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 2013  gennaio 22 Martedì calendario

VIAGGIO SULLE ORME DI DINO CAMPANA E COMPAGNI

[Giuseppe Marcenaro racconta i grandi scrittori come non li avete mai visti] –
Di lui sappiamo tutto, o comunque moltissimo: le crisi di follia, gli amori tanto leggendari quanto sbilenchi, le peregrinazioni dentro e fuori il manicomio. Anche le fotografie sono eloquenti, con gli occhi che dicono la disperazione di un’esistenza continuamente assassinata. Ma come camminava Dino Campana, come metteva un piede davanti all’altro? Solo il miglior cacciatore di ricordi disponibile sul mercato, Giuseppe Marcenaro, potrebbe rispondere a una domanda simile. Nel 1981 Marcenaro va a trovare Clelia, la sorella di Camillo Sbarbaro. Udito il nome del poeta, che era stato suo ospite («Aveva più pidocchi che capelli. Picchiava in tutti gli angoli e lasciatosi cadere su una sedia credei la sfondasse»), Clelia con una metamorfosi fulminante si trasforma in Campana: «Ne imitò il cammino orchesco e pesante. Il passo di uno zombie. Inaspettata esibizione. Clelia Sbarbaro aveva 82 anni quando mi fece vedere l’ombra di Campana incedere ».
Non si aggira solo l’ombra di Campana fra le pagine di Testamenti. Eredità di maitresses, vampiri e adescatori (Bruno Mondadori, 210 pagg., 19 euro). Con un colpo di bacchetta magica Marcenaro fa apparire i fantasmi di Luciano Foà ed Eugenio Montale, Camillo Sbarbaro e Carlo Emilio Gadda. Personalità molto diverse, ma tutti amici di Lucia Rodocanachi, traduttrice “segreta” o piuttosto inconfessata di Vittorini,Montale e Gadda. «Traduzione di Elio Vittorini », assicuravano i risvolti di copertina, ma era tutta farina del sacco di Lucia. «Farabuttate », ammetteva Montale in una lettera in cui le prospettava l’ennesima traduzione non riconosciuta. Fu la villa di Lucia a servire da modello per le terrificanti magioni che infestano La cognizione del dolore . Gadda si avviava verso la spiaggia in «pantaloncini coloniali scampanati color kaki che esponevano cerei zamponi flebitici ». In spiaggia leggeva una paginetta di Sterne, «tanto per il contegno ». Negli anni fra le guerre mondiali, ogni 26 dicembre, da Lucia si davano appuntamento Roberto Bazlen,Carlo Bo,Elio Vittorini,Camillo Sbarbaro.
L’ossessione di Sbarbaro per i licheni, le criptiche cartoline di Bobi Bazlen, il «jet-set privato» di Guglielmo Bianchi. E il grande giornalista Giovanni Ansaldo, sempre solerte nel ridimensionare Montale: «Lei è matto ad elogiare in tal modo un libretto di versi». Il «libretto di versi» erano gli Ossi di seppia .
Marcenaro spinge il naso in appartamenti che hanno cambiato il loro inquilino ( si trattava, ovviamente, di un genio) da decenni; entra in vetusti caffè, costituzionalmente privi di happy hour, per stanarne il romanziere vecchissimo, ma vegeto e ancora loquace. Con puntate anche extra-liguri, di cui la più conturbante è triestina e ha per protagonista l’ennesima musa di Montale, “la Gerti”, al secolo Gertrude Frankl. A tavola, Marcenaro mette insieme il coraggio necessario per chiederle come abbia fatto, con un fisico così minuto, a tenere in pugno tanti uomini. «Con un sorriso di perfida intesa, mutandomi nell’illusoria preda di una sua estrema conquista», Gerti rispose. «Con il sesso, naturalmente».