidente della potentissima Upa, che raduna gli investitori pubblicitari, e pure presidente del MAMbo, il museo d’arte contemporanea di Bologna. Tipo sportivo, poco mondano, insieme alla moglie Veronica da più di 30 anni, chissà come, riesce a seguire tutte queste cose. Si può fare di più? «Be’ sì» dice, «conoscere, studiare. Scoprire la vita». Lui, Lorenzo Sassoli de Bianchi, ripete che «c’è un filo comune che lega questi interessi così diversi». Il metodo. Dice così, risfogliando il suo passato e le sue passioni. Aveva il camice bianco, faceva il neurologo, il suo lavoro «consisteva nel dare una diagnosi seria, fare una prognosi credibile, trovare una terapia efficace». Da industriale, lavora ancora così: il metodo non è cambiato.
MA PER CREARE LAVORO, quanto serve lo sguardo di uno capace di leggere il tratto sfocato così angosciante dei dipinti di Zhang Xiaogang o di amare Giorgio Morandi? È l’amore per la vita che ti fa capire le cose. Lorenzo Sassoli ricorda gli inizi. Un’intuizione: «Sapevo che l’alimentazione sarebbe diventata sempre più importante per la salute». E di conseguenza la soia. «In America avevo scoperto un tipo che sapeva tutto sulla soia, ma che trattavano come uno di quei matti della new age. Mi spiegò che cosa si poteva fare con la soia: yogurt, formaggi, gelato, primi e secondi piatti. Prima che io andassi via, mi allungò dei fogli: tenga, mi disse. Gliele regalo. Erano tutte le sue ricette». Era il 1990. Sassoli fondò la Valsoia in quegli anni. Primo fatturato: centomila euro. L’ultimo (2012), attorno ai 90 milioni. «Oggi ogni prodotto Valsoia è leader di mercato». Cento i dipendenti: «Negli ultimi quattro anni sono quasi raddoppiati». Nel 2006 ha portato l’azienda in Borsa, l’anno scorso ha acquistato la Santa Rosa, leader nelle confetture. Bene. Non è quasi un’opera d’arte? Umberto Saba diceva che ogni opera d’arte è una confessione. Sassoli confessa che in tutto questo tempo lui non ha mai tradito la sua passione. Ce l’aveva sin da bambino, l’amore per l’arte. Ha cominciato da quando aveva 7-8 anni. «Allora era per la fotografia, curiosamente. A 8 anni mi sono fatto regalare una macchina fotografica e un ingranditore. Passavo ore in camera oscura a stampare foto. Da lì ho cominciato a studiare i fotografi più sperimentali e ho conosciuto Man Ray che era al confine con la pittura. Attraverso il suo lavoro il mio interesse si è allargato all’arte e poi si è ampliato, con un master all’Università internazionale dell’arte di Firenze fondata da Carlo Ludovico Ragghianti». Ha iniziato a collaborare con riviste d’arte, è entrato nel cda di Alfabeta, e il suo ha cominciato a diventare non solo un interesse, ma un profilo professionale. Fino a che nel ’95 il sindaco Walter Vitali di Bologna gli ha chiesto di occuparsi del MAMbo. Nel 2000 cambia l’amministrazione e Giorgio Guazzaloca lo licenzia. Il tempo libero lo dedica alla scoperta di una scuola allora quasi sconosciuta: quella cinese. Perché? «Perché penso che quando ci sono forti rivolgimenti economici e sociali, l’arte in genere li accompagna, corre più veloce rispetto a dove è il mondo».
SU E GIÙ PER LA CINA, ha visitato oltre 70 studi di artisti e alla fine ne ha scelti 17. Li ha portati in Europa per farli conoscere. Li ha fatti comprare dalle fondazioni bancarie, ha organizzato mostre. Valevano 5 mila dollari, allora. Adesso alcuni arrivano a dieci milioni. Ha scritto due tomi: uno in inglese, From Heaven to Earth, Dal Cielo alla terra, e poi Cina. Pittura contemporanea. Sono diventati delle Bibbie. «Quando vado in Cina, mi stendono i tappeti rossi, mi chiedono di curare mostre, Mi sono riconoscenti per il lavoro fatto. Sono molto più conosciuto là che qui da noi». Così a Bologna lo richiamano al MAMbo. Apre la nuova sede nel vecchio forno del pane, ristrutturato su progetto di Aldo Rossi. Adesso ci è entrato anche il Museo Morandi, dopo il terremoto: passaggio provvisorio. Con il giovane direttore Gianfranco Maraniello sviluppa la sezione didattica che per 3 anni vince il premio europeo Didart. A Bologna è venuta anche una delegazione del Moma, da New York, per mettere a confronto i metodi di insegnamento. Come per la Valsoia, anche nell’arte Sassoli cerca il futuro. «Mi interessa la sperimentazione in ogni campo» dice. «Sono, per carattere, innovatore, mi piace andare contro il senso comune. Quello che in ultima istanza mi interessa è comprendere l’esperienza umana nella sua complessità. L’arte mi aiuta in questo. Ogni mia attività è, per me, uno strumento per cercare di capire la vita nelle sue verità». Alla fine, può darsi che non sia così difficile. O forse è solo come fare un quadro: dev’essere difficile solo per chi non è capace.