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 2013  gennaio 22 Martedì calendario

TROST, L’ATLETICA È ALLEGRIA “MA CAMMINO SULLE UOVA”


Difficile inserire Alessia Trost nell’identikit della ventenne tipo: la ragazza di Pordenone, dotata di un fisico notevole, va detto, alterna salto in alto a esami di lingue. Prima di scegliere l’atletica, ha provato il biathlon, legge molto, «ultimo libro “Open” di Agassi» e si rifiuta di definire gli allenamenti «sacrificio». Questa spilungona, campionessa mondiale jr, è la speranza dell’atletica azzurra in crisi d’identità. Domenica ha saltato 1,98, traguardo da vertigine vista l’età e il fatto che questa è la prima stagione da professionista.

Visto il salto d’inizio, dove vuole arrivare?

«Cammino sulle uova, sono più che altro curiosa e non vedo l’ora che sia marzo, quando agli Europei indoor farò la prima trasferta da senior. Fino a qui ho vissuto tutto emotivamente, so che mi manca l’approccio professionale e quello si impara solo con l’esperienza».

A 20 anni non è meglio viverla con passione?

«L’adrenalina è un mio punto forte, ma so già che non basterà per le gare importanti. Ho cambiato, i ritmi, la forza, la rincorsa per alzare il livello, ora bisogna allenare la testa».

A quota 1,98 si è accorta di quello che stava facendo?

«No, ma all’atterraggio sono rotolata giù dal materasso: ogni volta che guardo una gara e vedo l’asticella che trema mi chiedo: ma perché quella non si leva di lì? Così mi sono buttata giù subito e ho aspettato quei terribili tre secondi per vedere se ero passata davvero. Solo dopo ho realizzato».

La famiglia come ha reagito?

«L’atletica resta fuori dalla porta di casa. Ho telefonato a mamma e le ho detto: ho fatto 1,98. E lei ha risposto: io sto facendo i crostoli».

Miti del salto in alto?

«Anna Chicherova, eleganza unica. Poi ovviamente tutta la stima del mondo per Simeoni e Di Martino, loro staranno sempre in altissimo per me, qualsiasi risultato io raggiunga in carriera».

Ha visto delle registrazioni delle gare di Sara Simeoni?

«Sì, per una che fa il mio lavoro lei è proprio una presenza. Il mio tecnico, Gianfranco Chessa, la nomina di continuo. A Formia c’è una cintura di pesi logora che nessuno osa buttare perché è quella che la Simeoni ha rubato da qualche parte. È una specie di leggenda».

Mennea dice che l’atletica è sacrificio, Bolt dice: senza divertimento non c’è atletica. Lei da che parte sta?

«Con Bolt tutta la vita. Io mi diverto quando mi alleno, mi piace la gente con cui lavoro, mi esalto per gli scherzi in ritiro anche se più che altro li subisco. Certo, ho meno tempo libero dei coetanei, ma mi rifiuto di mettere quel che faccio sotto la voce rinuncia. Se così fosse smetterei subito».

Che le è rimasto dei Giochi visti in tv?

«Sanchez che vince i 400 ostacoli e scoppia in lacrime. Dà serenità vedere che un 35enne riesce ancora a sciogliersi così».

E come ha vissuto il caso Schwazer?

«Inconcepibile. Visto dalla finestra resta la domanda: avrà davvero fatto tutto da solo o qualcuno che lavora nell’atletica italiana l’ha aiutato? Non voglio neanche pensare alla seconda ipotesi».

E per una che inizia ora, il caso Armstrong che effetto fa?

«Non ho vissuto i suoi trionfi così non ho la delusione e mi resta la lezione: è ora di resettare il concetto di impresa sportiva. Cade lui, ma tornano in primo piano i risultati normali di chi ha fatto fatica vera».

Come si risolleva l’atletica italiana?

«Con l’ottimismo e l’attenzione che sta dimostrando questa nuova gestione. Quando dicono che non ci sono ragazzi che si dedicano all’atletica mi innervosisco. Nelle giovanili c’è una voglia di fare contagiosa quindi se mai il problema è che succede dopo. Ma la risolleviamo l’atletica, non preoccupatevi».