Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 22 Martedì calendario

SPUNTA IN LISTA CARRARO “IL POLTRONISSIMO” DAL PSI AL DIVO GIULIO FINO AL CAVALIERE


LA FORMAZIONE delle liste come la macchina del tempo. Si preme un pulsante, si accendono delle lucette, parte una sonagliera metallica e a Bologna, per il Senato, esce fuori il nome di Franco Carraro.
Sì, proprio lui. Vietato fare gli spiritosi sull’età. E’ nato nel dicembre del 1939 e quindi, sebbene non esattamente di primo pelo, ha gli anni che si merita, 73, nemmeno troppi. Ma la più viva sensazione di spaesamento spazio-temporale si ottiene andando a ripescare coriandoli negli archivi. Dai quali risulta - se ne vantò in un’intervista alla fine del 1992 - che dal dicembre del 1961 «non mi è mai successo di rimanere senza una poltrona, o sedia, o sgabello, su cui sedermi. Ho di che vivere - aggiungeva - e non ho nessuna angoscia di sapere cosa farò dopo».
Lo presenta il Pdl. E per quanto nell’ultimo ventennio il personaggio abbia fatto finta di non esserci più, Carraro resta pura metafisica e corposa
materialità del potere ed elencarne le cariche acquisite in più di mezzo secolo nello sport e nell’economia richiederebbe uno spazio giornalisticamente immane.
Così ci si può limitare agli sviluppi politici della sua lampante e al tempo stesso insondabile carriera: deputato del Psi, ministro dello Spettacolo in tre governi a guida dc (De Mita, Goria, Andreotti
quinques)
e singolare capostipite di una ibridazione che alla fine degli anni 80 lo vide raggiungere il Campidoglio, come «sindaco manager», e vabbè; comunque in nome e per conto della tribù craxiana, variante d’esportazione, cioè con propaggini sentimentalmondane nella Gbr di Anja Pieroni, e della
gens Julia,
come allora s’intendevano
latu sensu
i voraci e scaltri devoti
dell’andreottismo reale.
A questi ultimi Carraro era legato per via della moglie, festaiolissima signora Sandra Alecce, dinastia farmaceutica prediletta dal Divo. Con Berlusconi i fili di collegamento sono svariati, il primo che viene in mente ha a che fare con il calcio e con il Milan, che Carraro presiedette tanti anni fa; mentre l’ultimo non è purtroppo molto simpatico, tanto
meno è discreto, e riguarda una certa quantità di dubbi e di denaro, 30mila euri, che il Cavaliere avrebbe versato come «prestito infruttifero», insieme a tante altre giovani amiche, anche alla giovane figliola, s’immaginava benestante, del suo futuro senatore.
E sul serio dispiace di dover stare appresso a queste faccende perché le vestigia capitoline, 1989-1993, meriterebbero
di essere espresse in musica e versi, come del resto si espressero i socialisti di una popolare sezione: «La Garbatella, che si Roma è stella,/ saluta Franco, sindaco dabbene,/ lascia Milan, la sua città natale,/ apposta pe’ cambià la capitale». Al che lui, che è anche assai pignolo, fece osservare che era nato a Padova. Ma a questo punto per
par condicio
occorre rammentare ciò che poco amichevolmente creò in suo onore il gruppo proto-rap “Banda Bassotti” nel brano «
Cararo sindaco
»: «Ma che ce sta a fa?/ Da Milano viene/ a rompe proprio qua!/ Perché non provvede/ d’annassene a fa’,/ d’annassene a fa’,/ d’annassene»
et coetera.
In ogni caso molto educato, sempre in blu, con scarpe lucidissime, maniaco salutista, ottimo golfista, rivestì gli uscieri con buffe divise e si portava un thermos col brodo nell’aula Giulio Cesare. Quando si fece da parte lamentò un grande distacco tra i cittadini e le istituzioni. Adesso magari pensa
di colmarlo lui.