Flavio Pompetti, Il Messaggero 23/1/2013, 23 gennaio 2013
LA BIBLIOTECA DI TWITTER
La Library of Congress americana è impegnata in un’ opera di proporzioni colossali, che richiederà un lavoro di raccolta dati mai tentato prima: l’archiviazione di tutti i messaggi Twitter pubblicati dai cittadini statunitensi. Con i suoi sette anni scarsi di vita, Twitter è poco più di un vagito nella storia della cultura nazionale, ma in questo breve lasso di tempo sono pochi gli avvenimenti di peso che non hanno lasciato una traccia sul network sociale, o che addirittura non hanno avuto il loro esordio con un cinguettio di 140 lettere. «Il compito della nostra biblioteca è quello di raccogliere tutto il materiale che un giorno potrà servire per le ricerche di studio sulla nostra cultura», dice il direttore della comunicazione Gayle Osterberg.
La collezione comprende infatti 34,5 milioni di libri che gli americani hanno scritto in più di due secoli, più 6,2 milioni di registrazioni audiovisive. E poi 117 milioni tra mappe, film, manoscritti, esemplari di storia orale: tutte le forme di comunicazione che compongono l’eredità culturale di una popolazione. Nel progetto degli architetti che l’hanno progettata, doveva essere un archivio ad uso dei parlamentari del Congresso, ma nel tempo è diventato la prima fonte di studio per i ricercatori statunitensi, le cui porte sono aperte ad ogni cittadino che ha compiuto i sedici anni. Dal 1994 ha iniziato ad offrire materiali digitali per la ricerca, e il lavoro dei bibliotecari si è velocizzato, ma al tempo stesso è cresciuto ad una velocità esplosiva. È così che si è arrivati alla sfida di Twitter, icona della comunicazione dei nostri tempi.
L’ACCESSO
Tre anni fa la biblioteca ha attenuto l’accesso all’intera collezione di messaggi generati all’interno del network dai suoi clienti americani, dalla fondazione nel 2006 ai giorni nostri. Ci sono naturalmente aspetti oscuri circa la disciplina del diritto di privacy degli autori, ma nel caso di Twitter il principio è più difficile da difendere rispetto ad altre fonti del web: i contributi sono tutti volontari, e la loro diffusione in pubblico è scontata fin dall’inizio. Il problema per gli archivisti è piuttosto che il volume di questo materiale continua a crescere a vista d’occhio. Nel febbraio del 2011 i 160 milioni di abbonati al servizio trasmettevano in media 140 milioni di tweet al giorno; nell’ottobre del 2012 il numero degli abbonati era salito oltre i 200 milioni, e quello dei messaggi quotidiani era triplicato, a quota mezzo miliardo.
Il lavoro di raccolta richiede un alto livello di specializzazione che gli archivisti di Washington non hanno a disposizione. Per questo l’archiviazione è stata appaltata ad un agenzia di aggregazione dati del Colorado, la Gnip, la quale ha messo a disposizione uno spazio di memoria pari a 133.000 gigabites per ospitare la raccolta.
L’INGORGO
Saranno sufficienti? Il problema non è tanto la dimensione degli scaffali elettronici, ma ancora una volta la limitatezza dell’elemento umano di fronte alla valanga di dati, specie quando un avvenimento di rilevanza internazionale produce un immediato, intenso scambio di tweet tra i protagonisti della vita pubblica e i lettori del loro diario elettronico. I tecnici della Gnip dicono che la semplice ricerca dei dati accumulati nei primi quattro anni di vita del social network, quando la sua diffusione era ancora limitata, richiede almeno 24 ore di tempo. Erano i giorni in cui Lady Gaga apriva il solco della comunicazione diretta con i suoi fan, e dietro di lei arrivavano Justin Bieber, Britney Spears, e poi Ronaldo e Kaka. Poi venne «Abbiamo scritto una pagina di storia, e il merito è tutto vostro» con la quale Obama apriva la porta della Casa Bianca a Twitter. Il resto è storia, che entrerà appunto nel sacrario della memoria americana, sempreché la tecnologia degli archivisti riesca a stare al passo con quella di chi la scrive con le forme più nuove di comunicazione a nostra disposizione.