Guido Olimpio, Corriere della Sera 23/01/2013, 23 gennaio 2013
LA LEGIONE STRANIERA DELLA JIHAD IN AFRICA. ANCHE UN CANADESE NELL’ASSALTO ALGERINO —
L’hanno chiamata la legione straniera di Mokhtar Belmokhtar. Militanti arrivati da diversi Paesi per rispondere agli ordini dell’Imprendibile. E un gruppo consistente ha partecipato al massacro di In Amenas, Algeria. Per le autorità locali nel commando c’erano solo 3 algerini, il resto era composto da stranieri. Il nucleo più consistente quello dei tunisini — undici —, a conferma di quanto sia forte la componente salafita-jihadista nel piccolo stato. Ma a far notizia è la nazionalità di un terrorista, identificato dai servizi algerini come «un canadese di nome Chedad». In base alla ricostruzione ufficiale avrebbe avuto il ruolo di coordinatore di uno dei team che hanno agito all’interno dell’impianto Bp. Era lui l’estremista che si esprimeva — secondo i testimoni — in un perfetto inglese? C’era anche un secondo canadese?
A questi quesiti cercano di rispondere da Ottawa. La polizia sta verificando la segnalazione con le informazioni dei suoi archivi. Alcuni funzionari hanno accolto con molta prudenza, se non scetticismo, la nota di Algeri. E ipotizzano che Chedad possa aver usato documenti canadesi falsificati. Al tempo stesso gli esperti precisano che non sarebbe per nulla strano se qualche cittadino di origine nord africana si fosse unito ai qaedisti. Secondo un recente rapporto sono stati «censiti» in Canada almeno 50 elementi sospetti. Alcuni presenti sul territorio, altri ripartiti per le aree calde.
La presenza di occidentali nelle falangi islamiste è stata al centro di molte indiscrezioni. Nei mesi scorsi sono uscite foto di militanti «bianchi» su un pick up islamista. Uno è stato identificato come un veterano del conflitto in Libia. Poi ha destato clamore il video dove è apparso un ex marinaio bretone convertito all’Islam. Abdel Jellil, questo il suo nuovo nome, ha lanciato minacce contro la Francia con un filmato su Internet. Successivamente è stato arrestato dai suoi compagni che lo accusavano di essere una «spia». Di recente sarebbe stato liberato: per gli 007 sarebbe un «personaggio folkloristico». Più pericolosa la pattuglia di volontari che ha lasciato nell’ultimo anno le proprie case in Francia. Nell’analisi dell’intelligence si tratta di personaggi da monitorare perché possono trasformarsi in tanti Mohamed Merah, il killer di Tolosa.
Ben più numerosi i mujahedin provenienti dal Nord Africa. E per questo si torna a parlare dei tunisini, considerati piuttosto determinati. Nulla di nuovo. Alcuni ripetono il percorso compiuto dai loro connazionali affluiti in Afghanistan prima del 2001. Solo che stavolta il fronte è davvero vicino. Hanno sfruttato l’instabilità regionale ed hanno intrecciato rapporti con i fratelli libici che garantiscono una retrovia sicura. Tanto è vero che i terroristi di In Amenas sono partiti dal Nord Mali però sono entrati in Algeria compiendo una lunga deviazione attraverso la Libia. Itinerario che è anche lo specchio delle ambizioni di Belmokhtar, deciso a svolgere il ruolo di federatore qaedista. Una missione che è appena all’inizio. Come ha detto Julaibib, il super attivo portavoce del gruppo, In Amenas è stato solo l’inizio.
Guido Olimpio