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 2013  gennaio 22 Martedì calendario

NICK ‘O MERICANO, RIFIUTI E CEMENTO

No, una carriera politica iniziata a colpi di “buoni di benzina” (ricorda il boss Domenico Bidognetti: “Il padre dell’onorevole che conoscevo personalmente, durante una campagna elettorale negli anni Ottanta ha regalato buoni di 50 litri di carburante a chi gli assicurava che avrebbe votato per il figlio”), non può finire così. Con la vergogna di vedersi appiccicato addosso per sempre il marchio dell’impresentabile, dell’amico della camorra, di quello che ‘se lo candidiamo perdiamo voti in tutta la Campania’. E no, Giggino ‘a purpetta, Luigi Cesaro, che di storie di camorra e dintorni sa qualcosa, alla Camera col titolo di onorevole, e Nick ’o mericano nella polvere. O peggio ancora a dividersi lo spazio di una cella con pezzi di malacarne e a passeggiare in un cortile nell’ora d’aria, lui che ha calpestato i marmi del salone dei passi perduti. Sì, perché, perse le garanzie che la generosa Repubblica concede anche agli onorevoli in fortissimo odore di camorra, Nicola Cosentino rischia di varcare le porte di Poggioreale.
Questione di qualche mese, il tempo delle elezioni, dell’insediamento del nuovo Parlamento e addio a onori e libertà. Ma non finirà così, Nicola Cosentino ne ha già subite tante. Troppe.
“DOPO QUELLO che ha fatto per Silvio e per il partito ora lo scaricano, ma Nicola reagirà”, annuncia un suo fedelissimo, anche se ne ha subite tante. L’abbandono amaro del posto di viceministro dopo il ciclone dell’inchiesta sui suoi rapporti con la camorra casalese, e la bocciatura della candidatura a governatore della Campania nel 2010. Gli preferirono Stefano Caldoro, socialista dai modi garbati, ma povero di voti. La prese male Nick e meditò la vendetta. “L’accordo tra me e Cosentino – detta a verbale ai giudici che indagano sulla P3 Ernesto Sica, ex consigliere regionale della Margherita passato al servizio di Berlusconi – era quello secondo il quale avremmo dovuto lavorare attraverso la preparazione e la successiva divulgazione del dossier per tagliare le gambe a Stefano Caldoro”. La sintassi è incerta, ma racconta il mondo fetido che ruota attorno alla politica tra Casal di Principe e dintorni. Ricatti, avvertimenti, paroline sussurrate nell’orecchio che ti raccontano di vizietti veri o presunti, dossier. Monnezza, dicono da quelle parti. E Nicola Cosentino di monnezza se ne intende. Se negli anni della grande peste napoletana Berlusconi ha potuto presentarsi come il presidente spazzino che risolveva i problemi, è grazie all’opera sua. “La società Eco4 songh’io”. Parola dell’onorevole agli amici perché capissero, in quel lontano 2007, chi aveva le mani sull’affaire monnezza. Lo racconta ai giudici napoletani Gaetano Vassallo, re delle discariche, ministro dei rifiuti della camorra. Vassallo è uno dei nove pentiti che tirano in ballo l’onorevole. “Nicola Cosentino è il mio padrone”, dice al telefono Sergio Orsi, altro colletto bianco dei boss. Per i pm napoletani, invece, l’Eco4 è semplicemente “un’impresa mafiosa”. Terra, monnezza, soldi e potere, sono gli ingranaggi della macchina da guerra di Nick ‘o mericano. “A quei tempi mi sentivo un dio”, racconta con nostalgia Michele Orsi. Alla camorra dei Bidognetti, dei Sandokan, del cancro di assassini che ha divorato la Campania, andavano i soldi per gli appalti delle discariche di Stato, e quelli per le fosse abusive dove scaricare di tutto, soprattutto i veleni che il Nord l’Italia non riesce a digerire. Ai politici assunzioni, mazzette e tantissimi voti.
AI POLITICI che potevano tutto, anche scegliere i terreni e trovare i finanziamenti per costruire un enorme centro commerciale alle porta di Casal di Principe. Un business da 43 milioni di euro che vede coinvolti amministratori comunali, boss della camorra, colletti bianchi e prestanome per la realizzazione del quale Cosentino si fa in quattro. “Nicola Cosentino – scrivono i pm napoletani – rappresentava il garante politico dell’iniziativa svolgendo il ruolo, dunque, di collettore politico delle istanze del sodalizio casalese e della sua ala imprenditoriale”. È la sintesi della seconda richiesta di arresto per l’impresentabile, “il referente politico del clan dei casalesi”.