Mario Ajello, Il Messaggero 23/1/2013, 23 gennaio 2013
MONTECITORIO, ULTIMA SEDUTA
Atmosfera surreale. Musi lunghi di chi non tornerà più alla Camera. Imbarazzo di chi è stato ricandidato ma non vuole farsi vedere contento dagli amici e dai colleghi trombati. Chi si fa le foto in Transatlantico per l’ultima volta, come la dipietrista Silvana Mura (e tanti altri) la quale si mette in posa e dice ai colleghi che la immortalano con i telefonini: «Così sto bene? La mia uscita di scena dalla legislatura e dal Parlamento è degna e maestosa?».
CALEARO BARBA LUNGA
Che giorno l’ultimo giorno di legislatura, la sedicesima, a Montecitorio. C’è chi, come l’ex veltroniano Calearo, industrialotto veneto, pur parlandone male si era affezionato al lavoro - si fa per dire, nel caso suo - di deputato e nell’ultimo giorno di scuola s’aggira per il Transatlantico con barba lunga e fisico che da massiccio è diventato quasi filiforme per effetto della delusione del non poterci riessere al prossimo giro.
Al mattino, nell’ultimo mattino qui dentro per molti di loro, non c’era quasi nessuno. Ma è sempre così quando non si vota. Al pomeriggio, mentre il cicalino - «Sentirò per l’ultima volta questa sirena che ci invita a entrare in aula», si duole Palomba, dell’Italia dei Valori - suona per spingere al voto i presenti, che sono intorno ai 450, alla buvette parlamentari del Pdl finiti fuori lista sacramentano contro Verdini «il tagliator scortese» («Prima o poi cadrà anche la sua testa», ringhiano e forse s’illudono) e altri vagano come anime perse con l’ultimo pasticcino di Palazzo tra i denti.
Dice Roberto Rao, dell’Udc: «In realtà i pidiellini non ci sono quasi. Questa è la situazione del Pdl oggi in aula, vuoti a perdere». Una quarantina appena i presenti tra gli azzurri. Chi è stato messo fuori lista già se n’è restato a casa per lo più. Nel Pd, l’onnipresente Andrea Sarubbi, manca e mancherà anche nella prossima legislatura.
Si votano cose importanti, comunque, come tra l’altro la riduzione del numero dei consiglieri nelle tre regioni a statuto speciale, Sicilia, Sardegna e Friuli.
CALA IL SIPARIO
Roberto Giachetti, democrat, ricandidato, gira un filmino e lo posta subito su Twitter e su YouTube. S’intitola «Cala il sipario sulla sedicesima legislatura». Onorevoli rientranti e onorevoli uscenti che si abbracciano. Il contrasto dei sentimenti dei salvati e dei sommersi è evidente. Affettuosità, molte. Invidie sotterranee, moltissime. Ma così è la vita. Il capogruppo leghista Gianpaolo Dozzo, dopo 5 legislature, non è più candidato.
LE LACRIME DI DOZZO
Interviene in aula per il suo commiato e si commuove più volte: «Grazie, grazie a tutti. Mi avete sopportato per tanto tempo, sia i miei colleghi di gruppo sia tutti gli altri. Qui dentro ho visto tante persone che hanno a cuore i problemi dei cittadini e sanno interpretarli». Lucciconi bipartisan (e applausi trasversali) nell’emiciclo. Il presidente Fini, che nell’ultimo giorno ha voluto dirigere i lavori per quasi tutto il tempo, interviene: «Onorevole Dozzo, questo battimani è la prova della stima che quest’aula ripone in lei e alla quale si associa pure la presidenza». Anche Cosentino è venuto a votare per l’ultima volta. Tra le pacche sulle spalle dei colleghi. Mentre - sembra uno scherzo ma non lo è - nuovi iscritti, dall’ex pidiellino Cazzola all’ex piddino Maran ora montiano, si sono aggiunti al Gruppo Misto, nel quale staranno soltanto per tre ore. Ma lo hanno fatto lievitare a 70 componenti. Ormai inutili.